venerdì 29 giugno 2012
mercoledì 27 giugno 2012
NUDI DI UOMINI
Durante il match Inghilterra-Italia, scrivono i giornali, un tifoso britannico ha tentato di distrarre il calciatore Diamanti mentre si apprestava a tirare dal dischetto il rigore decisivo.
Ad Atene, invece, nelle stesse ore, un uomo giaceva nudo sul marciapiede di via Bucarestiou, dopo essere stato violentemente picchiato. Era mattino. Nessuno lo ha soccorso. Passava un avvocato, Jannis Tsamichas avvocato, presidente della Camera di commercio Greco-Italiana, e ha scattato la foto.
Ad Atene, invece, nelle stesse ore, un uomo giaceva nudo sul marciapiede di via Bucarestiou, dopo essere stato violentemente picchiato. Era mattino. Nessuno lo ha soccorso. Passava un avvocato, Jannis Tsamichas avvocato, presidente della Camera di commercio Greco-Italiana, e ha scattato la foto.
martedì 26 giugno 2012
MAURO FAROLDI SU GERMANIA-GRECIA
Scusate il ritardo. Pubblico il bel pezzo di Mauro Faroldi uscito anche questo sul Secolo XIX in occasione del quarto di finale tra Grecia e Germania
Ad Atene il clima non è certo quello dei campionati
europei del 2004, quando la nazionale greca fece il colpaccio e conquistò il
primo posto mentre l'economia tirava, pompata dalla preparazione dei Giochi
Olimpici, ma se la squadra supererà la Germania, tutti qui impazziranno,
scordandosi per un istante la crisi economica. La vittoria sarebbe
"politica", un riscatto dei diseredati. In ogni kafenío, a Pedíon tou
Áreos, il grande parco dove i pensionati all'ombra degli alberi giocano
interminabili partite a távli, il backgammon greco, al mercato centrale in Odòs
Athinàs, le discussioni non sono più solo sui prezzi che aumentano e sulla
disoccupazione, ma anche sulla punizione da dare alla Germania, che ha imposto
alla Grecia una durissima politica d'austerità. Se sali su un taxi, puoi sentire
il conducente lamentarsi contro la nuova occupazione tedesca, quella fatta attraverso
la "troika", gli inviati dall'UE dalla BCE e dal FMI, che hanno
commissariato la politica economica del paese. Certo, un'occupazione molto più
gentile di quella militare, ma non per questo meno umiliante. Questa sensazione
di vivere sotto occupazione accomuna la maggior parte dei greci, anche chi ha
votato per il nuovo primo ministro Antónis Samaràs, allineatissimo alle
direttive della BCE e ai consigli della signora Merkel. Il capitano della
squadra Karagoúnis ha segnato il gol contro la Russia ma stasera non giocherà
per somma di ammonizioni. Ha dichiarato che la sofferenza del popolo greco sarà
la forza motrice della squadra nazionale.
La partita la guardo in Platía Victoría, una zona
popolare non molto lontana da Piazza Omónia. I bar si affiancano, tavoli e
sedie arrivano quasi al centro della piazza dove piazza è stato montato anche
un grande schermo. Orde di ragazzini, anche figli di immigrati, girano sventolando
la bandiera nazionale già da ore. Fa molto caldo e i locali sono pieni,
fenomeno raro in quest'epoca. Mi siedo con un gruppo giovani; accanto ci sono
anche alcuni pensionati. L'entusiasmo è alle stelle; quando viene suonato
l'inno nazionale tedesco e vediamo la signora Merkel con la mano sul cuore, parte
una bordata di fischi ed epiteti dar far arrossire un camallo. Proprio accanto
a me un pensionato, Spíros, mi dice che lo sport è un’invenzione loro e che gli
"europei" anche questo devono alla Grecia. Quando scopre che sono
italiano, quasi mi abbraccia cercandomi di coinvolgermi in una specie di
alleanza antitedesca. La gente segue gemendo e soffrendo quando la squadra
tedesca si fa pericolosa. L'incontro sembra aver fatto risorgere un clima di
unità nazionale che sembrava impossibile in una paese dove la litigiosità
politica è una costante. Arriva il goal del pareggio la piazza trema, un boato
attraversa la città, Spíros a questo punto mi dice, se vinciamo dovranno
rimborsarci i costi dell'occupazione che non hanno mai pagato. Al secondo goal
della Germania la piazza si fa muta. Al telegiornale statale NET, era stato detto che per 90 minuti in Grecia
non esisteranno più né ricchi, né poveri. È vero, ma domani mattina Atene si
risveglierà ferita, con i suoi ricchi e i suoi poveri.
Mauro Faroldi
Combinazione due pezzi dal "Secolo XIX". 1 - Dalaj Lama
Il Dalai Lama? Tramava con la Cia
di Claudio Guidi – Il Secolo XIX, 9 giugno 2012
BERLINO - Pregare a mani giunte per la pace in ogni angolo del mondo, davanti a migliaia di persone e sempre sotto l’occhio attento delle telecamere, fomentando sotto banco con l’aiuto della Cia la guerriglia per strappare il Tibet alla Cina.
Con un clamoroso scoop la Süddeutsche Zeitung rivela che proprio questo avrebbe fatto per anni il Dalai Lama all’insaputa del mondo intero, guadagnandosi anche il Nobel per la pace.
Nelle prime righe del suo lunghissimo articolo il giornale progressista ha posto un titolo feroce per la sua ambivalenza, “Heiliger Schein”, santa apparenza, alludendo al fatto che questa può spesso ingannare. A parlare dagli Stati Uniti di tutta questa incredibile vicenda è uno che la sa lunga, John Kenneth Knaus, un ex agente della Cia di 89 anni, che incontrò il Dalai Lama nel 1964 nel suo esilio indiano di Dharamsala: «Per lui ero l’anello di collegamento con la violenza, che come buddhista non poteva approvare», ha spiegato Knaus che nel frattempo ha concesso un’intervista anche alla regista americana Lisa Catheyper il suo film “La Cia in Tibet”, destinato a uscire entro l’anno. La Süddeutsche scrive che il film documenterà “una guerra estremamente sanguinosa e da tempo dimenticata, condotta in Tibet dal 1955 fino agli inizi degli Anni ’70 e in Nepal a partire dal 1959”.
Nel film Lisa Cathey rivela anche che suo padre fu uno degli istruttori militari dei guerriglieri tibetani in un campo situato nelle Montagne Rocciose del Colorado, una zona a tremila metri di altezza e coperta di neve, molto simile all’altopiano dell’Himalaya. Il giornale tedesco scrive che la Cia “addestrò i guerriglieri tibetani, rifornendoli con tonnellate di armi per la lotta contro il nemico comune, la Cina comunista”, versando annualmente 180 mila dollari come “aiuti finanziari al Dalai Lama”. Sarebbe anche dimostrato che due fratelli maggiori del Dalai Lama “avevano presto allacciato contatti con la Cia, diventata poi lo sponsor della guerriglia in Tibet”.
L’articolo con le clamorose rivelazioni è anche corredato da una foto particolarmente imbarazzante, scattata nel 1972, che ritrae il Dalai Lama mentre su una jeep passa in rassegna unità speciali tibetane dell’esercito indiano a Chakrala, nel Punjab.
Da un memorandum della Cia del 1968 emerge che “il programma per il Tibet è basato sugli impegni che il governo americano aveva assunto con il Dalai Lama dal 1951 al 1956”, l’anno in cui la Cia lanciò l’operazione “ST Circus”, che in codice stava per “Circo Tibet”.
L’obiettivo era di “mantenere in vita la concezione politica di un Tibet autonomo”, dopo l’occupazione da parte della Cina nel 1950, oltre all’impegno di creare “un potenziale di resistenza contro possibili evoluzioni politiche nella Cina comunista”.
A partire da quel momento, su un’isola dei Mari del Sud “la Cia addestrò i guerriglieri a sparare, uccidere, minare e costruire bombe”, con un fratello del Dalai Lama che fungeva da interprete. “Un bombardiere B-17 senza segni di riconoscimento, guidato da un pilota polacco e con un tecnico ceco lanciò subito dopo con il paracadute i primi combattenti sul Tibet”. Si trattava di miliziani che portavano al collo “un amuleto con l’immagine del Dalai Lama e una capsula di cianuro”, con cui suicidarsi nel caso fossero stati catturati dai cinesi.
Il giornale rivela che “accompagnato da guerriglieri addestrati dalla Cia, il Dalai Lama nella primavera del 1959 fuggì attraverso le montagne per cercare asilo in India, dove annunciò una rivolta non violenta”, ma “durante la fuga i suoi accompagnatori erano in contatto radio permanente con gli agenti della Cia”.
Il quotidiano tedesco aggiunge un’altra rivelazione. Nel Tibet meridionale, scrive ancora il giornalista “erano attivi ottantacinquemila guerriglieri, che con il nome di Chushi Grangdrug, quattro fiumi e sette montagne, operavano in piccole unità per attaccare la supremazia militare cinese, cooperando strettamente con la Cia”.
In una documentazione della Bbc citata dal giornale, un ex combattente tibetano fa addirittura un racconto allucinante per la sua truculenza, quando spiega che “abbiamo ammazzato più che potevamo. Quando uccidevamo un animale dicevamo una preghiera, ma quando ammazzavamo un cinese nemmeno una preghiera è uscita dalle nostre labbra”.
In un memorandum segreto della Cia è scritto che “la guida tibetana considera la truppa come il braccio paramilitare del governo in esilio”.
Le attività militari di guerriglia si conclusero negli anni ’70, dopo una visita segreta a Pechino dell’allora Segretario di Stato Herny Kissinger, mentre per la Cia il Dalai Lama continuava a rimanere “finanziariamente e politicamente del tutto dipendente dagli americani”. Terminata l’avventura militare, il capo religioso dei tibetani poté dedicarsi anima e corpo a diffondere nel mondo il suo messaggio pacifista.
lunedì 25 giugno 2012
ALDO CAZZULLO COMMENTATORE SPORTIVO
Non so se l'Italia ieri abbia dato il meglio di sé contro l'Inghilterra. Ne dubito, perché senza un centravanti di ruolo è più difficile fare gol. Ma di certo Aldo Cazzullo ha dato il peggio di sé (o forse è proprio così lui) con questo pezzo "memorabile" per la catena di idiozie che contiene. Se si pensa che è riuscito a tirare fuori il "duce" e tra tutte le partite contro la Germania, quella del 1978...
(Aldo Cazzullo, Corriere della Sera on line, 25 giugno 2012)
Fuori Cameron, ora tocca alla Merkel.
Se la Nazionale assomiglia al Paese che rappresenta, l'Italia nella battaglia d'Europa è messa benissimo.
Del resto, era da tempo che non si vedevano gli azzurri dominare una partita importante come ieri sera. Riconosciamolo: come nel 2006 in Germania, anche stavolta - all'inizio - non ce l'aspettavamo. E dire che l'avventura era cominciata malissimo.
(Aldo Cazzullo, Corriere della Sera on line, 25 giugno 2012)
Fuori Cameron, ora tocca alla Merkel.
Se la Nazionale assomiglia al Paese che rappresenta, l'Italia nella battaglia d'Europa è messa benissimo.
Del resto, era da tempo che non si vedevano gli azzurri dominare una partita importante come ieri sera. Riconosciamolo: come nel 2006 in Germania, anche stavolta - all'inizio - non ce l'aspettavamo. E dire che l'avventura era cominciata malissimo.
Forse perché eravamo partiti nel peggiore dei modi possibili. La polizia nel ritiro della nazionale. Il terzino sinistro a casa (con uno dei difensori centrali, ieri sera ineccepibile, indagato ma graziato dalla burocrazia giudiziaria, che gli ha evitato l'avviso di garanzia). Il capitano incappato in una sgradevole storia di scommesse milionarie. Alle loro spalle, un Paese impaurito, di malumore, scettico sull'avvenire. Ma poiché, come d'abitudine, gli italiani danno il meglio di sé nei momenti peggiori, i nostri atleti hanno riscattato se stessi, e in qualche misura anche noi.
Alla vigilia, anche la nazionale - come l'Italia - appariva bloccata, non all'altezza delle sue grandi potenzialità. Per questo, la notte di Kiev ci parla anche del nostro futuro. Ce ne parlano i due giocatori-chiave, caricati di aspettative e di valenza simbolica: Mario Balotelli, avanguardia dei nuovi italiani, ex stranieri a volte pieni di complessi ma che possono dare un grande contributo allo sport e all'economia; e Antonio Cassano, il figlio di un Sud dal meraviglioso talento, che resta sempre in fondo alle classifiche europee ma pare sempre sul punto di decollare.
Balotelli e Cassano, l'immigrato e il meridionale, che ci avevano portato nei quarti battendo con i loro gol l'Irlanda, anche stavolta sono stati all'altezza. In particolare Mario, rimasto in campo 120 minuti, da stasera è davvero il centravanti della nazionale. E Buffon ha confermato con la sua parata decisiva di essere davvero (al di là dei legittimi dubbi sui suoi comportamenti privati) il leader di una squadra che ha dominato dal primo all'ultimo minuto un'Inghilterra molto mediterranea, prudente e attendista, diversissima da quella che il 14 novembre 1934 aggredì a Highbury gli azzurri campioni del mondo facendo tre gol in 12 minuti (ma subendone due nel secondo tempo).
Anche allora l'Italia schierava difensori con qualche problema giudiziario, come Allemandi, squalificato a vita e poi perdonato per aver venduto il derby di Torino per 25 mila lire (ne aveva pattuite 50 ma ne ebbe solo la metà; il resto gli fu negato perché anziché truccare la partita era stato il migliore in campo). E anche allora avevamo gli oriundi, come Thiago Motta: a Luisito Monti gli inglesi ruppero un piede, e Mumo Orsi, ala sinistra dall'animo sensibile alla musica, si mise un po' in disparte, proprio come qualche azzurro ieri notte, e Brera lo inchiodò così: «Latita, come sempre quando fa caldo, il violinista Orsi». «È l'Italia del Duce» titolò la Gazzetta dello Sport .
Più sobriamente, le buone notizie da Kiev consentono a Monti di rifarsi del brutto tiro che gli ha rifilato il premier britannico Cameron, spifferando alla stampa la sua proposta per abbassare lo spread facendo comprare titoli italiani al fondo salva-Stati. E ora sarebbe proprio il caso di mantenere le buone abitudini e infliggere la solita sconfitta ai tedeschi, e nella fattispecie alla Merkel. Nell'attesa, godiamoci anche la vittoria della Ferrari. E quanto di buono ha fatto questa nazionale.
Non era modesta la squadra, come sostenevano i critici. Non è modesto il Paese che questa squadra rappresenta. Andiamo contro i tedeschi senza rivalse nazionaliste, per una partita di calcio (ad Argentina '78 finì 0-0 con i panzer che si abbracciavano per lo scampato pericolo: l'Italia aveva dominato). Consapevoli però del nostra valore. Sicuri di noi stessi. E consci che nella battaglia d'Europa l'Italia può prevalere anche fuori dal campo.
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