Segue un articolo del Corriere on-line. Ma l'atto di accusa di Chiara Di Domenico è assolutamente fondato. La figlia di Pietro Ichino è stata assunta alla Mondadori a soli 23 anni (quindici anni fa). Il nome che si fa è quello di Turchetta, ora in Rizzoli. Non c'è possibilità di essere assunti a quell'età senza un motivo che vada al di là delle proprie capacità. Il mondo dell'editoria è pieno di precari con anni di esperienza, bravissimi e preparati. Età media dai 30 in su. Al posto della fortunata figlia di Ichino avrei taciuto. Anche perché sei la figlia di Ichino, e lavori per mister B.
Marconista
ROMA - Alla fine Pier Luigi Bersani le va incontro e l'abbraccia, commosso. Chiara Di Domenico, 36 anni, chiamata da Fausto Raciti, ha appena finito di scuotere per otto minuti la platea democratica: «La verità è scandalosa, ma lo status quo è osceno». L'oscenità, racconta con la passione di chi la vive ogni giorno sulla sua pelle, è nella vita dei precari come lei. Una carriera nell'editoria - da Passigli a Gaffi, da Fernandel a Nottetempo - fino ad approdare con contratto a progetto nell'ufficio stampa della casa editrice l'Orma. Ma l'oscenità, dice, è anche nel nepotismo: «Sono stanca di vedere assunti i "figli di". Faccio i nomi: Giulia Ichino, assunta a 23 anni alla Mondadori». Riferimento che non può passare inosservato, perché il padre Pietro è un giuslavorista noto e perché ha da poco lasciato il Pd per candidarsi con Monti.
L'atto d'accusa non risparmia nessuno, neanche le due pagine sui giovani del «Corriere», a firma Federico Fubini, che viene «invitato a cena, con i miei amici precari». Chiara cita i «Cento passi», e le parole di Majakovskij citate da Peppino Impastato: «Esci dalla sede del partito e vai in strada». Poi Don Milani: «Non si viene a mangiare il pane bianco nelle strade dei poveri». Chiara fa altri due nomi. Quello di Isabella Viola, «36 anni, madre di quattro figli, morta d'infarto e di fatica alla fermata della metro». E quello di Giulia, appunto.
Che dal suo ufficio di Segrate risponde con pacatezza: «So di essere molto fortunata, ma mio padre non c'entra. Studiavo all'università con Vittorio Spinazzola e Gianni Turchetta, ho mandato un curriculum alla Mondadori e fortuna ha voluto che si aprisse allora la collana Sis. Ho fatto la correttrice di bozze per un anno, poi una sostituzione maternità e l'assunzione». Giulia, un figlio, si dice «dispiaciuta»: «Anche perché mi faccio un discreto mazzo». E poi «non mi piace questo vittimismo che sconfina in un pubblico attacco disinformato». Si sente una privilegiata: «Noi garantiti con il posticino caldo dobbiamo essere pronti a rimetterci in gioco. Mi indigna avere la maternità e la copertura malattia, a differenza di altri».
Condivide le parole del padre sulle «parole d'ordine demagogiche, come non toccare l'articolo 18». Su Bersani dice: «Spero che vinca la sinistra, ma dissento fortemente dalla linea sul lavoro. Capisco il suo abbraccio, ma ci vuole più coraggio». La Mondadori difende la Ichino. Edoardo Brugnatelli si dice «inorridito». Carlo Carabba solidarizza con Giulia. Per Giuliano Cazzola sono «accuse vili». La Di Domenico chiarisce: «Non ce l'ho con lei, ma la invito a cercare di usare la sua posizione per migliorare i diritti di tutti. E se vuole sono pronta a un confronto pubblico».
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