L’Italia è di nuovo laboratorio politico. Se ci fermiamo alla fine della guerra fredda, abbiamo avuto Berlusconi e una certa idea di democrazia e di potere, un’idea che ha messo in crisi l’opposizione, convinta di combatterlo sul piano giudiziario, lasciando ampi spazi politici alla magistratura, ma anche a altre potenziali forze politiche, che hanno trovato uno sviluppo impressionante negli ultimi dieci anni. Oggi siamo punto e capo, ma con la differenza, positiva, che la magistratura non ha più lo spazio degli anni berlusconiani. Al potere ci sono forze sovraniste (un nuovo modo di chiamare il nazionalismo novecentesco, di cui sono l’evoluzione), e populiste. Chiariamo cosa si debba intendere con questa ultima espressione, perché se ne sono sentite di ogni. Non c’entra nulla il populismo russo del XIX secolo, il “narodnichestvo”, al quale si sono richiamati alcuni importanti giornalisti. Senza entrare in lezioni di storia, quello era un piccolo movimento di persone illuminate che esortavano una “andata al popolo” (un popolo a loro abbastanza alieno) per trarlo fuori dalla propria ignoranza.
Oggi le forze populiste sono sostenute dal popolo, dalla gente, che di fronte a problemi sociali enormi, come la disoccupazione, la povertà e l’emarginazione ha trovato risposte facili: «sono i politici che rubano, sono gli immigrati che ci tolgono lavoro, è l’Europa che ci opprime». Le due forze che rappresentano in modo diverso queste istanze sono ad oggi il più vecchio partito italiano (Lega), con un presidente a vita - Bossi -, e un movimento nuovissimo, i 5S, che è un marchio registrato della Casaleggio Associati, che può concedere a chiunque il logo e la lista, ma può anche toglierlo in qualsiasi momento. È un nuovo modo di far politica alleato alla tradizione della Lega. Ma anche la Lega parla direttamente ai propri elettori in una sorta di campagna elettorale permanente. L’organizzazione della macchina propagandistica è fondamentale e la crisi dell’intermediazione (i politici rubano) è sostituita con una sorta di democrazia diretta (altro elemento di populismo) che si muove all’interno degli umori immediati della gente. A coordinare il tutto - un primo ministro sconosciuto fino a poche settimane fa, la figura ideale per dimostrare ai propri sostenitori che in fondo l’esperienza non serve, che il politico di professione (ricordate Berlusconi?) è un male non necessario e che se si è onesti e si segue un programma tutti possono fare tutto.
In questo contesto di democrazia diretta alle piazze e ai mercati della Lega si sono affiancati i social media, che non sono altro che la forma ultramoderna del megafono da piazza: dirette facebook e tweet hanno contribuito a cambiare paradigma e fase di sviluppo, al punto che il presidente della repubblica è stato accusato di tradimento attraverso una telefonata a Fabio Fazio. Almeno Berlusconi lo aveva chiamato, ormai secoli fa, per protestare contro di lui e il suo modo di condurre. Oggi si è lasciato usare come megafono.
Non esiste un ministero propaganda solo perché non ce n’è più bisogno. La comunicazione è libera e inarrestabile.
Da un punto di vista politico vedremo cosa vorrà fare questo governo Jamaica. Il primo obiettivo del neo ministro Salvini è l’aumento degli stipendi della PS e la caccia agli immigrati clandestini: legge e ordine, ovviamente a discapito dei più deboli. Poi c’è lo stop alle grandi opere: Barbara Lezzi, ministro del Mezzogiorno, vuole la chiusura del Tap. Il gasdotto in costruzione che arriva in Puglia e i cui lavori sono stati contestati da una parte della popolazione.
Quindi si cercheranno i fondi per la riforma fiscale e per il reddito di cittadinanza, mentre il rapporto con l’Europa è tutto da scrivere.
Nel frattempo, l’opposizione è inesistente, priva di bussola, ritardataria, isterica e risentita, ma di slogan e ideologia straripano i fiumi della storia. Oggi servono idee e iniziative.
Oggi le forze populiste sono sostenute dal popolo, dalla gente, che di fronte a problemi sociali enormi, come la disoccupazione, la povertà e l’emarginazione ha trovato risposte facili: «sono i politici che rubano, sono gli immigrati che ci tolgono lavoro, è l’Europa che ci opprime». Le due forze che rappresentano in modo diverso queste istanze sono ad oggi il più vecchio partito italiano (Lega), con un presidente a vita - Bossi -, e un movimento nuovissimo, i 5S, che è un marchio registrato della Casaleggio Associati, che può concedere a chiunque il logo e la lista, ma può anche toglierlo in qualsiasi momento. È un nuovo modo di far politica alleato alla tradizione della Lega. Ma anche la Lega parla direttamente ai propri elettori in una sorta di campagna elettorale permanente. L’organizzazione della macchina propagandistica è fondamentale e la crisi dell’intermediazione (i politici rubano) è sostituita con una sorta di democrazia diretta (altro elemento di populismo) che si muove all’interno degli umori immediati della gente. A coordinare il tutto - un primo ministro sconosciuto fino a poche settimane fa, la figura ideale per dimostrare ai propri sostenitori che in fondo l’esperienza non serve, che il politico di professione (ricordate Berlusconi?) è un male non necessario e che se si è onesti e si segue un programma tutti possono fare tutto.
In questo contesto di democrazia diretta alle piazze e ai mercati della Lega si sono affiancati i social media, che non sono altro che la forma ultramoderna del megafono da piazza: dirette facebook e tweet hanno contribuito a cambiare paradigma e fase di sviluppo, al punto che il presidente della repubblica è stato accusato di tradimento attraverso una telefonata a Fabio Fazio. Almeno Berlusconi lo aveva chiamato, ormai secoli fa, per protestare contro di lui e il suo modo di condurre. Oggi si è lasciato usare come megafono.
Non esiste un ministero propaganda solo perché non ce n’è più bisogno. La comunicazione è libera e inarrestabile.
Da un punto di vista politico vedremo cosa vorrà fare questo governo Jamaica. Il primo obiettivo del neo ministro Salvini è l’aumento degli stipendi della PS e la caccia agli immigrati clandestini: legge e ordine, ovviamente a discapito dei più deboli. Poi c’è lo stop alle grandi opere: Barbara Lezzi, ministro del Mezzogiorno, vuole la chiusura del Tap. Il gasdotto in costruzione che arriva in Puglia e i cui lavori sono stati contestati da una parte della popolazione.
Quindi si cercheranno i fondi per la riforma fiscale e per il reddito di cittadinanza, mentre il rapporto con l’Europa è tutto da scrivere.
Nel frattempo, l’opposizione è inesistente, priva di bussola, ritardataria, isterica e risentita, ma di slogan e ideologia straripano i fiumi della storia. Oggi servono idee e iniziative.