C'è un errore di fondo nelle analisi mainstream che si leggono in questi giorni e cioè che l'elezione di Macron avrebbe fermato il populismo della Marine Le Pen e contribuito a salvare l'Europa. Non credo che con Marine presidente della Repubblica Francese l'Europa sarebbe stata fritta in qualche festa di partito: non ci sono dichiarazioni al riguardo da parte della donna politica, né la cosa appare così semplice da realizzare, visto anche quello che sta accadendo in Gran Bretagna dove la May, ovviamente per considerazioni solo elettorali (si vota tra poco), sta resistendo all'applicazione delle regole. Ma il discorso va oltre, nel campo più concreto dello sviluppo politico reale e immediato. Tralascio la questione del banchiere perché ci porterebbe a parlare per slogan, cosa che in questo momento non serve a nessuno, e mi soffermo brevemente su due punti: la distruzione del passato e le analogie con gli Stati Uniti d'America.
Macron ha "finalmente" realizzato quello che da due decenni si va dicendo in lungo e in largo, ossia che non esistono più la destra e la sinistra e che i partiti tradizionali sono superati. E' accaduto proprio questo: ha sbaragliato i partiti tradizionali, infischiandone del passato e guardando giustamente avanti, come un neanche quarantenne può a ben diritto fare. In Italia abbiamo assistito a un fenomeno simile con i 5S con la differenza che non sono riusciti a vincere le elezioni per governare il paese. Inoltre, essendo il loro leader un ultrasessantenne, non guardano avanti ma indietro: vogliono distruggere i partiti tradizionali, meno pensano a un programma di governo.
Negli Stati Uniti e in Francia si sono scontrati un uomo e una donna e in entrambi i casi ha vinto l'uomo. A Washington si è parlato della predisposizione del nuovo presidente per le gonne fuori dal matrimonio; in Francia per il rapporto con una donna ben più grande di lui. In nessun caso la nostra presidente della Camera ha preso cappello indignata perché le due società si sono apertamente dimostrate maschiliste, relegando le donne al ruolo di perdenti. Ancora, forse, negli Usa il rammarico per la non elezione della Clinton è stato quasi sincero, ma in Francia la Le Pen, essendo di destra, perde proprio la connotazione femminile e diventa un ibrido asessuato.
Macron non è una rottura del trend del 2017; lo sarebbe stata l'elezione di Marine. Macron è la continuazione di una linea politico-sociale che è partita in sordina con Berlusconi in Italia (sempre all'avanguardia per le deformazioni politiche), ha raggiunto l'apogeo con Trump (passando per esempi minori in Asia) e si conferma con Macron. L'alta finanza del mondo globalizzato in un sistema capitalistico in crisi ha necessità del controllo diretto delle leve politiche. Diretto, non mediato dai partiti che più o meno la rappresentano e che oggi non servono più, perché non rappresentano più. Le classi subalterne sono istericizzate dalla presenza dell'immigrato e non si accorgono che quella guerra che costringe i fratelli africani e asiatici a scappare riguarda anche loro; le classi dirigenti sono povere di spirito, di cultura politica e di prospettiva, impegnate in una rincorsa affannosa di una gestione del potere che si fa sempre più lontana e complicata. Hanno perduto il passo nel 2008 e adesso devono lasciare la strada al nuovo corso del capitale.
Triste dirlo, ma Marine è stata un'occasione persa. Il populismo, come vedete, non c'entra niente. Anzi, è solo fantasia.
Macron ha "finalmente" realizzato quello che da due decenni si va dicendo in lungo e in largo, ossia che non esistono più la destra e la sinistra e che i partiti tradizionali sono superati. E' accaduto proprio questo: ha sbaragliato i partiti tradizionali, infischiandone del passato e guardando giustamente avanti, come un neanche quarantenne può a ben diritto fare. In Italia abbiamo assistito a un fenomeno simile con i 5S con la differenza che non sono riusciti a vincere le elezioni per governare il paese. Inoltre, essendo il loro leader un ultrasessantenne, non guardano avanti ma indietro: vogliono distruggere i partiti tradizionali, meno pensano a un programma di governo.
Negli Stati Uniti e in Francia si sono scontrati un uomo e una donna e in entrambi i casi ha vinto l'uomo. A Washington si è parlato della predisposizione del nuovo presidente per le gonne fuori dal matrimonio; in Francia per il rapporto con una donna ben più grande di lui. In nessun caso la nostra presidente della Camera ha preso cappello indignata perché le due società si sono apertamente dimostrate maschiliste, relegando le donne al ruolo di perdenti. Ancora, forse, negli Usa il rammarico per la non elezione della Clinton è stato quasi sincero, ma in Francia la Le Pen, essendo di destra, perde proprio la connotazione femminile e diventa un ibrido asessuato.
Macron non è una rottura del trend del 2017; lo sarebbe stata l'elezione di Marine. Macron è la continuazione di una linea politico-sociale che è partita in sordina con Berlusconi in Italia (sempre all'avanguardia per le deformazioni politiche), ha raggiunto l'apogeo con Trump (passando per esempi minori in Asia) e si conferma con Macron. L'alta finanza del mondo globalizzato in un sistema capitalistico in crisi ha necessità del controllo diretto delle leve politiche. Diretto, non mediato dai partiti che più o meno la rappresentano e che oggi non servono più, perché non rappresentano più. Le classi subalterne sono istericizzate dalla presenza dell'immigrato e non si accorgono che quella guerra che costringe i fratelli africani e asiatici a scappare riguarda anche loro; le classi dirigenti sono povere di spirito, di cultura politica e di prospettiva, impegnate in una rincorsa affannosa di una gestione del potere che si fa sempre più lontana e complicata. Hanno perduto il passo nel 2008 e adesso devono lasciare la strada al nuovo corso del capitale.
Triste dirlo, ma Marine è stata un'occasione persa. Il populismo, come vedete, non c'entra niente. Anzi, è solo fantasia.