venerdì 9 gennaio 2015

MODENA, 9 GENNAIO 1950


9 gennaio 1950: l'eccidio alle Fonderie Riunite di Modena
di Eliseo Ferrari
Subito dopo il capodanno del 1950 nella sede della Confindustria, vi fu una riunione degli industriali della provincia di Modena dove venne deciso l'uso della polizia a sostegno di Orsi per reprimere con la violenza ogni manifestazione sindacale e di massa. Nel frattempo il prefetto e il questore rifiutarono alla Camera del lavoro qualsiasi piazza per svolgere, il lunedì 9 gennaio, la manifestazione sindacale provinciale prevista e decisa nel Consiglio generale dei sindacati e delle leghe. Il dottor Guerrini, direttore delle fonderie Corni, un complesso di duemila lavoratori, chiamò Arturo Casari, capo della Commissione interna, e gli disse confidenzialmente: «Non andate lunedì davanti alle Fonderie Riunite: vi spareranno». Il commendatore Enzo Ferrari, il costruttore, chiamò Mario Barozzi, segretario provinciale della Fiom, e gli disse: «Ho parlato con Adolfo Orsi e mi ha detto che le autorità competenti sono orientate a reprimere con la forza delle armi la manifestazione davanti alle Fonderie Riunite. Io vi informo: è una follia, tenetene conto». La domenica 8 gennaio affluirono a Modena dal Nord Italia, dal Veneto e dalla Toscana ingenti forze di polizia e di carabinieri: circa 1.500 con autoblindo, camion, jeep, armati di tutto punto, tra cui i corpi speciali anti sommossa. I viali del parco davanti alla questura erano pieni. Uno schieramento sproporzionato, per una fabbrica di 500 lavoratori. La tensione era nell'aria e investiva tutta la provincia. Respingere, e non accettare qualsiasi provocazione, era la parola d'ordine, manifestare politicamente il dissenso verso le serrate, solidarietà ai lavoratori colpiti, rivendicare l'apertura delle fabbriche, i diritti dei lavoratori, le libertà democratiche e sindacali: basta con le serrate illegittime e anticostituzionali. Del resto, lo sciopero generale era stato proclamato a partire dalle ore dieci del mattino, proprio per evitare, all'apertura della fabbrica alle sei, uno scontro con alcuni che fossero eventualmente stati disposti ad accettare le condizioni capestro di Orsi. A noi risultava che non c'era nessuno, nemmeno tra il gruppo vicino alla Cisl e nemmeno tra gli impiegati, i tecnici e gli amministrativi. Alle sei del mattino di lunedì 9 gennaio 1950, nel salone del circolo Serenella, in via Montegrappa, presiedetti l'assemblea generale di tutti i lavoratori delle Fonderie Riunite. Vi erano quasi tutti gli operai e gli impiegati, compresi i portinai. Man mano che arrivavano, a piedi o in bicicletta, dovevano passare tra i blocchi stradali della polizia che vietava il transito ai veicoli, di qualsiasi tipo e controllava i documenti perquisendo le borse con il mangiare. Era un anello tutto attorno al quartiere Santa Caterina Crocetta, poi, all'interno, vi erano altri blocchi agli incroci tra le strade davanti alla prefettura e davanti alla questura altri distaccamenti armati e in assetto da guerra. Il portinaio capo, che abitava al primo piano nella casa dove abitavo io, ex graduato carabiniere, era alla riunione. Gli chiesi: «Perché non è in azienda?» mi rispose: «Nessuno è in fabbrica, ci hanno mandati via, la fabbrica è occupata dai carabinieri e dalla polizia, circa una cinquantina di uomini armati». Allora Orsi non avrebbe aperto quel giorno le Fonderie come aveva dichiarato, aveva invece preparato, con il governo, una grande provocazione, una trappola non solo contro i "suoi" lavoratori, ma contro tutto il mondo del lavoro della provincia!
La riunione si svolse serenamente e pacificamente. Tutti d'accordo di non accettare nessuna provocazione e di stare nei pressi della fabbrica. La polizia aveva occupato il posto dove solitamente stavamo come picchetto, i lavoratori si spostarono più lontano anche perché davanti all'ingresso dello stabilimento vi erano dei camion pieni di poliziotti armati in attesa di entrare in azione. Bevevano abbondanti alcolici, propinati loro dagli ufficiali. Andai alla Camera del lavoro a informare la segreteria e la Fiom della situazione e dei rischi incombenti. Si decise: una delegazione di parlamentari, deputati e senatori, sarebbe andata dal prefetto e una dal questore insieme con i dirigenti sindacali per richiedere l'autorizzazone ad avere la piazza per svolgere la manifestazione sindacale alle ore dieci, quando avrebbe avuto inizio lo sciopero generale. Il questore aggredì verbalmente la delegazione: «Vi stermineremo tutti!» gridava come un pazzo furioso, rifiutando il dialogo e quindi l'autorizzazione alla piazza. I lavoratori affluivano a Modena dalla provincia, con ogni mezzo di trasporto, recandosi nel quartiere Crocetta Santa Caterina, nei pressi delle Fonderie Riunite. A piedi, quelli delle fabbriche della zona industriale di Modena nord, aggirarono i blocchi della polizia passando tra i campi per stradine o sentieri. Si calcola fossero decine di migliaia. La città tutta si era fermata, i negozi erano chiusi e la gente per solidarietà o semplicemente per curiosità, non avendo altro posto dove andare, si recava alla Crocetta.
Poco dopo le dieci un gruppo di una decina di lavoratori si trovava all'esterno della fabbrica vicinoal muro di cinta, cercando di dialogare con i carabinieri che erano all'interno. Uno di questi sparò con la pistola, a freddo, uccidendo Angelo Appiani, colpito in pieno petto. Nel frattempo, dal terrazzo della fabbrica, gli agenti della "benemerita" spararono con la mitragliatrice sulla folla inerme che si trovava ferma sulla via Ciro Menotti, oltre il passaggio a livello, chiuso per il passaggio di un treno. Arturo Chiappelli venne colpito a morte così Arturo Malagoli, molti furono feriti gravemente e tanti in modo più leggero. Fu una strage terribile: urla e gemiti e invocazioni disperate di soccorso. L'asfalto divenne rosso di sangue. La gente scappava, cercava rifugio, alcuni assistevano i feriti e li trasportavano al riparo dov'era possibile, li medicavano facendo le bende strappandosi le maglie di dosso e con i fazzoletti, suturando ferite e tentando di fermare emorragie. Un comportamento eroico, sotto il fuoco micidiale di quell'arma che sparò per alcuni minuti a intermittenza, ciò permise di salvare la vita a molti colpiti gravemente, medicati in case private, in ambulatori di medici disponibili, generosi che sapevano di rischiare le rappresaglie della polizia. Roberto Rovatti si trovava in fondo a via Santa Caterina vicino alla chiesa, cioè dal lato opposto e distante più di mezzo chilometro da dove vennero uccisi i suoi compagni. Portava una sciarpa rossa al collo com'era sua abitudine. Circa mezz'ora dopo la prima sparatoria, venne circondato da un gruppo di carabinieri, scaraventato violentemente dentro al fosso e massacrato, linciato a forza di tremende botte con i calci dei fucili. Non aveva opposto alcuna resistenza. Ennio Garagnani venne assassinato in via Ciro Menotti dal fuoco di un'autoblindo che sparava all'impazzata tra la folla ferendo molti gravemente. Con il passare del tempo la tragedia assumeva aspetti di bestialità espressa, senza limiti. Di fronte all'acquedotto i poliziotti gettarono alcuni fucili ai piedi dei lavoratori i quali non li raccolsero, indietreggiando velocemente. Sapevano che se li avessero raccolti non avrebbero avuto scampo, sarebbero stati fulminati lì sul posto. Si trattava di una provocazione progettata, calcolata, lucidamente eseguita.


Per capire quanto accadde quel giorno bisogna allargare lo sguardo e fare un passo indietro, al 1947-1948.
Nell'ottobre del 1947 si verificò la prima crisi tra Fonderie e Fiom che produsse come risultato la prima serrata: chiusura della fabbrica e riassunzione di altro personale. La vertenza però si concluse con il successo del sindacato e le Fonderie vennero riaperte. Nelle fabbriche si procedeva ad assunzioni discriminate.
Nel 1948 la Democrazia Cristiana vinse le elezioni politiche di aprile e alla sconfitta politica delle sinistre, gli imprenditori lanciarono un'offensiva contro le conquiste operaie, sia in termini salariali sia in termini di organizzazione sindacale all'interno delle fabbriche.
Dopo l'attentato a Togliatti di luglio, si parlò di un'Italia sull'orlo della guerra civile e la "celere" di Scelba non esitò ad intervenire contro diverse manifestazioni. In questo contesto si inserirono le repressioni contro i lavoratori e i contadini di Melissa in Calabria, Montescaglioso in Basilicata e Torremaggiore in Puglia dove la 'celere' intervenne con le armi da fuoco e uccise 7 braccianti.
Nella primavera del 1949 Orsi cominciò un'altra vertenza lunga quasi tutta la primavera. Si arrivò alla decisione di licenziare 120 dipendenti, a fissare per il 19 novembre la cessazione di ogni attività e il 5 dicembre effettuò la seconda serrata alle Fonderie, appoggiato da un grande dispiegamento di forze dell'ordine. Dopo 25 giorni Orsi fece affiggere un manifesto che indicava nel 9 gennaio, la riapertura delle Fonderie, con il particolare che a sua piena discrezione solo 250 dipendenti su 560 sarebbero stati riassunti. Il sincato proclamò sciopero generale per un'ora. Come sia andata quella giornata lo sappiamo.

CUBA

Viva Fidel! Patria o Muerte!”
Raúl ha salutato così i parlamentari e gli invitati che hanno partecipato alla giornata di chiusura del IV Periodo Ordinario di Sessioni della 8ª Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, effettuata la mattina di sabato 20 dicembre.
Quest’ultima riunione parlamentare dell’anno ha avuto un carattere molto speciale, perchè erano lì presenti per la prima volta, in una riunione politica, di fronte al Parlamento, i Cinque Eroi della Repubblica di Cuba che per più di 15 anni sono stati ingiustamente reclusi negli Stati Uniti. 
Inoltre erano presenti come  invitati, Elián González Brotons e suo padre Juan Miguel González Quintana, con l’Eroe della Repubblica di Cuba, Colonnello Orlando Cardoso Villavicencio, e i famialiari di Gerardo, Antonio, Ramón, René e Fernando.
Nelle sue parole finali, il Generale d’Esercito  Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito e Presidente dei Consigli  di Stato e dei Ministri, ha ricordato la recente realizzazione dei Vetici CARICOM – Cuba e dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America, occasione in cui è stato reso il meritato omaggio ai suoi artefici, l’indimenticabile presidente bolivariano Hugo Chávez Frías e il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz.
Passando in rivista gli impegni economici nell’anno e il Piano del Bilancio per il 2015, Raúl ha ribadito che il PIL ha avuto una crescita del 1.3%, inferiore e a quanto pianificato inizialmente, e che in questo ha influito l’impegno insufficiente nel primo semestre, durante il quale sono state affrontate limitazioni finanziarie importanti per via della mancanza di entrate esterne,  delle condizioni avverse del clima e delle insufficienze interne nella gestione economica.
“Nella seconda metà dell’anno però è stato realizzato un risultato superiore”, ha aggiunto.
“Il piano del prossimo anno consolida e rinforza la direzione di una crescita più solida dell’economia cubana, progettando una crescita del PIL di poco più del 4%, obiettivo raggiungibile, considerando che si dispone di un anticipo sufficiente e di una miglior sicurezza finanziaria, facendo un paragone con l’inizio del 2014, anche se questo non significa che sarà più facile.
Dobbiamo continuare ad affrontare gli effetti della crisi economica globale e del blocco statunitense che si mantiene in piedi, generando innegabili ostacoli allo sviluppo della nostra economia”.
Il presidente di Cuba ha sostenuto che il processo d’implementazione delle Linee di Politica Economica e Sociale del Partito e la Rivoluzione approvate dal 6º Congresso ha mantenuto la sua marcia, ed ha puntualizzato che ci incontriamo in una tappa qualitativamente superiore,  nella quale si devono affrontare compiti d’ estrema complessità, la cui soluzione riguarderà tutte le voci dell’impegno nazionale, e si è riferito al processo d’unificazione monetaria nel quale si sono registrati solidi progressi nella seconda metà dell’anno da un punto di vista concettuale, riuscendo a delineare  un vasto programma di misure per evitare danni all’economia e alla popolazione.
Nel suo discorso ha affermato che proseguiremo realizzando gli accordi del 6º Congresso con responsabilità e fermezza, alla velocità che sovranamente decideremo qui, senza porre in pericolo l’unità dei cubani, senza lasciare nessuno abbandonato alla sua sorte, senza applicare terapie di shock e senza mai rinunciare mai agli ideali di giustizia sociale di questa Rivoluzione degli umili, per gli umili e con gli umili, poi ha annunciato che il prossimo anno indiremo le attività preparatorie per la realizzazione, nell’aprile del 2016, del 7º Congresso del Partito, prima del quale si svolgerà un ampio e democratico dibattito con la militanza comunista e tutto il popolo, sulla marcia dell’implementazione delle Linee.
Il presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri ha sostenuto che con il proposito di ottenere una maggior autonomia dell’impresa statale socialista, sono state adottate misure tra le quali l’ampliamento e la flessibilità del loro oggetto sociale, e sono state concesse facoltà per il commercio degli eccedenti della produzione.  
È stata anche disposta l’eliminazione dei limiti amministrativi per il pagamento dei salari vincolati ai risultati, trasformazioni che si devono eseguire in forma graduale, senza fretta, con ordine, disciplina ed esigenza.
“L’aspirazione di pagare salari migliori è una questione molto sensibile nella quale non ci possiamo sbagliare, ne farci condurre dal desiderio o dall’improvvisazione”, ha assicurato.
Raúl ha detto che è una soddisfazione l’aumento graduale dei salari per quei lavoratori che danno i risultati più efficienti e che apportano  benefici di grande impatto economico e sociale, ma ha insistito che non si deve distribuire una ricchezza che non siamo stati capaci di creare, perchè questo porterebbe a conseguenze dannose per l’economia nazionale e dei cittadini. 
Come ha gia fatto in altre occasioni, ha spiegato nuovamente che senza un incremento di beni e servizi, l’incremento dei salari porterebbe l’economia ad un’inflazione e danneggerebbe i più umili, e questo non lo possiamo permettere.
Il presidente cubano ha parlato delle imprese che hanno pagato salari più alti senza un supporto produttivo, e  definito questa decisione un’indisciplina molto grave, che si dovrà affrontare con i dirigenti amministrativi e le organizzazioni sindacali.
“Non possiamo dare spazio a chi sviluppa la cupidigia e l’egoismo tra i nostri lavoratori”, ha sottolineato.
“Inoltre la sfida per i cubani è ancora più grande, perchè dobbiamo situare l’economia all’altezza del prestigio politico che questa piccola Isola dei Caraibi ha conquistato grazie alla Rivoluzione. L’economia è la voce principale pendente e abbiamo il dovere di avviarla verso lo sviluppo irreversibile del socialismo in Cuba”.
Raúl ha poi sottolineato l’emozione e la felicità dei deputati e del popolo per il ritorno e la presenza dei Cinque, che ha reso realtà la promessa di Fidel di 13 anni fa. Ha indicato l’esempio di fermezza, sacrificio e dignità degli Eroi che sono l’orgoglio della nazione, che ha lottato per la loro liberazione e adesso li ha accolti come dei veri Eroi.
Poi ha reiterato la sua sincera gratitudine ai movimenti e ai comitati che si sono uniti a questo popolo, ai parlamenti, alle istituzioni e alle personalità che hanno apportato il loro prezioso contributo. 
“Il popolo cubano ringrazia per questa decisione del presidente degli Stati Uniti”, ha detto, ed ha puntualizzato che in questo modo è stato eliminato un ostacolo nelle relazioni tra i due paesi ed ha accennato anche alle ripercussioni suscitate dalle dichiarazioni dei due governi, da mercoledì 17.
Raúl ha spiegato che questi fatti sono frutto delle conversazioni  al più alto livello, con il contributo del  Papa Francisco e le facilità offerte da governo  del Canada,  un risultato dei cambi avvenuti in America Latina e i Caraibi, ed ha riconosciuto la disposizione del  presidente Obama di sostenere un dibattito sull’eliminazione del blocco e per aprire un nuovo capitolo nei vincoli tra le nazioni e nel desiderio di un futuro migliore per i due popoli.  Poi ha definito promettente la sua intenzione di rivedere la lista che pone Cuba tra gli Stati patrocinatori del terrorismo.
I fatti dimostrano che Cuba è stata vittima di attacchi di terrorismo che sono costati migliaia di morti e mutilati e che gli organizzatori godono una totale impunità. 
Cuba non ha mai organizzato, finanziato, nè eseguito azioni di terrorismo contro persone, leaders o territori degli Stati Uniti. 
“Non ignoriamo, ha aggiunto, le virulente critiche che il presidente Obama ha dovuto sopportare per questi annunci, da parte delle forze che si oppongono alla normalità delle relazioni.
“Noi parteciperemo ai contatti d’alto livello con spirito costruttivo, di rispetto e reciprocità, con il proposito di avanzare verso la normalità delle relazioni bilaterali.  Va risolta l’eliminazione del blocco economico, commerciale e finanziario verso Cuba, indurito negli ultimi anni”, ha commentato.
“La lotta sarà lunga e difficile e sarà necessaria la mobilitazione internazionale e della  società statunitense per ottenere l’eliminazione del blocco”, ha detto.
“Ogni volta che Cuba ha avuto informazioni su un’azione di terrorismo da eseguire nel territorio degli USA, ha immediatamente informato il loro governo. Siamo sempre stati disposti ad un dialogo di rispetto sulla base dell’uguaglianza”, ha dichiarato.
Il presidente cubano ha affermato che: “Tra i governi degli Stati Uniti e di Cuba esistono profonde differenze e che ci preoccupa quello che accade negli Stati Uniti in materia di democrazia e diritti umani. Converseremo di qualsiasi tema sulla basi indicate, di tutto quello che vorranno discutere”, ha assicurato.
Inoltre ha asserito che per migliorare le relazioni, Cuba non rinuncerà alle idee per le quali ha lottato duramente per più di un secolo, per le quali il suo popolo ha versato molto sangue ed ha corso i maggiori pericoli.
Cuba è uno stato sovrano che in un libero referendum per approvare la costituzione ha deciso la sua rotta socialista e il suo sistema politico, economico e sociale. Ugualmente non abbiamo mai proposto agli Stati Uniti di cambiare il suo sistema politico ed quindi esigeremo il rispetto per il nostro. 
“Continueremo la nostra difesa della pace, del diritto internazionale e della cause giuste, come la denuncia delle minacce per la sopravvivenza della specie umana”, ha segnalato.
Raúl ha detto che Cuba continuerà ad appoggiare il Venezuela e il suo governo legittimo, ed ha confermato che l’Isola parteciperà al VII Vertice delle Americhe, segnalando che:
“La partecipazione di Cuba a questo Forum internazionale è un trionfo dell’unità latino americana nella nostra diversità”.
“Cuba continuerà a difendere le proprie posizioni nella difesa dei diritti umani”, ha sostenuto, aggiungendo che ci sono temi nei quali si può lavorare assieme agli Stati Uniti, come la collaborazione per affrontare l’Ebola in Africa occidentale.
Raúl ha ricordato l’incontro con Fidel a Cinco Palmas, che il 18 ha compiuto un nuovo anniversario.
“Allora eravamo solo 12 uomini e pochi fucili, ma avevamo la certezza della vittoria.  In questo stesso modo Cuba continuerà il suo cammino”, ha confermato ed ha fatto i suoi auguri al popolo per il nuovo anno  e per il nuovo anniversario del Trionfo della Rivoluzione.
Dopo che  Esteban Lazo ha annunciato il termine della sessione del Parlamento, Raúl ha conversato con i presenti, indicando Elián, al quale ha regalato come ricordo la copia della medaglia di Eroe della Repubblica di Cuba che porta quando veste da civile, e gli ha detto che la medaglia vera dovrà conquistarla nella produzione.
“Puoi tenerla ma non metterla”, ha commentato sorridendo.
“Stiamo giungendo al 57º anno della Rivoluzione” ha ricordato, ed ha indicato che con un popolo come questo giungeremo al 570º”.