Ieri 13 maggio alle 18 si è svolta alla libreria Feltrinelli di via Manzoni a Milano la presentazione del libro di Davide Steccanella "Gli anni della Lotta Armata" con Fran CIMINI, Luca FAZZO e Marconista. La sala era colma di persone, tanto che molti erano seduti per terra e altri non sono riusciti a entrare. Purtroppo, quando la discussione stava decollando dopo l'intervento dell'avvocato Spazzali...ci hanno gentilmente chiesto (era passata un'ora e dieci), di terminare. I commenti dicono che saremmo rimasti lì almeno fino alle 20 se...
Seguono alcune foto della serata e l'intervento di Marconista.
Seguono alcune foto della serata e l'intervento di Marconista.
STECCANELLA RISPONDE |
LUCA FAZZO INTERVIENE |
L'AUTORE |
AUTOGRAFI |
MARCONISTA |
Davide Steccanella
Gli anni della lotta armata
Cronologia di una rivoluzione
mancata. Bietti, Milano 2013.
Il libro di Davide Steccanella,
avvocato penalista milanese con un’ottima vena scrittoria, si inserisce in un
genere, quello delle cronologie, che ha avuto un certo sviluppo non solo in
Italia. Esistono cronologie in quasi tutte le lingue e in genere si tratta di
testi dedicati al mondo antico, moderno e contemporaneo.
Nel nostro
caso, invece, abbiamo tra le mani una cronologia su un tema preciso, la lotta
armata e il terrorismo in Italia, argomento su cui esistono precedenti
importanti: Le date del terrore. La genesi del terrorismo italiano e il
microclima dell’eversione dal 1945 al 2003,
a cura di M. Calvi, A. Ceci, A. Sessa e G. Vasaturo, Luca Sossella Editore,
Roma 2003 e, in particolare per le Brigate Rosse, un numero speciale del
“Bollettino dell’Associazione Solidarietà Proletaria” [1996] dal titolo Contributo
per una Storia documentale delle Brigate Rosse.
Nel primo troviamo tutte le operazioni portate a termine in Italia attraverso
un’azione violenta dalla fine della Seconda guerra mondiale all’anno in cui è
stato pubblicato il libro. È diviso per anni e l’indice dei nomi completa la
ricerca: accanto a ogni nome non corrisponde la pagina, ma la data di
riferimento. Il Bollettino è,
invece, un elenco di tutte le azioni brigatiste, dalle origini allo
scioglimento dell’organizzazione storica. Non sono indicate solo le azioni
militari ma anche il volantinaggio, considerato – a ragione – parte integrante
del lavoro rivoluzionario.
Accanto
a questi esempi, esistono documenti riservati che corrispondono a delle vere e
proprie cronologie. Mi riferisco, per esempio, a una relazione dell’UCIGOS
(Ufficio centrale investigazioni generali operazioni speciali) che riguarda il
terrorismo internazionale in Italia nel 1979. Si tratta di una lettura
interessante, concentrata sui gruppi palestinesi ma utile anche più in generale
per una ricerca sulla lotta armata in Italia [Archivio Marconista].
Prima
di procedere nell’analisi del libro di Steccanella, partirei dalla copertina:
immagine e titolo. Per la prima, credo si tratti di una scelta editoriale, in
qualche modo avallata dall’autore. Una pistola nera, la stella a cinque punta
sul calcio e della vernice che cola come se fosse sangue. Questa immagine poco
si addice al contenuto del libro né, per la verità, al titolo: Gli anni
della lotta armata. Cronologia di una rivoluzione mancata. In altre parole, non rende giustizia ai meriti del
volume. Lo fa sembrare peggiore di quello che è. La soluzione di una pistola e
di una stella a cinque punte è la più facile perché colpisce l’immaginario
collettivo. Aiuta la diffusione del libro, ma non corrisponde a quanto accaduto
in Italia in quegli anni. Lo racconta, del resto, lo stesso Steccanella, quando
afferma che decine di gruppi armati tentarono la via della lotta allo Stato
perché credevano che quella fosse la strada per arrivare a una rivoluzione
sociale. E questi gruppi nacquero e si diffusero all’interno di una società in
pieno fermento rivoluzionario. Fermento rimasto tale, perché nel momento di
massimo attacco allo Stato, tra il 1977 e il 1980, non assistiamo alla presa
del palazzo d’Inverno, né al suo assalto, per la verità. Ma fu comunque ampio e
vario, al punto da permettere a organizzazioni combattenti di nascere,
svilupparsi e avere una non comune esperienza di clandestinità, dove con questa
parola non si deve pensare a chi vive nascosto e riemerge solo per compiere
azioni militari, ma a chi organizza le avanguardie vivendo in mezzo a loro. Il
sociale è quindi il vero protagonista di quegli anni e allora la foto di una
manifestazione operaia, o un lavoratore al reparto verniciature anziché una
pistola, avrebbe sostenuto con forza maggiore il contenuto del libro.
Contenuto
che, per essere una cronologia – un genere che per natura lascia poco spazio
alle capacità scrittorie dell’autore – è di facile lettura e rivela una mano
leggera e sicura già dall’introduzione, dove viene ricordato il film di
Margarethe von Trotta Die bleierne Zeit,
tradotto in italiano come “Gli anni di Piombo”, ma letteralmente – aggiungo –
“Il periodo plumbeo” o “Il tempo plumbeo”. Steccanella osserva che nel film
l’aggettivo “plumbeo” si riferiva “alla tetraggine oppressiva degli anni che
avevano preceduto la nascita della RAF” e non, come poi è accaduto nell’uso
corrente, agli anni della lotta armata [p. 15], sebbene riguardando la
pellicola si potrebbe pensare anche agli anni seguenti la sconfitta del
progetto rivoluzionario, al carcere e ai suicidi degli ex.
La
conclusione della premessa costituisce la dichiarazione d’intenti, il manifesto
del libro: “Ho quindi tentato di ricostruire la cronologia di quegli anni e le
ragioni del suo inizio e della sua fine, cercando di documentarmi il più possibile
su quanto era accaduto, scoprendo così molte cose che prima non sapevo, e
tantissimi ed assai diversi percorsi umani e sociali”[p. 18].
L’operazione è
riuscita. Il libro è ben strutturato, articolato e pieno di spunti per un
lettore curioso o per uno studioso. È diviso per anni, partendo dal 1969, al
quale è anteposto un capitoletto intitolato Le origini della lotta armata in
Italia. Si arriva fino ai giorni nostri,
con la morte di Prospero Gallinari, i suoi funerali (19 gennaio 2013 che sono
stati un atto politico di un certo rilievo), e l’uccisione nel corso di una
rapina di Giorgio Frau, che giovanissimo aveva militato in una organizzazione
figlia delle Br storiche, l’UCC [primo marzo].
Ad
ogni anno, prima delle vicende storiche, vengono riportate le seguente notizie:
l’uscita di un album considerato importante dall’autore, il film vincitore
dell’Oscar, il campione d’Italia di calcio e il vincitore del Festival di San
Remo. È una cosa molto intelligente perché si presta a diverse letture: da un lato
si può dire che, mentre l’operaio massa si organizzava per prendere il potere
ma veniva sconfitto, nel mondo patinato le cose si ripetevano senza soluzione
di continuità. D’altro canto, questa continuità non deve necessariamente essere
percepita come negativa. Probabilmente, se la rivoluzione avesse vinto, ci
sarebbe stato ancora il Festival di San Remo e il campionato di calcio. Ma c’è
anche un’altra cosa, più importante e profonda. Lasciando da parte il
campionato, leggendo i titoli dei film, delle canzoni e i nomi degli artisti,
si può avere una prima idea della direzione verso cui marciava il paese (forse
dire il mondo è esagerato). Infine, mera ipotesi, mentre “fuori” accadeva la
rivolta, l’autore all’epoca era più concentrato su musica e cinematografo.
Voltando
pagina, si entra nell’anno: anno/anni, che Steccanella tratta con abilità dopo
aver consultato un numero impressionante di fonti, bibliografiche, documentali
e orali. Si racconta l’Italia di quegli anni con distacco, senza perdere il
controllo della grande mole di dati, aggiungendo novità anche per uno studioso
(come l’autore di queste righe) che si occupa della materia da più di un
decennio. Un esempio del disincanto si percepisce quando l’autore racconta la
morte di Feltrinelli:
Il 14 marzo Giangiacomo Feltrinelli viene trovato
dilaniato da una bomba presso un traliccio di Segrate. La sua identificazione
non è immediata, perché essendo da tempo entrato in clandestinità aveva con sé
un documento di identità falso intestato a tale Vincenzo Maggioni [p. 70].
Divertente
quando svela il nome del poco più che neonato Manolo Morlacchi, figlio di
Pietro, nella carrozzina del quale i brigatisti nascosero il frutto di una
rapina. Molto interessante la ricostruzione della storia di Marco Barbone, dirigente
della Brigata XXVIII Marzo, e della cerimonia di commemorazione di Walter
Tobagi svoltasi il 28 maggio 2012 al Liceo Parini di Milano. Nell’occasione
venne scoperta una lapide che riporta: “Ucciso dalle Brigate Rosse”. Ai media,
che stigmatizzarono l’errore (fu la XXVIII Marzo a ucciderlo), l’insegnante di
storia Teresa Summa rispose con molta franchezza: “Si è trattato di una scelta
ponderata perché ci siamo chiesti: tra 30 anni chi saprà chi era la Brigata
XXVIII Marzo, mentre BR è un concetto quasi universale”[p. 391]
Importanti
sono anche i ricordi di personaggi apparentemente di secondo piano. Il 10
settembre del 2012 è mancato a Roma Otello Conisti, ex Br [p. 392; l’autore
riporta che fu militante dei MRPO, ossia Movimento Proletario di Resistenza
Offensivo, un’emanazione delle Br]. Ebbene, Conisti, che nessuno o pochissimi
avranno sentito nominare e che ha trascorso 15 anni in carcere per reati
associativi, ha svolto un ruolo di primissimo piano prima in galera e poi nella
casa editrice Sensibili alle Foglie, quella fondata da Renato Curcio. Stesso
discorso per la figura di Pietro Vanzi, un brigatista di Torre Spaccata, del
quale viene raccontata in nota la storia di scalatore di grande spessore, che
aprì addirittura nuove vie nel canyon di Fosso Raibano, presso Sasso Marconi.
Le note di commento, qui come in pochi altri libri, sono parte integrante del
testo, con il quale dialogano continuamente e che a loro volta sono fonte di
grande informazione.
Il libro si
chiude con un indice dei nomi, una bibliografia e un’interessantissima
filmografia ragionata (manca in Italia un libro esaustivo sui film dedicati a
quegli anni). Compare, inoltre, un dialogo con un “cattivo maestro” tra lo
scrittore Giovanni Sordini, che fu suo allievo al liceo, e Luca Colombo, tra i
fondatori delle Formazioni Comuniste Combattenti.
Ogni
tanto, raramente, assistiamo a qualche scivolone nella vulgata. Accade nella ricostruzione un po’ confusa del 18
aprile 1978 e convince poco la divisione delle Br in militaristi e movimentisti,
divisione legata alla errata visione per la quale i “militaristi” sono quelli
che sparano di più e i “movimentisti” di meno. È esattamente il contrario e per
convincersene basta osservare la parabola del Partito Guerriglia, sintesi del
movimentismo, che in circa un anno e mezzo ha provocato in proporzione più
morti che le Br in 15 anni. Fu proprio Moretti, anzi, a condurre una dura lotta
politica contro i Curcio e i Franceschini che dal carcere chiedevano un
maggiore numero di azioni e lo accusavano di immobilismo.
D’altro
canto, l’autore respinge con decisione i misteri e scrive con estrema lucidità
che se Morucci e Faranda uscirono dalle Br per il loro disaccordo con
l’uccisione di Moro, è evidente che la sua morte non fosse stata pianificata all’inizio
dell’operazione. Ovviamente, accanto a questa deduzione, si deve sottolineare
come le Br fecero di tutto per aprire una trattativa al fine di ottenere una
contropartita politica per la liberazione di Moro, tanto da esporsi in modo
chiaro con la telefonata di Moretti alla famiglia Moro il 30 aprile 1978. In
essa si chiedeva un intervento di Zaccagnini che dicesse: in Italia esiste il
problema dei prigionieri politici. Ciò sarebbe bastato per aprire la trattativa
[pp. 190-191].
Ben
congeniata appare la dialettica tra i vari gruppi rivoluzionari che hanno
praticato la lotta armata in Italia. Con grande scioltezza si passa da
un’azione a una sigla, senza perdersi o far perdere il lettore, che
rischierebbe altrimenti davvero tanta confusione. Utili sono anche le
segnalazioni di violazioni giuridiche e costituzionali operate dallo Stato
italiano per combattere la “rivoluzione”. Accanto alla denuncia delle torture,
di cui si è tanto parlato nel 2012, a p. 199 si sottolinea che il decreto legge
che nel 1978 attribuì poteri speciali al generale Dalla Chiesa violò l’articolo
77 della Costituzione, perché pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale con un anno
di ritardo.
Accanto
alle lodi, sono poche le osservazioni che si possono fare al libro su questioni
fattuali: non è vero, come scrive Steccanella a p. 193, che i democristiani più
vicini a Moro sparirono in breve dalla scena politica. Tina Anselmi, portata
come esempio, fu a capo della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla P2 e
la sua relazione, assieme ai diari recentemente pubblicati da Chiarelettere,
costituiscono ancora oggi un materiale importantissimo per lo storico. Fu dopo
quell’esperienza che cominciò il suo tramonto come politico di primo piano.
Anche sulla figura di Giuliano Naria, noto alle cronache perché dopo l’arresto
si proclamò innocente e decise di difendersi in giudizio, ci sarebbe da
aggiungere, a quanto scritto in nota dall’autore [p. 143], che nel libro L’ultimo
Brigatista, l’ex br Fiore ne traccia con
due parole la storia, indicandolo proprio come brigatista: “Eravamo clandestini
per modo di dire. Quando il livello dello scontro prese ad alzarsi, la realtà
ci portò ad assumere atteggiamenti più corposi. Giuliano Naria, ad esempio, fu
catturato in Valle d’Aosta perché decise di rivedere la sua compagna, che era
controllata” [Aldo Grandi, L’Ultimo Brigatista, BUR, Milano 2007, p. 82].
Infine,
una riflessione aperta sul sottotitolo: “una rivoluzione mancata”. Mancata o,
piuttosto, sconfitta?
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