mercoledì 11 febbraio 2015

UN PENSIERO ANCORA SUL 10 FEBBRAIO

Sul giorno del ricordo 10 febbraio: abbiamo un bubbone che ogni anno diventa sempre meno attuale e presto non sapremo come gestire, cosa dire, cosa aggiungere. La storia è chiara: abbiamo cercato di italianizzare il litorale, non ci siamo riusciti, abbiamo perso una guerra fondamentale, ci hanno buttato fuori. Accaduto con noi a Fiume, a Rodi, in Albania, in Etiopia, ovunque. Accaduto con milioni di persone in Europa in quel periodo (si pensi ai 3 milioni di tedeschi che lasciarono Polonia e Cecoslovacchia - vado a memoria forse erano di pù). Ecco, appunto, la memoria, inganna se poi non apri un libro.

lunedì 9 febbraio 2015

IL GIORNO DEL RICORDO

Come ogni anno, il 10 febbraio, giorno della firma del trattato di pace del 1947 tra l'Italia e gli Alleati, i vincitori della Seconda Guerra mondiale, è anche il giorno del ricordo. Giorno voluto dalle forze politiche italiane che usano la storia strumentalmente.

Allora Ricordiamo quanto accaduto in quelle zone prima del 1945. Tra l'altro, a breve sarà pubblicata la relazione di una commissione di storici italiani, che comprende tra i maggiori esperti di Shoah in Italia e di organi repressivi fascisti, sul personaggio e, di conseguenza, su quello che dopo il 1943 venne chiamato Zona di operazione del Litorale Adriatico.






Era noto come lo "Schindler italiano", Per aver salvato 5.000 ebrei dallo sterminio nazista, tanto da essere riconosciuto come un giusto da Israele e da essere stato dichiarato martire da papa Giovanni Paolo II. In realtà, lo studio condotto su circa 700 documenti ha fatto emergere che Giovanni Palatucci era invece un collaboratore nazista, tanto da partecipare alla deportazione degli ebrei nel campo di Auschwitz.

Per questo motivo, scrive il New York Times, il museo dell'Olocausto di Washington ha deciso la scorsa settimana di rimuovere il suo nome da una mostra, mentre lo Yad Vashem di Gerusalemme e il Vaticano hanno iniziato a esaminare i documenti. Anche la Santa Sede, che ha in corso una causa di beatificazione di Palatucci ma ora è al corrente degli interrogativi sollevati, ha dato incarico a uno storico di studiare la questione, riporta il quotidiano americano citando una mail del portavoce Vaticano Padre Lombardi.

Una marcia indietro clamorosa è arrivata oggi dalla AntiDefamation League, l'associazione ebraica che aveva attribuito a Palatucci il suo Courage to Care Award il 18 maggio 2005, giorno che a sua volta il sindaco di New York Michael Bloomberg aveva dichiarato Giovanni Palatucci Courage to Care Day. "Alla luce di prove storiche la Adl non onorerà più la memoria del poliziotto italiano", ha informato l'organizzazione riprendendo la tesi di storici citati dal New York Times: che anzichè aver giocato un ruolo nel salvataggio degli ebrei durante l'Olocausto, Palatucci sarebbe stato in realtà un collaboratore dei nazisti. "Sappiamo adesso quel che non sapevamo allora, che cioè Palatucci non fu il salvatore in cui è stato trasformato dopo la guerra", ha detto il direttore di Adl Abraham Foxman, a sua volta un sopravvissuto alla Shoah. Secondo gli storici citati da Foxman il poliziotto italiano sarebbe stato in realtà "un volenteroso esecutore delle leggi razziali" e potrebbe aver collaborato con il governo Mussolini nell'identificazione di ebrei per la deportazione.

La verità sullo Schindler italiano è emersa dopo che i ricercatori del Centro Primo Levi hanno avuto accesso a documenti italiani e tedeschi, nell'ambito di una ricerca sul ruolo di Fiume come terreno fertile per il fascismo, città dove Palatucci lavorò come funzionario di polizia dal 1940 al 1944. Stando alla versione accreditata finora, quando i nazisti occuparono la città, nel 1943, Palatucci distrusse i documenti  per scongiurare che i tedeschi spedissero gli ebrei di Fiume nei campi di concentramento. La sua stessa morte nel campo di Dachau, a 35 anni, avvalorò poi la tesi.

Ma Natalia Indrimi, direttore del Centro Primo Levi, ha invece dichiarato che gli storici sono stati in grado di consultare questi stessi documenti, da cui è emerso che nel 1943 Fiume contava solo 500 ebrei, la maggior parte dei quali, 412, pari all'80%, finì proprio ad Auschwitz. La ricerca ha poi fatto emergere che piuttosto che ricoprire la carica di capo di polizia, Palatucci era vice commissario aggiunto responsabile dell'applicazione delle leggi razziali fasciste.
Nella lettera inviata questo mese al museo di Washington, Indrini ha quindi scritto che l'uomo era "un pieno esecutore delle leggi razziali e, dopo aver prestato giuramento alla Repubblica sociale di Mussolini, collaborò con i nazisti".

    La sua stessa deportazione a Dachau, nel 1944, non fu determinata dalle sue gesta per salvare gli ebrei, piuttosto dalle accuse tedesche di appropriazione indebita e tradimento, per aver passato ai britannici i piani per l'indipendenza di Fiume nel dopoguerra.

    Indrimi ha precisato che "il mito" di Palatucci iniziò nel 1952, quando lo zio vescovo Giuseppe Maria Palatucci raccontò questa storia per garantire una pensione ai parenti dell'uomo. "Giovanni Palatucci non rappresenta altro che l'omertà, l'arroganza e la condiscendenza di molti giovani funzionari italiani che seguirono con entusiasmo Mussolini nei suoi ultimi disastrosi passi", ha concluso Indrimi nella lettera inviata al museo di Washington.

NA DRUGI STRANI REKE











https://archive.org/details/Na_drugi_strani_reke_-_On_the_Other_Side_of_the_River




Il documento compie 10 anni, ma la memoria deve restare viva e aiutare a comprendere il passato e il presente.