martedì 14 maggio 2013

GLI ANNI DELLA LOTTA ARMATA

Ieri 13 maggio alle 18 si è svolta alla libreria Feltrinelli di via Manzoni a Milano la presentazione del libro di Davide Steccanella "Gli anni della Lotta Armata" con Fran CIMINI, Luca FAZZO e Marconista. La sala era colma di persone, tanto che molti erano seduti per terra e altri non sono riusciti a entrare. Purtroppo, quando la discussione stava decollando dopo l'intervento dell'avvocato Spazzali...ci hanno gentilmente chiesto (era passata un'ora e dieci), di terminare. I commenti dicono che saremmo rimasti lì almeno fino alle 20 se...

Seguono alcune foto della serata e l'intervento di Marconista.



STECCANELLA RISPONDE

LUCA FAZZO INTERVIENE

L'AUTORE
AUTOGRAFI


MARCONISTA





Davide Steccanella
Gli anni della lotta armata
Cronologia di una rivoluzione mancata. Bietti, Milano 2013.




Il libro di Davide Steccanella, avvocato penalista milanese con un’ottima vena scrittoria, si inserisce in un genere, quello delle cronologie, che ha avuto un certo sviluppo non solo in Italia. Esistono cronologie in quasi tutte le lingue e in genere si tratta di testi dedicati al mondo antico, moderno e contemporaneo.
Nel nostro caso, invece, abbiamo tra le mani una cronologia su un tema preciso, la lotta armata e il terrorismo in Italia, argomento su cui esistono precedenti importanti: Le date del terrore. La genesi del terrorismo italiano e il microclima dell’eversione dal 1945 al 2003, a cura di M. Calvi, A. Ceci, A. Sessa e G. Vasaturo, Luca Sossella Editore, Roma 2003 e, in particolare per le Brigate Rosse, un numero speciale del “Bollettino dell’Associazione Solidarietà Proletaria” [1996] dal titolo Contributo per una Storia documentale delle Brigate Rosse. Nel primo troviamo tutte le operazioni portate a termine in Italia attraverso un’azione violenta dalla fine della Seconda guerra mondiale all’anno in cui è stato pubblicato il libro. È diviso per anni e l’indice dei nomi completa la ricerca: accanto a ogni nome non corrisponde la pagina, ma la data di riferimento. Il Bollettino è, invece, un elenco di tutte le azioni brigatiste, dalle origini allo scioglimento dell’organizzazione storica. Non sono indicate solo le azioni militari ma anche il volantinaggio, considerato – a ragione – parte integrante del lavoro rivoluzionario.
Accanto a questi esempi, esistono documenti riservati che corrispondono a delle vere e proprie cronologie. Mi riferisco, per esempio, a una relazione dell’UCIGOS (Ufficio centrale investigazioni generali operazioni speciali) che riguarda il terrorismo internazionale in Italia nel 1979. Si tratta di una lettura interessante, concentrata sui gruppi palestinesi ma utile anche più in generale per una ricerca sulla lotta armata in Italia [Archivio Marconista].
        Prima di procedere nell’analisi del libro di Steccanella, partirei dalla copertina: immagine e titolo. Per la prima, credo si tratti di una scelta editoriale, in qualche modo avallata dall’autore. Una pistola nera, la stella a cinque punta sul calcio e della vernice che cola come se fosse sangue. Questa immagine poco si addice al contenuto del libro né, per la verità, al titolo: Gli anni della lotta armata. Cronologia di una rivoluzione mancata. In altre parole, non rende giustizia ai meriti del volume. Lo fa sembrare peggiore di quello che è. La soluzione di una pistola e di una stella a cinque punte è la più facile perché colpisce l’immaginario collettivo. Aiuta la diffusione del libro, ma non corrisponde a quanto accaduto in Italia in quegli anni. Lo racconta, del resto, lo stesso Steccanella, quando afferma che decine di gruppi armati tentarono la via della lotta allo Stato perché credevano che quella fosse la strada per arrivare a una rivoluzione sociale. E questi gruppi nacquero e si diffusero all’interno di una società in pieno fermento rivoluzionario. Fermento rimasto tale, perché nel momento di massimo attacco allo Stato, tra il 1977 e il 1980, non assistiamo alla presa del palazzo d’Inverno, né al suo assalto, per la verità. Ma fu comunque ampio e vario, al punto da permettere a organizzazioni combattenti di nascere, svilupparsi e avere una non comune esperienza di clandestinità, dove con questa parola non si deve pensare a chi vive nascosto e riemerge solo per compiere azioni militari, ma a chi organizza le avanguardie vivendo in mezzo a loro. Il sociale è quindi il vero protagonista di quegli anni e allora la foto di una manifestazione operaia, o un lavoratore al reparto verniciature anziché una pistola, avrebbe sostenuto con forza maggiore il contenuto del libro.
       Contenuto che, per essere una cronologia – un genere che per natura lascia poco spazio alle capacità scrittorie dell’autore – è di facile lettura e rivela una mano leggera e sicura già dall’introduzione, dove viene ricordato il film di Margarethe von Trotta Die bleierne Zeit, tradotto in italiano come “Gli anni di Piombo”, ma letteralmente – aggiungo – “Il periodo plumbeo” o “Il tempo plumbeo”. Steccanella osserva che nel film l’aggettivo “plumbeo” si riferiva “alla tetraggine oppressiva degli anni che avevano preceduto la nascita della RAF” e non, come poi è accaduto nell’uso corrente, agli anni della lotta armata [p. 15], sebbene riguardando la pellicola si potrebbe pensare anche agli anni seguenti la sconfitta del progetto rivoluzionario, al carcere e ai suicidi degli ex.
La conclusione della premessa costituisce la dichiarazione d’intenti, il manifesto del libro: “Ho quindi tentato di ricostruire la cronologia di quegli anni e le ragioni del suo inizio e della sua fine, cercando di documentarmi il più possibile su quanto era accaduto, scoprendo così molte cose che prima non sapevo, e tantissimi ed assai diversi percorsi umani e sociali”[p. 18].
L’operazione è riuscita. Il libro è ben strutturato, articolato e pieno di spunti per un lettore curioso o per uno studioso. È diviso per anni, partendo dal 1969, al quale è anteposto un capitoletto intitolato Le origini della lotta armata in Italia. Si arriva fino ai giorni nostri, con la morte di Prospero Gallinari, i suoi funerali (19 gennaio 2013 che sono stati un atto politico di un certo rilievo), e l’uccisione nel corso di una rapina di Giorgio Frau, che giovanissimo aveva militato in una organizzazione figlia delle Br storiche, l’UCC [primo marzo].
        Ad ogni anno, prima delle vicende storiche, vengono riportate le seguente notizie: l’uscita di un album considerato importante dall’autore, il film vincitore dell’Oscar, il campione d’Italia di calcio e il vincitore del Festival di San Remo. È una cosa molto intelligente perché si presta a diverse letture: da un lato si può dire che, mentre l’operaio massa si organizzava per prendere il potere ma veniva sconfitto, nel mondo patinato le cose si ripetevano senza soluzione di continuità. D’altro canto, questa continuità non deve necessariamente essere percepita come negativa. Probabilmente, se la rivoluzione avesse vinto, ci sarebbe stato ancora il Festival di San Remo e il campionato di calcio. Ma c’è anche un’altra cosa, più importante e profonda. Lasciando da parte il campionato, leggendo i titoli dei film, delle canzoni e i nomi degli artisti, si può avere una prima idea della direzione verso cui marciava il paese (forse dire il mondo è esagerato). Infine, mera ipotesi, mentre “fuori” accadeva la rivolta, l’autore all’epoca era più concentrato su musica e cinematografo.
Voltando pagina, si entra nell’anno: anno/anni, che Steccanella tratta con abilità dopo aver consultato un numero impressionante di fonti, bibliografiche, documentali e orali. Si racconta l’Italia di quegli anni con distacco, senza perdere il controllo della grande mole di dati, aggiungendo novità anche per uno studioso (come l’autore di queste righe) che si occupa della materia da più di un decennio. Un esempio del disincanto si percepisce quando l’autore racconta la morte di Feltrinelli:

Il 14 marzo Giangiacomo Feltrinelli viene trovato dilaniato da una bomba presso un traliccio di Segrate. La sua identificazione non è immediata, perché essendo da tempo entrato in clandestinità aveva con sé un documento di identità falso intestato a tale Vincenzo Maggioni [p. 70].

Divertente quando svela il nome del poco più che neonato Manolo Morlacchi, figlio di Pietro, nella carrozzina del quale i brigatisti nascosero il frutto di una rapina. Molto interessante la ricostruzione della storia di Marco Barbone, dirigente della Brigata XXVIII Marzo, e della cerimonia di commemorazione di Walter Tobagi svoltasi il 28 maggio 2012 al Liceo Parini di Milano. Nell’occasione venne scoperta una lapide che riporta: “Ucciso dalle Brigate Rosse”. Ai media, che stigmatizzarono l’errore (fu la XXVIII Marzo a ucciderlo), l’insegnante di storia Teresa Summa rispose con molta franchezza: “Si è trattato di una scelta ponderata perché ci siamo chiesti: tra 30 anni chi saprà chi era la Brigata XXVIII Marzo, mentre BR è un concetto quasi universale”[p. 391]
         Importanti sono anche i ricordi di personaggi apparentemente di secondo piano. Il 10 settembre del 2012 è mancato a Roma Otello Conisti, ex Br [p. 392; l’autore riporta che fu militante dei MRPO, ossia Movimento Proletario di Resistenza Offensivo, un’emanazione delle Br]. Ebbene, Conisti, che nessuno o pochissimi avranno sentito nominare e che ha trascorso 15 anni in carcere per reati associativi, ha svolto un ruolo di primissimo piano prima in galera e poi nella casa editrice Sensibili alle Foglie, quella fondata da Renato Curcio. Stesso discorso per la figura di Pietro Vanzi, un brigatista di Torre Spaccata, del quale viene raccontata in nota la storia di scalatore di grande spessore, che aprì addirittura nuove vie nel canyon di Fosso Raibano, presso Sasso Marconi. Le note di commento, qui come in pochi altri libri, sono parte integrante del testo, con il quale dialogano continuamente e che a loro volta sono fonte di grande informazione.
Il libro si chiude con un indice dei nomi, una bibliografia e un’interessantissima filmografia ragionata (manca in Italia un libro esaustivo sui film dedicati a quegli anni). Compare, inoltre, un dialogo con un “cattivo maestro” tra lo scrittore Giovanni Sordini, che fu suo allievo al liceo, e Luca Colombo, tra i fondatori delle Formazioni Comuniste Combattenti.
Ogni tanto, raramente, assistiamo a qualche scivolone nella vulgata. Accade nella ricostruzione un po’ confusa del 18 aprile 1978 e convince poco la divisione delle Br in militaristi e movimentisti, divisione legata alla errata visione per la quale i “militaristi” sono quelli che sparano di più e i “movimentisti” di meno. È esattamente il contrario e per convincersene basta osservare la parabola del Partito Guerriglia, sintesi del movimentismo, che in circa un anno e mezzo ha provocato in proporzione più morti che le Br in 15 anni. Fu proprio Moretti, anzi, a condurre una dura lotta politica contro i Curcio e i Franceschini che dal carcere chiedevano un maggiore numero di azioni e lo accusavano di immobilismo.
        D’altro canto, l’autore respinge con decisione i misteri e scrive con estrema lucidità che se Morucci e Faranda uscirono dalle Br per il loro disaccordo con l’uccisione di Moro, è evidente che la sua morte non fosse stata pianificata all’inizio dell’operazione. Ovviamente, accanto a questa deduzione, si deve sottolineare come le Br fecero di tutto per aprire una trattativa al fine di ottenere una contropartita politica per la liberazione di Moro, tanto da esporsi in modo chiaro con la telefonata di Moretti alla famiglia Moro il 30 aprile 1978. In essa si chiedeva un intervento di Zaccagnini che dicesse: in Italia esiste il problema dei prigionieri politici. Ciò sarebbe bastato per aprire la trattativa [pp. 190-191].
Ben congeniata appare la dialettica tra i vari gruppi rivoluzionari che hanno praticato la lotta armata in Italia. Con grande scioltezza si passa da un’azione a una sigla, senza perdersi o far perdere il lettore, che rischierebbe altrimenti davvero tanta confusione. Utili sono anche le segnalazioni di violazioni giuridiche e costituzionali operate dallo Stato italiano per combattere la “rivoluzione”. Accanto alla denuncia delle torture, di cui si è tanto parlato nel 2012, a p. 199 si sottolinea che il decreto legge che nel 1978 attribuì poteri speciali al generale Dalla Chiesa violò l’articolo 77 della Costituzione, perché pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale con un anno di ritardo.
      Accanto alle lodi, sono poche le osservazioni che si possono fare al libro su questioni fattuali: non è vero, come scrive Steccanella a p. 193, che i democristiani più vicini a Moro sparirono in breve dalla scena politica. Tina Anselmi, portata come esempio, fu a capo della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla P2 e la sua relazione, assieme ai diari recentemente pubblicati da Chiarelettere, costituiscono ancora oggi un materiale importantissimo per lo storico. Fu dopo quell’esperienza che cominciò il suo tramonto come politico di primo piano. Anche sulla figura di Giuliano Naria, noto alle cronache perché dopo l’arresto si proclamò innocente e decise di difendersi in giudizio, ci sarebbe da aggiungere, a quanto scritto in nota dall’autore [p. 143], che nel libro L’ultimo Brigatista, l’ex br Fiore ne traccia con due parole la storia, indicandolo proprio come brigatista: “Eravamo clandestini per modo di dire. Quando il livello dello scontro prese ad alzarsi, la realtà ci portò ad assumere atteggiamenti più corposi. Giuliano Naria, ad esempio, fu catturato in Valle d’Aosta perché decise di rivedere la sua compagna, che era controllata” [Aldo Grandi, L’Ultimo Brigatista, BUR, Milano 2007, p. 82].
Infine, una riflessione aperta sul sottotitolo: “una rivoluzione mancata”. Mancata o, piuttosto, sconfitta?
 

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