giovedì 6 marzo 2014

LA RUS' KIEVIANA


Una serie di libri sulla Rus' Kieviana e sulla Rus' Moscovita. Allora, dal IX al XVI secolo, non esisteva differenza tra Grande e Piccola Russia, ossia tra le odierne Ucraina e Russia.
La loro storia è comune. L'origine di quella civiltà, unica.
Comunque la si pensi oggi
RUS' KIEVIANA, una realtà che oggi è quasi un ossimoro














































mercoledì 5 marzo 2014

UCRAINA DORATA





[fonte: Bella Ciao Grecia]
Nel seguente collage possiamo vedere a sinistra il Fuhrer Michaloliakos nel 1990 durante la prima conferenza di Alba Dorata, e sotto la copertina di una rivista con lo stesso nome del 1987. A destra, invece, una fotografia recente scattata in Ucraina con i giovani membri del “Pravyi Sektor “, che ha guidato i conflitti dei filo-europeisti per rovesciare il governo di Yanukovych.
Ciò che collega queste foto è il simbolo Wolfsangel, raffigurato in tutti e tre i casi. È un simbolo runico tedesco che si riferisce alla “tana del lupo” e che veniva utilizzato fino a poco tempo fa da Alba Dorata prima di sostituirla con l’”antico” meandro.
Il Wolfsangel occupa una posizione dominante nel pantheon dei simboli nazisti. E’ stato infatti il simbolo della 4° Brigata Corazzata delle SS, responsabile dei massacri a Klisoura e Distomo, alcuni dei crimini più efferati dei tedeschi in Grecia durante l’occupazione .
Oggi è il simbolo ufficiale del “ Pravyi Sektor “.
Se per caso il Wolfsangel venisse associato storicamente con l’obiettivo politico del “Pravyi Sektor” per una “Ucraina solo per gli ucraini” che comporterà all’espulsione di ogni singolo greco dal paese, Alba Dorata sarà poi in grado di ripristinare ufficialmente questo simbolo come il loro, ricordando alle pecore che li seguono quanto non sia negoziabile il loro patriottismo.

domenica 2 marzo 2014

GREBENSCHIKOV O VOJNE

"Сегодня в Прощеное Воскресение я хочу сказать простую вещь и пусть мои слова будут услышаны. Те, у кого сегодня в руках власть – вспомните о народе, который делегировал вам эту власть; без этого народа вы никто; перестаньте обманывать его.

Как бы не велико было ваше желание войти в историю, не пытайтесь сделать это за счет смерти людей, которые вам доверяют. Не существует проблем, которые нельзя решить мирным путем; всегда есть решение, которое позволит избежать гибели людей.
"

Boris Grebenschikov

LA GUERRA DI CRIMEA

Quando nel 1852 scoppiò una crisi diplomatica tra Russia e Francia per il controllo dei luoghi cristiani in Palestina, all'epoca provincia di un Impero ottomano sempre più in crisi, non era prevedibile che in pochi mesi si sarebbe formata una coalizione internazionale, composta da Francia, Impero ottomano, Gran Bretagnia e Regno di Sardegna, che avrebbe mosso guerra a Mosca. Il casus belli fu l'ingresso dell'esercito russo in Moldavia e Valacchia, i cosiddetti Principati Danubiani, sottoposti al controllo di Istanbul e in lotta da tempo per indipendenza e unione sotto la protezione della maggiore potenza ortodossa. Il gioco del domino nei Balcani mosse Vienna, che lanciò un ultimatum a Mosca. Dopo una serie di passaggi, l'Austria decise per la neutralità, mentre Francia e inghilterra mossero i propri eserciti contro la Russia, colpendola in Crimea, sfruttando le basi logistiche ottomane nel Mar Nero. Nel giugno 1854 gli alleati attaccarono Sebastopoli e nel 1855 l'assedio si strinse per volere di Napoleone III. Mentre i russi si difendevano strenuamente (tra i soldati troviamo anche l'autore di Guerra e Pace, Lev Tol'stoj, che poi dedicò un romanzo alla vicenda), il governo piemontese, guidato da Camillo Benso di Cavour, decise di inviare un corpo d'armata in Crimea allo scopo di non isolarsi rispetto alle altre potenze, dalle quali dipendeva alla fine l'unione della penisola italiana. La spedizione partì da Genova il 25 aprile 1855. Era formata da 2 divisioni per un totale di 18.000 uomini e 3.500 cavalli agli ordini dal generale Alfonso la Marmora. Le divisioni erano guidate dal generale Giovanni Durandi e da Alessandro la Marmora, fratello di Alfonso e fondatore del corpo dei Bersaglieri. Alla fine del conflitto, perso dalla Russia, i piemontesi ebbero 17 caduti, 170 feriti e 1300 morti per malattia, tra cui Alessandro la Marmora. Ciò permise a Cavour di sedersi con i rappresentanti delle grandi potenze al tavolo delle trattative, costituendo un tassello fondamentale nella preparazione diplomatica dell'unità italiana.