lunedì 5 agosto 2013

CONCORSI UNIVERSITARI

Aldo Capitini e Guido Calogero:
una lunga amicizia per un'Italia civile


 4 Gennaio 1952
Caro Aldo,
[…]
se tu vuoi vincere un concorso universitario, e non vuoi vivere come vissero Leopardi e Mascagni e Kierkegaard e gli altri che tu citi, i quali professori universitari non diventarono e molto probabilmente sarebbero stati bocciati se si fossero presentati a concorsi (ricordati che Freud, il quale è stato senza dubbio uno dei creatori del mondo contemporaneo, non ha mai potuto essere altro che un libero docente), bisogna che stia al giuoco, e scriva anche alcune di quelle cose sufficientemente mediocri e tecnicamente dotte, che piaceranno ai mediocri, e tecnicamente più o meno dotti, che ti dovranno giudicare. E se questo ti pare troppo mediocre, allora non hai che da rinunciare a questa prospettiva. Ma, se non vi rinunci, allora devi dar ragione a Machiavelli, e ammettere che volere certi fini significa anche volere certi mezzi.
Personalmente, poi, io ritengo affatto che questi mezzi siano meno che onorevoli anche dal punto di vista intellettuale. Se tu scrivi un libro tecnico, preciso e ben informato, su quanto in altri paesi si è fatto per l'educazione adulta, e su quanto si potrebbe fare in Italia, fai qualche cosa che sarà utile a tutti, e che potrà dare, inoltre, la precisa misura che quanto tu dici in sede generalmente tecnica non è soltanto una professione di fede, o un'argomentazione, ma anche qualcosa che ha riflesso nella precisa azione didattica e civile. Credo di non dirti niente che ti faccia dispiacere se ti aggiungo che ritengo che questo sarebbe salutato con gioia anche da tutti quei tuoi amici che restano spesso preoccupati di fronte al carattere un po' troppo esclusivamente profetico-poetico di talune tue pagine (quando poi tu, quando vuoi, sai stare così bene anche coi piedi sulla terra).
[…]
Intanto i più affettuosi auguri per il prossimo anno dal tuo
Guido Calogero

Primo d'agosto

A casa senza voce, con le mani
sporche dei sassi raccolti sui binari,
per una volta ancora dopo tanto
mi son sentito armato e non inerme
contro i nemici nostri di sempre.
Hai cercato nei loro volti lo scherno e la freddezza
di chi ti ha caricato tante volte
"Pula fascista, vienimi addosso!", una rabbia ed una forza sconosciute.
Primo d'agosto, Mestre, 68,
cinquemila di noi alla stazione,
trecento celerini lì davanti,
pronti come sempre a sparare
per difendere il mio padrone.
Ti sei giurato in cuor tuo
che non avresti ceduto mai
anche se non dimentichi la paura delle legnate e dei fucili
provati troppe volte a tu per tu.
Noi si gridava Edison in ginocchio
e poi Montecatini assassini,
le armi vostre sono i siderati, padroni,
ma questa volta ci temete
perché siamo tanti, troppi per voi.
E mentre vi aspettiamo,
servi di chi ci sfrutta,
vi siete finalmente ritirati, in preda anche voi per una volta
alla paura di esser picchiati.
Se questa è violenza, o padrone,
abbiamo scordato la tua legalità,
solo la tua violenza è autorizzata,
a questa noi opponiamo l'unità:
colpo su colpo, senza illusioni,
giorno per giorno senza più paura,
uomo per uomo nasce la lotta;
di tanti primi d'agosto sarà fatta la nostra liberazione,
di tanti primi d'agosto sarà fatta la nostra rivoluzione.