Non poteva andare diversamente. Dopo la durissima repressione che colpì l'opposizione bielorussa cinque anni fa, Lukašėnka non teme più alcun male. Senza la minima vergogna il settantenne ultra-presidente o presidente a vita della Bielorussia viene rieletto con più dell'80% dei consensi in elezioni farsa, o non-elezioni, come più giustamente dovrebbero essere chiamate. Gli altri candidati, infatti, sono teste di legno, o ballerini di supporto, vicini al regime e che servono soltanto per dare una parvenza di verità a una pratica che di democratico non ha nulla. I cittadini sono costretti a votare, e a votare "giusto", dai luoghi di lavoro, di residenza, dalle scuole, le università ecc.
Lukašėnka è nato il 30 agosto 1954 a Kopyś, nel distretto di Orša, e si è laureato in economia all'Istituto di Mahilëŭ nel 1974 (dalla giovane età del laureato, venti anni, si dovrebbe comprendere il livello della laurea, del tutto simile a quello delle nostre scuole superiori dell'epoca, e neanche delle migliori). Ha svolto il servizio militare ed è stato direttore di una azienda agricola collettiva, completando un nuovo ciclo di studi nel 1985 in agronomia. Nel 1990, approfittando delle riforme gorbacioviane, si candidò a deputato del Soviet bielorusso e in seguito fondò il partito-ossimoro "Comunisti per la Democrazia" che avrebbe dovuto guidare l'Unione Sovietica a diventare un Paese democratico seguendo i principi comunisti. Nel 1994, nella prima e unica elezione democratica della Repubblica bielorussa (6 furono i candidati al ruolo di Presidente), venne eletto presidente dopo una campagna elettorale in cui aveva denunciato la corruzione e promesso di difendere i salari dall'inflazione. Forte, a parole, fu anche l'opposizione alla privatizzazione selvaggia, che caratterizzò in quegli anni tutte le ex repubbliche sovietiche. Il paese, però, non risolse i suoi problemi principali, ossia la fortissima dipendenza dalla Russia, da dove importava gas e energia. Nel 1995, inoltre, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale sospesero i prestiti alla Bielorussia data la mancanza di riforme economiche. Le successive elezioni lo videro sempre trionfare, mentre la sua politica mise la Bielorussia nell'orbita di Mosca come stato quasi-federato, amico fedele e alleato numero uno. Questa è gente così, che pensa di essere indispensabile, di fare il bene del proprio popolo, e che se dovesse lasciare la Bielorussia cadrebbe in mano ostili. Intollerante verso il dissenso, è ormai diventato il capo di un governo criminale che soffoca ogni forma di opposizione, bloccando il paese in un inverno senza fine, osteggiando le menti più brillanti e favorendo l'ascesa di politicanti mediocri, capaci soprattutto di dare ragione al capo. Non si può mai dire, a volte le cose accadono comunque. Ma per adesso tutto lascia pensare che egli sarà presidente a vita.