Ricevo dall'amico Sandro Padula, e volentieri pubblico queste precisazioni sulle indagini riguardanti la strage di Bologna del 1980.
Strage di Bologna: la ricerca della verità completa non giustifica l’avallo
di nuovi depistaggi
Dopo il mio articolo intitolato
“Fascicolo bis sulla strage di Bologna: la “pista palestinese” non regge e
Raisi accusa la Procura” (Ristretti Orizzonti, 16 aprile 2012) si è aperto un dibattito su diversi
siti Internet al quale ha partecipato, attraverso una replica articolata in
cinque punti (vedasi sito www.fascinazione.info), lo stesso parlamentare di Futuro
e Libertà di cui avevo criticato il
teorema.
Rispondo perciò punto per punto a
Enzo Rasi, amico e portavoce della coppia Mambro & Fioravanti che a sua
volta, nel quadro della battaglia per ottenere la libertà condizionale della
donna ex militante dei Nar (vedasi «Le lettere (e una cena) a Giusva e Mambro:
vi perdoniamo», Corriere della sera del 3 agosto 2008), alcuni anni fa fece
amicizia con Anna Di Vittorio, sorella di Mauro, la vittima della strage di
Bologna che oggi secondo lo stesso Raisi potrebbe aver avuto qualcosa a che
fare con quel crimine.
Primo punto
Le Br, organizzazione in cui ho
militato nella seconda metà degli anni ’70 e fino al momento del mio arresto
avvenuto nel novembre 1982, non hanno mai intrattenuto rapporti politici o
d’altra natura con il cosiddetto gruppo di Carlos e neppure con il Fplp. Ciò
premesso, per semplice amore della verità vanno corrette le numerose
informazioni false e inesattezze sostenute da Raisi.
Il parlamentare di Futuro e
Libertà afferma che “all'interrogatorio con
Cieri nel 2009 Carlos ha fatto scena muta e ha detto che parlava solo di fronte
ad una commissione parlamentare”.
In realtà, pur non firmando nulla, Carlos fece un discorso
al pm Cieri in riferimento alla strage di Bologna, poi riportato dalla stampa
italiana, nel quale dichiarò in sintesi quanto segue: «…. è roba
della Cia, i servizi segreti italiani e tedeschi lo sanno bene». (Corriere
della Sera, 26 aprile 2009). Questo fatto, cioè l’assenza di una “scena muta”,
è dato per certo a pagina 158 del “Dossier strage di Bologna”, un libro scritto
da Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro, François de Quengo de Tonquédec,
persone amiche di Enzo Raisi e pubblicizzato da quest’ultimo il 10 settembre
2011 nel corso di un meeting di Futuro e Libertà a Mirabello.
Secondo punto
L’onorevole Raisi asserisce che nessun paragone sarebbe
mai stato fatto sulla compatibilità del materiale sequestrato alla Frolich
all’aeroporto di Fiumicino nel 1982 e quello usato nella strage di Bologna del
2 agosto 1980.
Una recente notizia di stampa,
pubblicata proprio sul quotidiano bolognese al quale Raisi spesso rilascia
delle interviste, fornisce sulle indagini condotte una versione molto diversa:
“dalla comparazione tra i documenti sulla qualità degli esplosivi utilizzati
dal gruppo del terrorista Carlos e le perizie sull’esplosivo usato per
l’attentato del 2 agosto 1980 non è, al momento, risultata alcuna immediata
compatibilità. Quella della comparazione sulla qualità degli esplosivi era una
delle strade che vengono seguite nell’inchiesta bis sulla strage della
stazione. Una strada che al momento quindi non registra novità. Il pm Enrico
Cieri aveva chiesto ed ottenuto delle autorità francesi i documenti sulla
qualità dell’esplosivo utilizzato dal gruppo dello Sciacallo. Parimenti
negativa sarebbe stata la comparazione fatta con la qualità dell’esplosivo che
Margot Frohlich (indagata nell’inchiesta assieme a Thomas Kram) aveva in una
valigia quando fu arrestata a Fiumicino nell’82.” (Resto del Carlino, 6 aprile 2012).
Come se non bastasse, la natura dell’esplosivo trovato
alla Frolich è nota da molto tempo anche ai principali teorici della “pista
palestinese”. In una interpellanza urgente si affermava: “il 18 giugno 1982,
quindi due anni e mezzo dopo le stragi di Ustica e Bologna e due anni prima
della strage del 904, all'aeroporto di Fiumicino veniva fermata per un
controllo la cittadina tedesca Christa Margot Frolich trovata in possesso di
una valigia contenente due detonatori e tre chili e mezzo di miccia detonante,
contenente esplosivo ad alta velocità di tipo Pentrite, una sostanza detonante
che entra nella composizione del Semtex” (interpellanza urgente 2-01636
presentata giovedì 28 luglio 2005 da Vincenzo Fragalà nella seduta n.664).
Come è altresì noto, l’ordigno impiegato per la strage di
Bologna non era costituito da esplosivo di tipo Pentrite ma “da un esplosivo
contenente gelatinato e Compound B” (sentenza secondo processo di Appello sulla
strage di Bologna, 16 maggio 1994). E il Compound B, una miscela di tritolo e
T4, è roba della Nato.
Terzo punto
Smentito anche dall’amico
Gabriele Paradisi sulla circostanza che avrebbe visto Carlos vivere a Parigi
nel 1980, come aveva affermato sul Resto del Carlino dell’8 aprile 2012, il
parlamentare futurista dieci giorni dopo tenta di salvarsi in corner sostenendo
che Carlos “a Parigi aveva un gruppo operativo della sua organizzazione
denominata Separat.”
Una
presenza stabile in Francia di un nucleo del gruppo Carlos, per altro già
ristretto ad un numero molto limitato di componenti, non ha mai trovato
conferma nelle lunghe indagini condotte dalla polizia francese. Forse Raisi,
sbagliando comunque le date, voleva fare riferimento al periodo di detenzione
nel carcere di Fresnes di due esponenti del gruppo Carlos: Bruno Breguet e
Magdalena Kopp, detenuti dal febbraio 1982 al maggio e settembre 1985.
Fin qui nulla di nuovo dunque. Si
tratta della solita rimasticatura di alcuni elementi utilizzati per dare corpo
al depistaggio che vorrebbe orientare le nuove indagini verso la “pista
palestinese”. A tale proposito va ricordato che l’OLP, di cui faceva parte
integrante il pur critico e marxista Fplp, considerava un piccolo passo
positivo la dichiarazione del Consiglio europeo di Venezia del 13 giugno 1980,
contestata solo dagli Usa e dal governo israeliano, a favore dell’autodeterminazione
del popolo palestinese. Non vi era dunque alcuna ragione di colpire obiettivi
italiani da parte di chi aderiva all’OLP.
Quarto punto
La vera novità stavolta è il
cinico coinvolgimento da parte di Raisi e dei suoi mandanti di una delle vittime
della strage: Mauro Di Vittorio.
Perché proprio Di Vittorio?
Semplice: era romano e simpatizzava col “Movimento” di quegli anni.
Attribuendogli una precisa identità politica, ovvero quella di militante di
Autonomia operaia romana, Raisi intende richiamare ancora una volta la “pista
palestinese” che si regge sull’assunto che qui cito: “Ricordo che Pifano e altri componenti del gruppo di
Via dei Volsci, autonomia romana, furono arrestati con Abu Saleh ad Ortona per
i famosi missili che appartenevano all'Fplp e al gruppo Separat, cioè al gruppo
di Carlos.”
A
quanto risulta, tre autonomi del collettivo del Policlinico (Daniele Pifano,
Giorgio Baumgartner e Lusiano Nieri) furono arrestati nel novembre 1979 e poi
condannati per il trasporto di due lanciamissili (non i missili) che
appartenevano esclusivamente all’Fplp, erano smontati e dovevano essere spediti
in Medioriente.
Inoltre
il cosiddetto gruppo di Carlos si chiamava Ori (Organizzazione dei
rivoluzionari internazionalisti) e non certo Separat (vedasi “A Bologna a
colpire furono Cia e Mossad”, Corriere della sera del 23 novembre 2005 ).
Infine,
a differenza di quanto sostiene Raisi, quei tre autonomi non “furono arrestati
con Abu Saleh ad Ortona”. Abu Anzeh Saleh fu “fermato a Bologna una settimana
dopo l’arresto degli autonomi” (pagina 25 del “Dossier strage di Bologna”
scritto dagli amici di Raisi).
La
vicenda è sufficientemente nota e chiara come quella connessa allo strumentale
tentativo del generale Dalla Chiesa che, tanto per produrre un nuovo teorema
accusatorio corollario del 7 aprile, fece pressioni su Saleh affinché
dichiarasse che quei lanciamissili servivano ad Autonomia in Italia. Ciò detto,
non risulta minimamente che il ventiquattrenne Mauro Di Vittorio avesse mai
fatto parte del Collettivo del Policlinico in cui militavano i tre autonomi
arrestati ad Ortona.
Dalle
cronache dell’epoca si evince che era un giovane del movimento di quegli anni.
Al funerale venne salutato dai compagni e dalle femministe del suo quartiere,
Tor Pignattara. Una scheda biografica è presente sul sito dell’associazione dei
familiari delle vittime della strage di Bologna. Il tentativo di coinvolgerlo è
dunque una volgare azione di sciacallaggio, in particolare se si tiene conto
del fatto che la sorella di Di Vittorio fece passi significativi in favore
della coppia Mambro-Fioravanti. Il livello di strumentalizzazione a questo
punto raggiunge vertici di cinismo abissale.
Perché
tutto questo? Pur di arrivare alla revisione del processo, i due ex militanti
dei Nar insieme a Raisi sono disposti a gettare fango in ogni direzione,
creando così ennesimi capri espiatori.
Quinto punto
Nel 1983, quasi un anno dopo il
mio arresto, conobbi la detenuta Christa Margot Frolich tramite posta
controllata dalla censura del carcere. Lei si trovava in cella con una mia
coimputata, non parlava affatto bene la lingua italiana, non era mai stata una
ballerina, non aveva figli e nel 1980 aveva 38 anni. In altre parole, Christa
Margot Frolich non era per niente l’ex ballerina e donna madre tedesca che
nell’agosto 1980 fu vista frequentare un albergo di Bologna e che, secondo i
testimoni, conosceva alla perfezione la lingua italiana.
Lo stesso discorso vale per Kram.
A parte le sue idee politiche antitetiche allo stragismo, un tipo come lui – secondo
i documenti anagrafici ben conosciuti da teorici della “pista palestinese” come
gli autori di “Dossier strage di Bologna” - non sarebbe certo passato
inosservato nella stazione di Bologna del 2 agosto 1980 se avesse lasciato la
valigia della strage nella sala d’attesa della seconda classe in cui scoppiò.
"Poco prima
dell'esplosione — ha detto Rolando Mannocci
alla figlia e al fratello accorsi al suo capezzale — ho notato due
giovani aggirarsi nella sala. Li ho seguiti per un po' con lo sguardo. Ho visto
che hanno posato un qualche cosa, forse una valigia, proprio nell'angolo dove
dieci minuti dopo è avvenuta l'esplosione. Non mi sono insospettito, non c'era
alcun motivo perché lo dovessi essere. Erano due come tanti altri. Invece forse...». (La Stampa del 4 agosto 1980).
I giovani, per essere tali,
debbono almeno avere un’età sotto i 30 anni. Per poi considerarli “come tanti
altri” dovrebbero avere un’altezza media di circa 1 metro e 65 per le ragazze e
di circa 1 metro e 75 per i ragazzi.
Tutto ciò significa, a rigor di
logica, che Thomas Kram - alto quasi due metri e allora trentaduenne - non era
certo uno dei “giovani” - “due come tanti altri” - visti da Rolando Mannocci
all’interno della stazione di Bologna il 2 agosto 1980 mentre posavano qualcosa
nell’angolo in cui avvenne l’esplosione.
Infine vorrei ricordare a Raisi che la legittima
ricerca della verità completa sulla strage di Bologna, che persone come me
hanno sempre appoggiato, è cosa diversa dall’avallare depistaggi che di fatto
sono la continuazione dello stragismo con altri mezzi.