Questa estate siamo arrivati sulle prima pagine dei giornali non per la pasta o per le querele del sindaco contro chi usa l'espressione "all'amatriciana", ma per la quesitone dell'ospedale. Si vorrebbe uscire dal Lazio, come soluzione, anziché discutere. Peccato che il consiglio comunale, all'atto di prendere la decisione sul referendum, si è "dimenticato" di votare, tanto che è stato riconvocato d'urgenza il consiglio per il primo settembre, ore 17,30. Qui alcune riflessioni di Marconista, redattore del giornale "Fuori dal Comune", che raccoglie le opinioni della minoranza di centro sinistra.
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La
minoranza del Consiglio Comunale di Amatrice appare incompetente. Questo sembra
il giudizio finale, finale nel senso di “definitivo”, che appare sul sito
personale del primo cittadino. In tre successivi post del 13, 21 e 25 agosto,
la minoranza è stata accusata di volere “annullare importanti delibere di
Giunta”, di “mediocrità politica”, di incompetenza, al punto che, si legge
nello scritto del 25 agosto, “per carità di Patria non vado oltre, sarebbe come
sparare sulla Croce Rossa”. Ora, di questi tempi, sparare sulla Croce Rossa non
sembra uno sport affascinante. Non solo perché se si vuole mantenere l’Ospedale
Grifoni, la Croce Rossa è indispensabile, ma anche e soprattutto, perché le guerre
locali che drammaticamente infiammano Europa e Medio Oriente, al punto che il
Pontefice ha recentemente richiamato i fedeli al pericolo di un imminente
scoppio della Terza guerra mondiale, richiedono proprio una Croce Rossa forte,
presente e competente. Ad Amatrice, per fortuna, non c’è la guerra. L’Italia è
ancora un paese a democrazia liberale, dove assieme a una maggioranza i
cittadini eleggono anche una minoranza. Minoranza che non ha meno diritti o
dignità di chi amministra e che, se svolge bene il suo lavoro, deve anche
cercare di bloccare, o modificare, delibere di Giunta che ritiene sbagliate. È
la normalità. È la democrazia. E in una democrazia, dove Amatrice non è il
centro del mondo, può accadere che si prendano decisioni in altre sedi che
incontrino l’opposizione di chi amministra (amministra, non governa) un comune
(un comune, mica uno Stato). Perché dico questo? Perché vorrei riportare tutto
alla sua dimensione. Che si sia andati a finire sui mezzi di informazione
nazionale significa ben poco. A chi scrive, per esempio, è accaduto molte volte
per il suo lavoro, ma non per questo è diventato ministro dell’Istruzione.
Allora, la dimensione di un comune che da qualche tempo ha cominciato a usare
la magistratura come strumento di battaglia politica (per l’espressione
“all’amatriciana”, per la questione dei rifiuti, ora per l’ospedale), è sintomo
di un fatto: questa dimensione sta stretta agli amministratori. Sembra che ci
si stia difendendo da un assedio posto ad Amatrice Comune, ma non si sa da chi,
né da quando. Assedio virtuale? Neanche un po’. Io credo che, parlando in
generale, la magistratura sia entrata già oltre ogni lecita aspettativa nella
vita politica italiana, e credo che sia venuto il tempo di rispedirla a fare il
lavoro per cui è nata: l’amministrazione della giustizia, non delle dispute
politiche. E credo anche, pur non avendo mai votato Berlusconi, che il
personaggio abbia subito una persecuzione inaccettabile in un paese
democratico. Questo per essere chiari. Perché la politica va risolta, appunto,
sul piano politico. Venendo al problema dell’ospedale, vorrei porre una domanda
che fino ad ora non è stata posta: ma siamo certi che l’eliambulanza creata con
finanziamenti regionali non abbia giocato un ruolo nella presunta (ripeto e
sottolineo, PRESUNTA) decisione di trasformare lo status giuridico
dell’ospedale Grifoni? Perché mi viene da pensare: di fronte a una coperta
stretta, com’è il budget regionale per la sanità, se devo fare una scelta di
tagli (e ripeto, SE), vado a vedere chi sta meglio di altri e taglio lì.
Siccome Amatrice è diventato sito di atterraggio per elicotteri, mi chiedo se
l’ospedale non diventi un doppione, visto che comunque tutto porta a Rieti (o
altrove, secondo necessità). Tutti vogliamo che l’ospedale continui a esistere
(anche se poi otto anni fa quando mi ruppi qui il naso mi spedirono a Rieti per
il ricovero), tutti sappiamo, comprendiamo, che Amatrice è, lo sottolineo, una
sede disagiata in territorio montano. Ma siamo certi che il Lazio non ci voglia
più? E siamo certi che sbattere la porta, sperando che il rumore sia percepito
fino a Roma, ma nello stesso tempo ricorrendo al TAR, quindi con l’intento,
immagino, di restare nel Lazio altrimenti che ricorso è?, sia la mossa politica
giusta? Ossia, quella mossa che, oltre a portare Amatrice al TG1, risolva pure
il problema? Perché non è mica assodato tutto questo. Per esempio: Zingaretti è
il presidente della Regione Lazio e la sua giunta è stata democraticamente
eletta. Se sposiamo il ragionamento del primo cittadino di Amatrice, le
importanti decisioni di una giunta democraticamente eletta non si dovrebbero
poter discutere. Secondo: l’opposizione ad Amatrice non credo voglia chiudere
l’ospedale. Però, mi pare di aver capito, non vuole abbandonare il Lazio. Ecco
perché può accettare il ricorso al TAR (a mio giudizio sbagliato per i motivi
che ho detto) e astenersi al voto sul referendum. Non è mica una
contraddizione, anzi, anche se, me ne rendo conto, non è immediato coglierlo.
Terzo: i paragoni sono spesso fuorvianti. Che c’entra Monterotondo con
Amatrice? Da qui conosciamo quella realtà? Sappiamo forse quanto sia difficile
raggiungere Roma e un ospedale facendo quella parte di via Salaria? Da
Monterotondo all’ospedale Umberto Primo si impiega in giorni normali lo stesso
tempo che serve da Amatrice a raggiunger Rieti, Ascoli o l’Aquila, scegliete
voi. Senza contare che lì, di eliambulanza, neanche l’ombra. Siamo messi
meglio, non c’è dubbio. Ma il discorso politico è un altro: con forza si deve
dire alla giunta regionale, fuori da ogni populismo, che Amatrice vuole restare
nel Lazio, ma non è disposta a dismettere l’ospedale, perché a fronte di una
popolazione minima durante l’inverno, in estate diventa una città di media
grandezza per le proporzioni italiane e se l’elicottero può bastare d’inverno,
certamente è insufficiente durante i mesi estivi. Questa è la forza della
politica. La forza della ragione, invocata dal primo cittadino con tanto di
citazione da un film, è già contenuta nel concetto precedente. Perché è il
dialogo, in un mondo come il nostro, che salva l’uomo.