giovedì 24 novembre 2011

Concorsi universitari e Baronie della mano

Marco Lanzetta
Come spesso si afferma, i veri baroni dell'Università italiana stanno nelle facoltà di medicina. Propria in una di queste, presso l'Ateneo varesino dell'Insurbia, si è consumato uno degli scandali più grandi del sistema di cui la nostra accademia vive. Il più grande chirurgo della mano italiano, il giovanissimo Marco Lanzetta, noto in tutto il mondo per le sue capacità e chiamato addirittura dall'Università di Canberra, in Australia, è da dieci anni professore associato in Italia, essendo stato bocciato a un concorso universitario per professore di prima fascia indetto nel 2002. Autore di importantissime pubblicazioni su autorevoli riviste, soprattutto straniere, Lanzetta è ricorso una prima volta al Tar. Avendo ottenuto ragione dal Tribunale regionale, il Rettore dell'Insurbia e i due vincitori ricorsero al Consiglio di Stato, perdendo. Il concorso venne ripetuto con un nuovo presidente di commissione e il risultato fu lo stesso. Lanzetta bocciato. Nuovo ricorso al Tar, nuova vittoria, nuovo controricorso al Consiglio di Stato e nuova sconfitta per la cricca baronale. Il Consiglio di Stato è entrato nel merito del concorso, affermando che, pur riconoscendo ampia autonomia alle commissioni, qualora risultino storture "al di fuori dell'ambito dell'opinabilità", il magistrato può intervenire. Bene. Tutto chiaro, Lanzetta vince il concorso. Neanche un po'. Nel 2010 si ripete la procedura con una commissione interamente nuova e il chirurgo della mano perde di nuovo. Nuovo ricorso in tribunale, con il ministero dell'Università che prende le parti dell'Ateneo. Nuova vittoria per Lanzetta, con richiesta di annullare i risultati del terzo concorso. Orecchie da asino da parte dell'Ateneo.
Giuseppe (Uccio) Barone, preside di Scienze Politiche
Università degli studi di Catania e presidente della
Fondazione Grimaldi
Tutto inutile, o quasi, quindi. Lanzetta ha dichiarato di aver chiuso con l'Università italiana, ma che si batte perché questo sistema non colpisca altri giovani di valore. La demeritocrazia, però, continua la sua strada, salda e forte come non mai. Per fortuna la riforma Gelmini ha liquidato le Facoltà, ma l'unica consolazione sarà quella di non aver a che fare con i loro presidi.

lunedì 21 novembre 2011

Geometrica Potenza


Alle origini di un'espressione

L'espressione "geometrica potenza", che Franco Piperno usò sul giornale "Metropolis" nel tentativo di fare delle Brigate Rosse il braccio armato dell'Autonomia Operaia (la frase originale era: «combinare la geometrica potenza delle Brigate Rosse alla straodinaria bellezza del 12 marzo») ha un padre, che non è il noto esponente di Potere Operaio. Prima di svelarne il nome, però, osserviamo che nel corso degli anni quel tentativo, che nel 1978 si era concretizzato con due incontri tra Piperno e Moretti, alla fine dei quali le BR respinsero le offerte degli autonomi, ha subito mutazioni e oblio, diventando qualcosa di più digeribile per il nostro paese. Dimenticando l'originale, Piperno spiega in un'intervista rilasciata per il Blog "Vuoto a Perdere" che con quell'espressione voleva intendere quanto segue: 
«C’è un elemento propriamente spettacolare in tutti i tirannicidi e in tutti gli agguati. Il fatto di avere limitato i morti al numero strettamente necessario, di non aver per esempio colpito il fioraio che stava lì all’angolo al quale la notte prima erano state tagliate le gomme… Questa efficienza propriamente geometrica perchè è fatta di misura nelle azioni e nelle loro conseguenze, che aveva un aspetto bello e terribile come accade quando in mezzo c’è la morte».
Al di là della "splendida bellezza" di certe trasformazioni, che nella storia d'Italia avvengono con una semplicità che ha del genio in seno, la fonte dell'espressione va cercata lontano nel tempo. Il duce, Benito Mussolini, aprì la riunione del 29 maggio 1940 a Palazzo Venezia alla presenza di Badoglio, Graziani e dei capi di Stato Maggiore di Marina e Aeronautica come segue: «Vi ho convocati questa mattina per comunicarvi che nel mio memoriale del 31 marzo ho spiegato con una logica che la Maestà il Re ha trovato "geometrica", che non possiamo assolutamente evitare la guerra».
Vittorio Emanuele III, dunque, è il padrino della locuzione usata nel 1978. Allora, nel 1940, la guerra fu dichiarata. Nel 1978, visto anche l'appannaggio del proponente, non certamente paragonabile a quello del re, le BR declinarono con un "no, grazie"

Lo straniero Marchionne


Lo Straniero


Competitività
. Su questa parola gli impiegati della FIAT, i nipotini dei quarantamila che marciarono nel 1980, si stracciano le vesti e rivendicano la dignità del proprio voto a Mirafiori. "Io, impiegato alla carrozzeria, non sono un lavoratore di serie B", grida dalle pagine del "Corriere" del 17 gennaio 2011 Silvio Francesco Oliva, perché, afferma, il suo lavoro sarebbe complementare a quella dell'operaio che senza l'attività organizzativa non saprebbe da dove cominciare il montaggio. Secondo lui tutto ciò che è successo è normale, non ci sono perdite di diritti (a parte, sottolinea, "il turno di notte"). Dimentica il ricatto sotto cui si sono espletate le formalità di voto, la minaccia di chiudere e portare la produzione altrove. Dimentica la cassa integrazione pagata dallo Stato, cioè dai contribuenti, l'ennesima con cui viene premiata un'azienda fallimentare che non sa produrre un'auto in grado di suscitare l'interesse degli automobilisti. 

Piggi Battista
, sullo stesso numero del giornale di via Solferino, si indigna per un titolo de "Il Fatto quotidiano": Uomini e no, con riferimento al coraggio di chi, nonostante il ricatto, ha votato no. Si indigna, ma non perché il governo e finanche il capo dello Stato hanno preso posizione in una vertenza sindacale a favore del padronato, anziché tacere e restare terzi. No. Anche Battista vuole difendere la dignità dei 1386 operai che, sotto ricatto, hanno votato sì all'accordo, avendo come opzione il lavoro così come pensato dallo Straniero, o il non lavoro. Né accetta che la vittoria dei sì sia stata, nonostante tutto, "risicata", quando, afferma, una percentuale inferiore dei sì al montaggio è stata esaltata da più parti. Rivendica anche lui la dignità per chi si vede negare il diritto di compiere una scelta, "giusta o sbagliata" dei 421 impiegati che non faranno il turno di notte.  Ed ora si pensa già di estendere l'accordo a Melfi e agli altri stabilimenti che la FIAT ancora conserva in Italia. 

Trent'anni, da quel marzo del 1980, per chiudere il conto e per fare dello Straniero il capo indiscusso della svolta reazionaria del capitale. La sinistra socialdemocratica, che tanto aveva esaltato la globalizzazione, oggi tace e raccoglie i pezzi di anni di chiacchiere a vuoto e di politiche (politiche?) sbagliate. La globalizzazione mostra il suo volto definitivo e nel centocinquantesimo anniversario dell'unità italiana battezza una nuova dialettica: o si fa come dice lo Straniero, o non ci sarà lavoro. La porta dei diritti è in frantumi, e non conta quanto, poco o tanto, si sia perso con il voto di Mirafiori. Sarà sempre peggio e l'operaio perderà progressivamente ogni capacità di contrattazione della propria forza lavoro. Siamo ritornati indietro al 1848, all'Italia preunitaria, altro che centocinquantenario. Siamo in attesa della prossima mossa dello Straniero, dei nuovi ricatti e delle nuove prese di posizione di un governo amico di padroni e di un capo dello Stato che ha tradito la propria storia. Un operaio di Melfi del primo turno sta fuori casa undici ore, oggi. Si sveglia alle 4, esce alle 5, attacca alle 6, torna a casa con il buio. Trascorre il turno alla filiera e fa un lavoro ripetitivo e alienante, non si può prendere cura dei figli, tutto per 1200 euro mensili. Presto si vedrà ridurre la pausa, si vedrà chiedere di aumentare la produttività e pur di non far saltare i conti del mutuo sarà costretto ad accettare ogni ricatto, con la benevolenza dei sindacati gialli, ormai tutti gialli, tranne la FIOM. Chi sono gli eroi in questa storia e chi i traditori della propria classe proprio non viene in mente a Battista, che non ha neanche la scusante di essere parte in causa, come il colletto bianco Silvio Francesco Oliva. E' questo il mondo che ci attende. Peggiore di quello che conosciamo. In mano allo Straniero e agli azionisti di un'azienda che ha fatto il male dell'Italia unita da quando è nata, cominciando presto con il finanziamento dei crediti di guerra già nel corso del primo conflitto mondiale. Ha avuto solo una luce nella sua tetra storia: la fabbrica di Togliattigrad, in Unione Sovietica. Una sola luce, spenta ora che un nuovo spettacolo sta per cominciare. 


Questo scrivevamo nel gennaio 2011. A dieci mesi di distanza Marchionne ha finalmente scoperto il suo gioco. La Fiat disdice tutti gli accordi sindacali a partire dal primo gennaio 2012 e cancella anche ogni altro impegno derivante da prassi collettive, dopo essere uscito da Confindustria. 
Lo straniero è il nemico della classe operaia e la Fiat un'associazione eversiva. La facoltà di Scienze politiche dell'Università della Calabria un paio di anni fa voleva conferirgli una Laurea ad Honorem. E' stata fermata in tempo. E nemmeno ci ha ringraziato della brutta figura evitata in extremis.