sabato 9 febbraio 2013

VIENI AVANTI CRETINO

SU QUESTO BLOG il giorno del ricordo del 10 febbraio è stato ampiamente analizzato e criticato.
Non fosse altro perché cade, del tutto non casualmente, nel giorno in cui nel 1947 l'Italia firmò il trattato di pace con le Potenze vincitrici.
Ma l'arte, a volte, riesce ad andare oltre l'immaginabile. In alcuni casi, in senso davvero sconcertante.
Vieni avanti, cretino. Ne sentivamo la mancanza.

Il Cretino si chiama Cristicchi. Che ha rilasciato la seguente intervista.


“Quello delle foibe e dell’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia è una ferita ancora aperta nella storia del nostro Paese, non capisco la strumentalizzazione che ne fanno alcuni esponenti della sinistra”.
Parole che non ti aspetti se non al di dentro di polemiche politiche alle quali da anni siamo abituati. A pronunciarle, invece, è Simone Cristicchi. Il cantautore romano, dopo la vittoria del 2007, si appresta nuovamente a partecipare al Festival di Sanremo.
E nel suo disco, in uscita il 14 febbraio, ci sarà una canzone che affronta di petto il tema della diaspora giuliana: Magazzino 18. Lo stesso titolo del primo spettacolo teatrale sul tema, che debutterà il 22 ottobre al teatro Stabile di Trieste, scritto a quattro mani con Jan Bernas, autore del libro “Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani”.
Cristicchi si è avvicinato ad un controverso capitolo della storia italiana “guardando un video su Youtube e leggendo il volume di Bernas”, arrivando a scoprire il silos che, alle porte di Trieste, raccoglie le masserizie depositate frettolosamente e mai recuperate dagli esuli istriano-dalmati nel secondo dopoguerra.
“Quando entri nel magazzino hai la stessa sensazione di quando entri ad Auschwitz, respiri l’aria che si sente alle Fosse Ardeatine”. Parole che sono destinare a far discutere, anche perché pronunciate in prossimità del 10 febbraio, durante il quale lo stato italiano celebra il “Giorno del ricordo”.
Così come a far discutere sarà il testo della canzone, che parla esplicitamente di una vicenda colpevolmente dimenticata dalla narrazione pubblica: “Ci chiamavano fascisti, eravamo solo italiani, italiani dimenticati in qualche angolo della memoria, come una pagina strappata dal grande libro della storia”.
Lo sa che il suo spettacolo e la sua canzone presteranno il fianco ad aspre polemiche politiche?
Ci sono abituato. Dopo le polemiche scoppiate con Ti regalerò una rosa (sul tema degli ospedali psichiatrici n.d.r.) mi aspetto di tutto. Sono stato attaccato da psichiatri di fama internazionale... L’importante è raccontare la storia in maniera imparziale, e per questo ho utilizzato il testo di Bernas, che non è schierato politicamente.
A chi le dirà che lei è di destra?
Risponderò che la politica non mi interessa, mi interessano le storie.
Però lo stesso desterà scalpore.
E che le devo dire. Significherà che al prossimo concerto verranno i ragazzi di Forza Nuova (ride).
Perché ha deciso di occuparsi di questa storia?
Ci sono arrivato dal teatro. Tutti i miei spettacoli di questi anni sono incentrati sul tema della memoria e delle storie troppo a lungo dimenticate. Sin dal primo, che vedeva come protagoniste una serie di lettere mai spedite e dimenticate da un ospite di un manicomio, mi sono prefissato di portarle in superfice. Poi ho iniziato ad occuparmi della Seconda guerra mondiale, ed è così che ho scoperto il Magazzino 18 e il libro di Bernas. Prima non sapevo quasi nulla di questa vicenda.
Uno dei temi che spesso affiorano quando si parla di esodo e di foibe è proprio lo scarso spazio che hanno
trovato sui libri di testo, sia nelle scuole superiori che all’università.

Trovo che sia grave che a scuola non si insegni questa parte di storia. La mia generazione non sa nulla delle foibe, ma soprattutto non sa niente delle persone che se ne sono andate da quei territori e che sono morte di umiliazioni e di malinconia. Tutto questo va raccontato, e con lo spettacolo teatrale cercherò di farlo con un linguaggio che arrivi anche ai più giovani.
Nello specifico di cosa parlerà?
Sarà un monologo che interpreterò per la regia di Antonio Calenda. Parlerà di un funzionario del ministero dell’Interno che è stato incaricato di catalogare i beni del silos, e nel suo lavoro inizierà a ricostruire le storie dei proprietari delle masserizie. Spero che ci siano tutti i presupposti per rendere omaggio sia agli esuli, sia a chi è rimasto dall’altra parte dell’Adriatico.
Le istituzioni lo fanno in questo periodo celebrando il “Giorno del ricordo”.
Lo so, è stato un riconoscimento dovuto ma tardivo, che forse è servito a lenire qualche ferita. Per un giudizio più preciso bisognerebbe interrogare uno storico. Ma alcuni capitoli, come quelli del treno di Bologna rappresentano ferite ancora aperte (qui una breve sintesi dell’episodio n.d.r ). E non capisco la voglia di strumentalizzazione della politica, l’atteggiamento di alcuni esponenti della sinistra che si impegnano in guerre di numeri, nella minimizzazione della vicenda.
Qual è l’episodio che più l’ha colpita?
La scoperta del Magazzino 18. Ne vidi alcune immagini su Youtube, e decisi di visitarlo, riuscendoci grazie all’aiuto di una giornalista del Piccolo di Trieste che mi indirizzò a chi ne possiede le chiavi, visto che non è accessibile a tutti. Quando ci metti piede, sembra di entrare ad Auschwitz nel vedere tutti questi mobili catalogati con numeri e con i nomi di vecchi proprietari.

MORTI DI LAVORO

Trapani, 8 febbraio 2013.

VIOLENZA CHIAMA VIOLENZA





Le condizioni di uno dei quattro anarchici arrestati ieri ad Atene. 

venerdì 8 febbraio 2013

LETTRICI FORTI

Per fortuna le case editrice non crolleranno, nonostante le Ichino, fino a che ci saranno lettrici forti (per lettore forte si intende una persona che legga almeno 11 libri l'anno). I Lettori forti in Italia sono il 5-6% della popolazione e reggono l'80% del mercato (il che mi fa pensare molte cose, che taccio).








Queste immagini forse saranno rare in futuro. In America apre la prima biblioteca senza libri.


A San Antonio, nella contea di Bexar, ci credono a tal punto da aver messo sul piatto 1,5 milioni di dollari per costruire il primo spazio pubblico interamente dedicato alla lettura di ultima generazione. La BiblioTech, questo il calzante nome del progetto, debutterà la prossima estate con 10mila titoli e 100 e-reader. I lettori digitali si potranno portare a casa con, di conseguenza, annessi i volumi che si stanno consultando. In questo senso, è il dispositivo tecnologico a fare le veci del libro tradizionale. Si proseguirà con l'introduzione 50 e-reader destinati ai più piccoli, 50 computer fissi, 25 portatili e 25 tablet. Una volta ultimato, lo spazio avrà l'aspetto di un Apple Store: una fila di postazioni, un banco di riferimento dotato di un schermo per sfogliare l'offerta e una zona ristoro.

Il riferimento ai negozi fisici di Cupertino non è casuale, avendo il giudice della contea Nelson Wolff confessato di aver trovato ispirazione nella biografia di Steve Jobs scritta da Walter Issacson. «I libri sono importanti per me, ho una collezione di mille prime edizioni. Ma il mondo sta cambiando e questo è il modo migliore per offrire un servizio alla nostra comunità», ha spiegato Wolff. L'intenzione è quella di estendere l'offerta a film e musica. La sfida consisterà nell'individuazione di partner, sia per la fornitura dei dispositivi sia per gli accordi concernenti la gestione dei contenuti. Per la carta ci sarà spazio soltanto nel caso in cui i visitatori manifestino la necessità di utilizzare la stampante.

Anche l'Università di Drexel, Philadelphia, si è mossa in questa direzione e ha inaugurato il mese scorso una biblioteca dotata esclusivamente di postazioni con personal computer per accedere ai 170 milioni di documenti digitali a disposizione dell'ateneo. E Stanford ha alleggerito con decisione lo scorso anno il peso della libreria di ingegneria in favore del digitale. Si guadagna spazio, si sperimentano nuove forme di apprendimento e condivisione. Si interviene sul digital divide, dando la possibilità - si pensi alla contea texana - di confrontarsi con soluzioni di questo tipo in uno spazio pubblico. Quel profumo (e rumore) di carta però forse ci mancherà.

PRECARI DELL'EDITORIA



Segue un articolo del Corriere on-line. Ma l'atto di accusa di Chiara Di Domenico è assolutamente fondato. La figlia di Pietro Ichino è stata assunta alla Mondadori a soli 23 anni (quindici anni fa). Il nome che si fa è quello di Turchetta, ora in Rizzoli. Non c'è possibilità di essere assunti a quell'età senza un motivo che vada al di là delle proprie capacità. Il mondo dell'editoria è pieno di precari con anni di esperienza, bravissimi e preparati. Età media dai 30 in su. Al posto della fortunata figlia di Ichino avrei taciuto. Anche perché sei la figlia di Ichino, e lavori per mister B.

Marconista


ROMA - Alla fine Pier Luigi Bersani le va incontro e l'abbraccia, commosso. Chiara Di Domenico, 36 anni, chiamata da Fausto Raciti, ha appena finito di scuotere per otto minuti la platea democratica: «La verità è scandalosa, ma lo status quo è osceno». L'oscenità, racconta con la passione di chi la vive ogni giorno sulla sua pelle, è nella vita dei precari come lei. Una carriera nell'editoria - da Passigli a Gaffi, da Fernandel a Nottetempo - fino ad approdare con contratto a progetto nell'ufficio stampa della casa editrice l'Orma. Ma l'oscenità, dice, è anche nel nepotismo: «Sono stanca di vedere assunti i "figli di". Faccio i nomi: Giulia Ichino, assunta a 23 anni alla Mondadori». Riferimento che non può passare inosservato, perché il padre Pietro è un giuslavorista noto e perché ha da poco lasciato il Pd per candidarsi con Monti.

L'atto d'accusa non risparmia nessuno, neanche le due pagine sui giovani del «Corriere», a firma Federico Fubini, che viene «invitato a cena, con i miei amici precari». Chiara cita i «Cento passi», e le parole di Majakovskij citate da Peppino Impastato: «Esci dalla sede del partito e vai in strada». Poi Don Milani: «Non si viene a mangiare il pane bianco nelle strade dei poveri». Chiara fa altri due nomi. Quello di Isabella Viola, «36 anni, madre di quattro figli, morta d'infarto e di fatica alla fermata della metro». E quello di Giulia, appunto.

Che dal suo ufficio di Segrate risponde con pacatezza: «So di essere molto fortunata, ma mio padre non c'entra. Studiavo all'università con Vittorio Spinazzola e Gianni Turchetta, ho mandato un curriculum alla Mondadori e fortuna ha voluto che si aprisse allora la collana Sis. Ho fatto la correttrice di bozze per un anno, poi una sostituzione maternità e l'assunzione». Giulia, un figlio, si dice «dispiaciuta»: «Anche perché mi faccio un discreto mazzo». E poi «non mi piace questo vittimismo che sconfina in un pubblico attacco disinformato». Si sente una privilegiata: «Noi garantiti con il posticino caldo dobbiamo essere pronti a rimetterci in gioco. Mi indigna avere la maternità e la copertura malattia, a differenza di altri».

Condivide le parole del padre sulle «parole d'ordine demagogiche, come non toccare l'articolo 18». Su Bersani dice: «Spero che vinca la sinistra, ma dissento fortemente dalla linea sul lavoro. Capisco il suo abbraccio, ma ci vuole più coraggio». La Mondadori difende la Ichino. Edoardo Brugnatelli si dice «inorridito». Carlo Carabba solidarizza con Giulia. Per Giuliano Cazzola sono «accuse vili». La Di Domenico chiarisce: «Non ce l'ho con lei, ma la invito a cercare di usare la sua posizione per migliorare i diritti di tutti. E se vuole sono pronta a un confronto pubblico».

martedì 5 febbraio 2013

MAGNA GRECIA

mitica conferenza stampa di Malesani, da oggi nuovo allenatore del Palermo, quando sei anni fa era allenatore del Panathinaikos di Atene
la Gamma puntata che traduce "cazzo" sta per gamo to, ossia, vaffanculo. C'è anche un inciso in inglese, quindi la traduzione in greco normale dell'interprete.


domenica 3 febbraio 2013

NON MI DICI NULLA DI TE


La maggiore cantante greca vivente
Foteini Velesiotou

Ieri sera nel locale Hamam (un ex bagno turco originale) ha cantato, tra le altre, la canzone
Den Les Kouventa (Non mi dici nulla di te). Qui nella interpretazione di Sotiria Bellou (1921-1997)