VERONA, 21 settembre 2012. Commemorazione del 69 anniversario dell'eccidio di Cefalonia |
Filippini ha un sito. Ianni ha recentemente pubblicato un bellissimo libro su quegli accadimenti (Rapporto Cefalonia, Edizioni Solfanelli), mentre Filippo Manduchi ml aveva inviato un breve riassunto della documentazione in suo possesso. Era il 2 febbraio 2011. Non ero ancora stato epurato da Odradek. e il suo post ando' a finire su quel blog.
Lo riporto integralmente, con il commento di Filippini.
Colgo l'occasione per salutare Gianni Delle Fave, un amico di Cefalonia, figlio di quella guerra, che visse sull'isola fino al terremoto del 1953, per poi raggiungere il padre, finanziere, in Campania. E' scomparso prematuramente pochi giorni fa, lasciando in tutti un grande vuoto.
Marconista
Cefalonia
Siamo convinti che la Storia la si scrive e la si legge con l'aiuto delle carte geografiche ma anche di una calcolatrice, per contare i morti, certo. Per avere cioè cognizione dell'ordine di grandezza dei fenomeni, ma anche per poterli attribuire a una parte o all'altra sulla base di documenti e testimonianze, e sul loro controllo incrociato. Una condizione necessaria, anche se non sufficiente. Col risultato di dissacrare la storiografia dei piaggiatori o dei pugilatori a pagamento. Si tratti di Cefalonia o delle Foibe.
Cefalonia 1943. Dati raccolti e curati dal Capitano di Fregata (c.p.) Filippo Manduchi, di Rimini, negli archivi dello Stato Maggiore dell’Esercito e della Marina.
Caduti nel corso di tutto il secondo conflitto mondiale della Divisione Acqui e relativi reparti di supporto: 4.836 (escluse le camicie nere, che hanno patito, fino al 25 luglio 1943, 106 caduti).
Morti accertati a Cefalonia in combattimenti o fucilati dai tedeschi dall’8 al 28 settembre 1943: 1679 militari. Di questi, gli ufficiali uccisi furono 314, di cui 136 fucilati alla “Casetta Rossa”.
Nei 1679 caduti sono compresi anche 29 carabinieri (3 ufficiali), 21 guardie di Finanza (3 ufficiali) e 33 marinai (8 ufficiali).
Dopo la resa avvenuta il 22 settembre e le ultime fucilazioni del 25, rimasero in mano tedesca circa 8000 prigionieri, mentre qualche centinaio di soldati italiani si diede alla macchia; alcuni di loro passeranno nella file dell’ELAS, altri si rifugeranno nel continente greco aiutati da pescatori locali.
Dal 28 settembre iniziarono le partenze dei prigionieri per i campi di lavoro in Europa. Su 8 navi da trasporto, fatiscenti e sovraccariche, partirono 6418 prigionieri italiani. Di queste, ne giunsero a destinazione solo 5, mentre 3 affondarono.
Il 28 settembre la prima di queste, il piroscafo tedesco “Ardena” che aveva a bordo 840 soldati italiani, affonda dopo aver urtato una mina. Morirono in 720, più 59 dei 120 soldati tedeschi.
Il 13 ottobre un sommergibile britannico, il Trooper” silura e affonda il piroscafo italiano “Maria Amalia”, già francese con il nome di “Marguerite”, con 900 prigionieri a bordo. Ne morirono 544, mentre non sono noti i numeri riguardanti i tedeschi.
Il 22 novembre viene silurata dal sommergibile britannico “Torbay” la motovedetta italiana “Alma”. Sui 200 prigionieri trasportati ne morirono la metà.
Nei tre naufragi morirono 1364 italiani.
Nel novembre del 1943 rimasero a Cefalonia circa 1600 prigionieri, con 20 ufficiali, che fino al settembre del 1944 collaborarono in varie forme con i tedeschi. Nel dicembre del 1943 due compagnie con tre ufficiali (il Postal, Tommasi e Farina), furono spostate nel continente greco ad Agrignon in campi di lavoro.
Dopo la partenza dei tedeschi da Cefalonia, nell’ottobre del 1944, 1286 italiani reduci dall’isola sbarcarono a Taranto il 13 novembre 1944.
Caduti nel corso di tutto il secondo conflitto mondiale della Divisione Acqui e relativi reparti di supporto: 4.836 (escluse le camicie nere, che hanno patito, fino al 25 luglio 1943, 106 caduti).
Morti accertati a Cefalonia in combattimenti o fucilati dai tedeschi dall’8 al 28 settembre 1943: 1679 militari. Di questi, gli ufficiali uccisi furono 314, di cui 136 fucilati alla “Casetta Rossa”.
Nei 1679 caduti sono compresi anche 29 carabinieri (3 ufficiali), 21 guardie di Finanza (3 ufficiali) e 33 marinai (8 ufficiali).
Dopo la resa avvenuta il 22 settembre e le ultime fucilazioni del 25, rimasero in mano tedesca circa 8000 prigionieri, mentre qualche centinaio di soldati italiani si diede alla macchia; alcuni di loro passeranno nella file dell’ELAS, altri si rifugeranno nel continente greco aiutati da pescatori locali.
Dal 28 settembre iniziarono le partenze dei prigionieri per i campi di lavoro in Europa. Su 8 navi da trasporto, fatiscenti e sovraccariche, partirono 6418 prigionieri italiani. Di queste, ne giunsero a destinazione solo 5, mentre 3 affondarono.
Il 28 settembre la prima di queste, il piroscafo tedesco “Ardena” che aveva a bordo 840 soldati italiani, affonda dopo aver urtato una mina. Morirono in 720, più 59 dei 120 soldati tedeschi.
Il 13 ottobre un sommergibile britannico, il Trooper” silura e affonda il piroscafo italiano “Maria Amalia”, già francese con il nome di “Marguerite”, con 900 prigionieri a bordo. Ne morirono 544, mentre non sono noti i numeri riguardanti i tedeschi.
Il 22 novembre viene silurata dal sommergibile britannico “Torbay” la motovedetta italiana “Alma”. Sui 200 prigionieri trasportati ne morirono la metà.
Nei tre naufragi morirono 1364 italiani.
Nel novembre del 1943 rimasero a Cefalonia circa 1600 prigionieri, con 20 ufficiali, che fino al settembre del 1944 collaborarono in varie forme con i tedeschi. Nel dicembre del 1943 due compagnie con tre ufficiali (il Postal, Tommasi e Farina), furono spostate nel continente greco ad Agrignon in campi di lavoro.
Dopo la partenza dei tedeschi da Cefalonia, nell’ottobre del 1944, 1286 italiani reduci dall’isola sbarcarono a Taranto il 13 novembre 1944.
Filippo Manduchi
La verità è nota da tempo. Secondo l’Ufficio ALBO D' ORO del Ministero Difesa sito in via Sforza n. 4/b, Roma, i Caduti furono 1.639. Della vicenda, invece, è stato fatto un uso strumentale, che la rende l’altra faccia della medaglia delle Foibe. In entrambe gli italiani sono le vittime, mentre i carnefici sono da una parte i nazisti, dall’altra i comunisti, i due totalitarismi del ‘900. Pur di consolidare l’immagine di un paese martire agli occhi dell’opinione pubblica, la politica italiana ha gonfiato a dismisura le cifre di entrambe le vicende, dichiarando addirittura “Giornata del Ricordo” delle vittime delle Foibe il 10 febbraio, proprio il giorno in cui è stato firmato il trattato di pace nel 1947. Non può trattarsi, ovviamente, di una coincidenza. Si tratta di rimozione storica più che di revisionismo, di rovesciamento dei fatti e di ricerca di una vittima (un gruppo di vittime) presentabili per la ferocia subita, o il loro eroismo. Cefalonia come primo atto della Resistenza? In realtà quegli italiani, tutti, dagli uccisi ai deportati, fino ai collaborazionisti, avevano un solo desiderio dopo l’8 settembre: tornare a casa e porre termine alla guerra. Si divisero sul come raggiungere questo obiettivo.
Commento di Massimo Filippini, · http://www.cefalonia.it
Quando per circa 70 anni le Autorità Politiche (Capi dello Stato compresi) dicono che la div. Acqui 'SCELSE' DI COMBATTERE e non che ricevette l'ORDINE DI COMBATTERE, quando le Autorità Militari - per nascondere una Verità da cui l'Esercito sarebbe uscito con l'immagine compromessa - 'secretarono' per 50 anni - fino al 1998 - la Relazione del t. col. Picozzi che nel 1948 esse avevano mandato a Cefalonia per fare chiarezza sui fatti e lui l'aveva fatta - eccome! - e quando le stesse - depositarie dei documenti che smentiscono i colossali dati numerici delle Vittime - si uniscono alle commemorazioni di 10.000 militari uccisi dai tedeschi (di cui oltre la metà fucilati in un solo giorno !!) orchestrata da Associazioni - come la 'Acqui' e la 'Mediterraneo' - sostenitrici della ricostruzione in chiave ideologico-resistenziale della Sinistra da cui, per giunta, i nostri Soldati vengono trasformati in Partigiani ansiosi di morire pur di resistere ai tedeschi con cui erano alleati fino a poche ore prima, a questo punto l'impresa di smentire tali falsità poteva - un tempo - apparire titanica ma oggi non lo sembra più grazie ANCHE a Filippo Manduchi che ringrazio ed abbraccio fraternamente.
Lasciamo agli altri di sostenere le loro falsità storiche giocando con i morti: noi li rispettiamo.
Massimo Filippini.
Lasciamo agli altri di sostenere le loro falsità storiche giocando con i morti: noi li rispettiamo.
Massimo Filippini.
Allego anche un commento di Massimo Filippini alla trasmissione Porta a Porta dedicata alla Resistenza
fonte: http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=22808
Ho visto la puntata di ‘Porta a Porta’ andata in onda il 21 aprile (La Resistenza sconosciuta) in cui largo spazio era riservato al libro LA RESISTENZA TRICOLORE di A. Petacco e G. Mazzuca -giustamente diretto a rivalutare la resistenza delle FFAA o ‘tricolore’ contrapposta a quella ‘partigiana’ - ma poco dopo l’inizio mi sono cadute le braccia nel vedere il consesso di ‘esperti’ presente -tra cui addirittura il Ministro della Difesa- non battere ciglio mentre l’ineffabile Bruno Vespa ‘dava i numeri’ sulla resistenza di Cefalonia che -stante il titolo della trasmissione- potremmo anche definire ‘Resistenza Porta a Porta’.
Dico questo senza alcuna intenzione di essere irriverente sulla tragedia che si consumò in quella maledetta isola e di cui restò vittima anche mio Padre, ma solo perché di fronte all’ennesimo scempio della verità storica compiuto questa volta da Vespa reiterando il solito FALSO dei 9.646 (NOVEMILASEICENTOQUARANTASEI) Morti a Cefalonia di cui 6.000 (!) nei combattimenti e il resto Fucilati dopo la resa, l’ineffabile Ministro della Difesa anziché annuire compunto avrebbe dovuto alzarsi e dire al conduttore che era un mentitore o un ignorante.
Mi chiedo infatti se, a fronte di DOCUMENTI esistenti negli Archivi dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito il cui contenuto è confermato da quelli custoditi nell’ Ufficio “Albo d’Oro dei Caduti” del Ministero Difesa -TUTTI DA ME CONSULTATI- sia normale che il Ministro della Difesa e non un Pinco Pallino qualsiasi stia ad ascoltare, senza reagire ma anzi annuendo, le balle snocciolate da un tizio interessato, per di più, a dare un taglio spettacolare alla vicenda ricorrendo al solito stantìo ritornello dei ‘novemila e rotti morti’ ormai smentito da studiosi e ricercatori ‘onesti’ –e sottolineo ‘onesti’- tra cui io fui il primo, soprattutto in base alla DOCUMENTAZIONE ESISTENTE NEGLI UFFICI del Dicastero di cui egli è addirittura…MINISTRO (!).
Si potrà obiettare –come ormai sono usi fare coloro che ho colto in castagna- che anche un numero di Caduti inferiore di molto a quello contrabbandato per vero è pur sempre indice della barbarie di cui i nazisti fecero sfoggio nella 2^ G. M. acuita per di più -a Cefalonia- dal fatto di essersi sentiti traditi, purtroppo non senza ragione, dall’armistizio concluso alla chetichella da Badoglio.
Sono pienamente d’accordo con tale considerazione e non perdonerò mai ai tedeschi l’infame comportamento tenuto nei confronti dei nostri Ufficiali, ‘rei’ di aver obbedito ad un ORDINE (infame) del loro Comando Supremo, i quali, dopo la resa della div. Acqui furono gli UNICI sui quali si indirizzò la loro vendetta che ne vide 129 il 24 settembre e 7 il 25 –tra cui il Padre di chi scrive- fucilati a Capo S. Teodoro nel cortile della tristemente nota ‘Casetta Rossa’ ivi esistente: ma proprio per tal motivo non è più giustificabile continuare a parlare dell’eccidio di 9/10.000 uomini ormai smentito documentalmente oltre che da me, ne ‘I CADUTI DI CEFALONIA: FINE DI UN MITO’, anche da altri tra i quali il defunto ricercatore tedesco H. F. Meyer che nel suo ‘Bluetiges Edelweiss’ documentò che i morti italiani furono ‘circa 2.000’ fino alla recente CTU del prof. Carlo Gentile, Perito nominato dalla Procura Militare di Roma nel processo a carico dell’ex s. ten. tedesco Muhlhauser, estinto lo scorso anno per morte dell’imputato, dove a pagina 30 è scritto che le Vittime furono ‘circa 2.300’ cifra ben lontana quindi dalle cretinaggini sparate con disinvoltura da Bruno Vespa tra il tacito consenso degli avventori di ‘Porta a Porta’.
Ho qualificato di proposito ‘avventori’ i presenti alla trasmissione perché –absit iniuria verbis- di fronte alle sciocchezze dette con sicumera da Vespa essi sembravano a cominciare dagli autori del libro (Petacco e Mazzuca) i clienti di un’osteria dediti -dopo aver alzato il gomito- a dare in generosa confusione i ‘ numeri’ più disparati e comunque ‘astronomici’ sui Caduti di Cefalonia come è avvenuto l’altra sera.
E dire che avevo perfino scritto qualche giorno prima al deputato PDL Giancarlo Mazzuca autore con Petacco de ‘La Resistenza Tricolore’ presentato da Vespa, la seguente mail:
“Egr. on. le
ho letto il libro anche da lei scritto La Resistenza Tricolore e pur condividendo il tema di ridare visibilità alla Resistenza dei Militari oscurata dalla Sinistra debbo però rilevare che su Cefalonia -dove venne fucilato mio Padre magg. Federico Filippini- è riportato un numero di Caduti (9646) smentito dai DOCUMENTI esistenti all'Uff. Storico EI e all'Albo d'oro Caduti del Min. Difesa.
Essi furono 1300 circa -morti nei combattimenti- e SOLO 350 circa -in gran parte UFFICIALI- che furono fucilati come capi di partigiani o franchi tiratori a norma delle Convenzioni Internazionali che lo autorizzavano poichè non c'era stata alcune DICHIARAZIONE DI GUERRA AI TEDESCHI che avvenne solo il 13 ottobre successivo.
L'ho detto anche a Petacco ed ora a lei per opportuna conoscenza e a ciò aggiungo il link che segue con un rimprovero amichevole per l'errore commesso di cui spero vi rendiate conto correggendolo in seguito.
Distinti saluti
Avv. Massimo Filippini.