sabato 21 aprile 2012

LETTURE IN "MEMORIA"L

Si sono aperte ieri a San Pietroburgo le Decime Letture organizzate da Memorial di San Pietroburgo dal titolo "Biografie del XX secolo. Diritto al nome". Le Letture nacquero come contributo alla memoria di Venjamin Iofe, tra i fondatori di Memorial nel 1988, scomparso prematuramente dieci anni fa nella Palmira del Nord. Vi hanno preso parte studiosi provenienti da ogni parte del mondo e il prossimo anno sarà pubblicato, oltre al normale volume riguardante le attuali Letture, un libro celebrativo del decennale con le relazioni giudicate più interessanti o innovative.
Ieri era presente anche Adam Michnik (http://it.wikipedia.org/wiki/Adam_Michnik). Ho colto l'occasione per chiedergli una cosa che avevo qui da un po' di tempo. In Polonia, durante gli anni Settanta, un colonnello dello Stato Maggiore, Kuklinski, che partecipava attivamente a riunioni di altissimo livello nell'ambito del Patto di Varsavia, cominciò a collaborare con la CIA. Nel 1981, sentitosi scoperto, venne fatto uscire dalla Polonia clandestinamente. Scoperto, fu condannato a morte in contumacia. Dopo il crollo del comunismo, la pena fu convertita in 25 anni di carcere. Kuklinski, che credeva di poter rientrare in patria - allora guidata da Solidarnosc - come un eroe, fu invece costretto all'esilio. Michnik, tra i principali collaboratori di Lech Walesa, fu tra coloro che si oppose al suo rientro. Gli ho chiesto, pubblicamente, come mai. La sua riposta, che ha sorpreso molti tra i partecipanti alle Letture, è stata: "Era una spia".
Così va il mondo.

VENJAMIN IOFE


TAT'JANA KOSYNOVA, GIORNALISTA, DIRIGE IL SITO KOGITA.RU. TRA LE ORGANIZZATRICI DEL CONVEGNO

LA COPERTINA DEL VOLUME APPENA USCITO SULLE LETTURE DELLO SCORSO ANNO

TAT'JANA PRITYKINA. INSIEME ABBIAMO CURATO IL VOLUME

BORIS BELENKIN DI MEMORIAL INTERNATIONAL, MOSCA

ADAM MICHNIK

PUBBLICO. VICINO A TAT'JANA KOSYNOVA, IRINA FLIGE, PRESIDENTE DI MEMORIAL
ALEKSEEV, STUDIOSO DI VAGLIA. HA DONATO IL SUO ARCHIVIO A MEMORIAL. E' STATO AUTORE DI UN INTERESSANTE INTERVENTO SULLE AUTOBIOGRAFIE.
SECONDO LUI SONO QUASI SEMPRE FALSE


ANDREJ. DEL MOVIMENTO ANARCHICO DI SAN PIETROBURGO

BORIS MIRKIN. EX DISSIDENTE E PRIGIONIERO POLITICO

OLEG NIKOLAEV DURANTE L'INTERVENTO INAUGURALE SUL SIGNIFICATO DELLA FOTOGRAFIA PER LA RICOSTRUZIONE DI UNA BIOGRAFIA

STRAGE DI BOLOGNA. PRECISAZIONI NECESSARIE

Ricevo dall'amico Sandro Padula, e volentieri pubblico queste precisazioni sulle indagini riguardanti la strage di Bologna del 1980.



Strage di Bologna: la ricerca della verità completa non giustifica l’avallo di nuovi depistaggi 

Dopo il mio articolo intitolato “Fascicolo bis sulla strage di Bologna: la “pista palestinese” non regge e Raisi accusa la Procura” (Ristretti Orizzonti, 16 aprile 2012)  si è aperto un dibattito su diversi siti Internet al quale ha partecipato, attraverso una replica articolata in cinque punti (vedasi sito www.fascinazione.info), lo stesso parlamentare di Futuro e Libertà di cui avevo criticato il teorema.
Rispondo perciò punto per punto a Enzo Rasi, amico e portavoce della coppia Mambro & Fioravanti che a sua volta, nel quadro della battaglia per ottenere la libertà condizionale della donna ex militante dei Nar (vedasi «Le lettere (e una cena) a Giusva e Mambro: vi perdoniamo», Corriere della sera del 3 agosto 2008), alcuni anni fa fece amicizia con Anna Di Vittorio, sorella di Mauro, la vittima della strage di Bologna che oggi secondo lo stesso Raisi potrebbe aver avuto qualcosa a che fare con quel crimine.

Primo punto

Le Br, organizzazione in cui ho militato nella seconda metà degli anni ’70 e fino al momento del mio arresto avvenuto nel novembre 1982, non hanno mai intrattenuto rapporti politici o d’altra natura con il cosiddetto gruppo di Carlos e neppure con il Fplp. Ciò premesso, per semplice amore della verità vanno corrette le numerose informazioni false e inesattezze sostenute da Raisi.
Il parlamentare di Futuro e Libertà afferma che “all'interrogatorio con Cieri nel 2009 Carlos ha fatto scena muta e ha detto che parlava solo di fronte ad una commissione parlamentare”.
In realtà, pur non firmando nulla, Carlos fece un discorso al pm Cieri in riferimento alla strage di Bologna, poi riportato dalla stampa italiana, nel quale dichiarò in sintesi quanto segue:  «….  è roba della Cia, i servizi segreti italiani e tedeschi lo sanno bene». (Corriere della Sera, 26 aprile 2009). Questo fatto, cioè l’assenza di una “scena muta”, è dato per certo a pagina 158 del “Dossier strage di Bologna”, un libro scritto da Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro, François de Quengo de Tonquédec, persone amiche di Enzo Raisi e pubblicizzato da quest’ultimo il 10 settembre 2011 nel corso di un meeting di Futuro e Libertà a Mirabello.

Secondo punto

L’onorevole Raisi asserisce che nessun paragone sarebbe mai stato fatto sulla compatibilità del materiale sequestrato alla Frolich all’aeroporto di Fiumicino nel 1982 e quello usato nella strage di Bologna del 2 agosto 1980.
Una recente notizia di stampa, pubblicata proprio sul quotidiano bolognese al quale Raisi spesso rilascia delle interviste, fornisce sulle indagini condotte una versione molto diversa: “dalla comparazione tra i documenti sulla qualità degli esplosivi utilizzati dal gruppo del terrorista Carlos e le perizie sull’esplosivo usato per l’attentato del 2 agosto 1980 non è, al momento, risultata alcuna immediata compatibilità. Quella della comparazione sulla qualità degli esplosivi era una delle strade che vengono seguite nell’inchiesta bis sulla strage della stazione. Una strada che al momento quindi non registra novità. Il pm Enrico Cieri aveva chiesto ed ottenuto delle autorità francesi i documenti sulla qualità dell’esplosivo utilizzato dal gruppo dello Sciacallo. Parimenti negativa sarebbe stata la comparazione fatta con la qualità dell’esplosivo che Margot Frohlich (indagata nell’inchiesta assieme a Thomas Kram) aveva in una valigia quando fu arrestata a Fiumicino nell’82.” (Resto del Carlino, 6 aprile 2012).
Come se non bastasse, la natura dell’esplosivo trovato alla Frolich è nota da molto tempo anche ai principali teorici della “pista palestinese”. In una interpellanza urgente si affermava: “il 18 giugno 1982, quindi due anni e mezzo dopo le stragi di Ustica e Bologna e due anni prima della strage del 904, all'aeroporto di Fiumicino veniva fermata per un controllo la cittadina tedesca Christa Margot Frolich trovata in possesso di una valigia contenente due detonatori e tre chili e mezzo di miccia detonante, contenente esplosivo ad alta velocità di tipo Pentrite, una sostanza detonante che entra nella composizione del Semtex” (interpellanza urgente 2-01636 presentata giovedì 28 luglio 2005 da Vincenzo Fragalà nella seduta n.664).
Come è altresì noto, l’ordigno impiegato per la strage di Bologna non era costituito da esplosivo di tipo Pentrite ma “da un esplosivo contenente gelatinato e Compound B” (sentenza secondo processo di Appello sulla strage di Bologna, 16 maggio 1994). E il Compound B, una miscela di tritolo e T4, è roba della Nato.

Terzo punto

Smentito anche dall’amico Gabriele Paradisi sulla circostanza che avrebbe visto Carlos vivere a Parigi nel 1980, come aveva affermato sul Resto del Carlino dell’8 aprile 2012, il parlamentare futurista dieci giorni dopo tenta di salvarsi in corner sostenendo che Carlos “a Parigi aveva un gruppo operativo della sua organizzazione denominata Separat.”
Una presenza stabile in Francia di un nucleo del gruppo Carlos, per altro già ristretto ad un numero molto limitato di componenti, non ha mai trovato conferma nelle lunghe indagini condotte dalla polizia francese. Forse Raisi, sbagliando comunque le date, voleva fare riferimento al periodo di detenzione nel carcere di Fresnes di due esponenti del gruppo Carlos: Bruno Breguet e Magdalena Kopp, detenuti dal febbraio 1982 al maggio e settembre 1985.
Fin qui nulla di nuovo dunque. Si tratta della solita rimasticatura di alcuni elementi utilizzati per dare corpo al depistaggio che vorrebbe orientare le nuove indagini verso la “pista palestinese”. A tale proposito va ricordato che l’OLP, di cui faceva parte integrante il pur critico e marxista Fplp, considerava un piccolo passo positivo la dichiarazione del Consiglio europeo di Venezia del 13 giugno 1980, contestata solo dagli Usa e dal governo israeliano, a favore dell’autodeterminazione del popolo palestinese. Non vi era dunque alcuna ragione di colpire obiettivi italiani da parte di chi aderiva all’OLP.

Quarto punto
La vera novità stavolta è il cinico coinvolgimento da parte di Raisi e dei suoi mandanti di una delle vittime della strage: Mauro Di Vittorio.
Perché proprio Di Vittorio? Semplice: era romano e simpatizzava col “Movimento” di quegli anni. Attribuendogli una precisa identità politica, ovvero quella di militante di Autonomia operaia romana, Raisi intende richiamare ancora una volta la “pista palestinese” che si regge sull’assunto che qui cito:Ricordo che Pifano e altri componenti del gruppo di Via dei Volsci, autonomia romana, furono arrestati con Abu Saleh ad Ortona per i famosi missili che appartenevano all'Fplp e al gruppo Separat, cioè al gruppo di Carlos.”
A quanto risulta, tre autonomi del collettivo del Policlinico (Daniele Pifano, Giorgio Baumgartner e Lusiano Nieri) furono arrestati nel novembre 1979 e poi condannati per il trasporto di due lanciamissili (non i missili) che appartenevano esclusivamente all’Fplp, erano smontati e dovevano essere spediti in Medioriente.
Inoltre il cosiddetto gruppo di Carlos si chiamava Ori (Organizzazione dei rivoluzionari internazionalisti) e non certo Separat (vedasi “A Bologna a colpire furono Cia e Mossad”, Corriere della sera del 23 novembre 2005 ).
Infine, a differenza di quanto sostiene Raisi, quei tre autonomi non “furono arrestati con Abu Saleh ad Ortona”. Abu Anzeh Saleh fu “fermato a Bologna una settimana dopo l’arresto degli autonomi” (pagina 25 del “Dossier strage di Bologna” scritto dagli amici di Raisi).
La vicenda è sufficientemente nota e chiara come quella connessa allo strumentale tentativo del generale Dalla Chiesa che, tanto per produrre un nuovo teorema accusatorio corollario del 7 aprile, fece pressioni su Saleh affinché dichiarasse che quei lanciamissili servivano ad Autonomia in Italia. Ciò detto, non risulta minimamente che il ventiquattrenne Mauro Di Vittorio avesse mai fatto parte del Collettivo del Policlinico in cui militavano i tre autonomi arrestati ad Ortona.
Dalle cronache dell’epoca si evince che era un giovane del movimento di quegli anni. Al funerale venne salutato dai compagni e dalle femministe del suo quartiere, Tor Pignattara. Una scheda biografica è presente sul sito dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna. Il tentativo di coinvolgerlo è dunque una volgare azione di sciacallaggio, in particolare se si tiene conto del fatto che la sorella di Di Vittorio fece passi significativi in favore della coppia Mambro-Fioravanti. Il livello di strumentalizzazione a questo punto raggiunge vertici di cinismo abissale.
Perché tutto questo? Pur di arrivare alla revisione del processo, i due ex militanti dei Nar insieme a Raisi sono disposti a gettare fango in ogni direzione, creando così ennesimi capri espiatori.

Quinto punto
Nel 1983, quasi un anno dopo il mio arresto, conobbi la detenuta Christa Margot Frolich tramite posta controllata dalla censura del carcere. Lei si trovava in cella con una mia coimputata, non parlava affatto bene la lingua italiana, non era mai stata una ballerina, non aveva figli e nel 1980 aveva 38 anni. In altre parole, Christa Margot Frolich non era per niente l’ex ballerina e donna madre tedesca che nell’agosto 1980 fu vista frequentare un albergo di Bologna e che, secondo i testimoni, conosceva alla perfezione la lingua italiana.
Lo stesso discorso vale per Kram. A parte le sue idee politiche antitetiche allo stragismo, un tipo come lui – secondo i documenti anagrafici ben conosciuti da teorici della “pista palestinese” come gli autori di “Dossier strage di Bologna” - non sarebbe certo passato inosservato nella stazione di Bologna del 2 agosto 1980 se avesse lasciato la valigia della strage nella sala d’attesa della seconda classe in cui scoppiò.
"Poco prima dell'esplosione — ha detto Rolando Mannocci alla figlia e al fratello accorsi al suo capezzale — ho notato due giovani aggirarsi nella sala. Li ho seguiti per un po' con lo sguardo. Ho visto che hanno posato un qualche cosa, forse una valigia, proprio nell'angolo dove dieci minuti dopo è avvenuta l'esplosione. Non mi sono insospettito, non c'era alcun motivo perché lo dovessi essere. Erano due come tanti altri. Invece forse...». (La Stampa del 4 agosto 1980).
I giovani, per essere tali, debbono almeno avere un’età sotto i 30 anni. Per poi considerarli “come tanti altri” dovrebbero avere un’altezza media di circa 1 metro e 65 per le ragazze e di circa 1 metro e 75 per i ragazzi.
Tutto ciò significa, a rigor di logica, che Thomas Kram - alto quasi due metri e allora trentaduenne - non era certo uno dei “giovani” - “due come tanti altri” - visti da Rolando Mannocci all’interno della stazione di Bologna il 2 agosto 1980 mentre posavano qualcosa nell’angolo in cui avvenne l’esplosione.
Infine vorrei ricordare a Raisi che la legittima ricerca della verità completa sulla strage di Bologna, che persone come me hanno sempre appoggiato, è cosa diversa dall’avallare depistaggi che di fatto sono la continuazione dello stragismo con altri mezzi. 

venerdì 20 aprile 2012

SENZA UN SOLDO

Un esempio di comunismo stile Corea Popolare. Lo dico senza sarcasmo. Fu un tentativo compiuto nell'ambito del socialismo Juche di Kim Il Sung, del quale il 15 aprile scorso è stato il centenario della nascita. La parola Juche significa "corrente principale" o "corrente tradizionale" e viene anche tradotta come "autosufficienza". Kim Il Sung identificava nelle masse coreane gli artefici dello sviluppo del socialismo e dell'indipendenza dalle grandi potenze. In questo ambito rientra il programma spaziale e missilistico nord coreano Di seguito, l'esperienza di Daniel, che vive senza soldi, per scelta, negli Usa. Che è cosa molto diversa dal vivere in una società del baratto, dove il plusvalore è quasi nullo. Daniel Suelo, al contrario, sfrutta proprio il plusvalore e i conseguenti sprechi della società capitalistica. Tratto dal "Corriere.it".

IL VIL DENARO - Pecunia non olet, dicevano i latini [CERTO, AVEVANO SOLO MONETE E NON BANCONOTE!], ma secondo Daniel Suelo l’affermazione non è affatto vera. Anzi, Suelo pensa che il denaro corrompa e generi infelicità, inquini i rapporti e falsi la percezione del mondo: “I soldi non hanno la capacità di rappresentare il presente, ma solo il passato (i debiti) o il futuro (i crediti)”. Meglio dunque ritornare al baratto e alla natura, senza bisogno di soldi e di conti in banca. Il che non vuol dire essere fuori dal tempo, come testimonia la vita di Suelo che, pur snodandosi nelle grotte, è una vita connessa e tecnologica, passata anche a dialogare con il resto del mondo che cerca da lui delle risposte: “Piacerebbe anche a me ma una scelta simile, ma è compatibile con una famiglia?”, “E come la metti con l’igiene?”, “Come fai per gli occhiali o le cure dentistiche?”, “Sei un estremista e credi che il denaro sia il diavolo?”.
UNA CORRENTE DI PENSIERO – La teoria di un mondo moneyless affascina del resto più di una persona e la quota di economisti e teorici che hanno ipotizzato una realtà senza l’intermediazione dei soldi inizia a essere significativa [AGGIUNGEREI KIM IL SUNG]. Basta guardare all’ultimo rapporto del Pew Research Center,  che denuncia una voglia crescente di fare a meno di questi pezzi carta simbolici, destinati a seguire le sorti della macchina da scrivere o di altri oggetti obsoleti sulla via del tramonto. Il titolo è molto esplicito: “Il futuro dei soldi nell’era della mobilità”. In sostanza, come osservato da uno studio degli esperti della Elon University e dell’Internet & American Life Project del Pew Research Center, la sicurezza, la convenienza e gli altri benefici del portafogli mobile manderanno in pensione le vecchie banconote. E il concetto di denaro cambierà e sfumerà. Il professore di Harvard Susan Crawford è una dei tanti sostenitori del pensiero moneyless, convinta che non esista nulla di più immaginario e persino di più demodè dei soldi. Questa corrente di pensiero ha trovato un suo fondamento anche nel modello di business celebrato da Jeremy Rifkin nel 2000 che, indagando le prossime frontiere del capitalismo, parlava già allora di era dell’accesso al posto dell’era del possesso.
ABBANDONA IL DENARO – Mercoledì scorso era il QUIT MONEY DAY e un’intera comunità invitava anche solo per un giorno a lasciare a casa il portafogli. Proprio come fece tempo fa Daniel Suelo, moderno eremita la cui scelta di vita inizia a fare proseliti. Mark Sundeen, autore della sua biografia in “The man who quit money” riflette infatti su quanto questa filosofia, specie in tempi di crisi, stia diventando un’alternativa di vita. E quando il calore delle caverne raggiunge livelli intollerabili, nel periodo estivo, Suelo parte per andare in visita agli amici: "Non ho idea di cosa mi riservi il futuro, e non mi interessa neppure”, dichiara l’uomo senza soldi, sottolineando che la vita affrancata dalla schiavitù del denaro e del possesso regala la capacità eccezionale di vivere nel presente, senza doversi proiettare sempre indietro o avanti.
LA CASA-CAVERNA - La sua casa-caverna dista un'ora dalla città di Moab. Misura 5 metri per un metro e cinquanta di altezza, e contiene quasi esclusivamente riso, fagioli e libri. Si lava al torrente e si veste con indumenti reperiti in un bidone della spazzatura. Chi lo conosce bene sostiene di non aver mia visto una persona così felice e serena. E lui che non giudica le scelte degli altri (e anzi in un certo senso benedice gli sprechi altrui che gli danno qualche fonte di sostentamento) continua a dichiarare di aver trovato nella vita il proprio modo di esistere. E di credere fermamente nel cerchio della natura.

martedì 17 aprile 2012

Dimitris Mitropanos


Purtroppo si è spento oggi prematuramente ad Atene Dimitris Mitropanos per un endema polmonare. Aveva 64.
Su questo blog avevamo postato il 20 marzo scorso la sua interpretazione di una nota canzone greca, 

Questa è un'altra sua bellissima interpretazione di un pezzo ziebekiko: Vrexei sti ftoxogeitonia (Piove nella zone povera della città), musica di Mikis Theodorakis.






lunedì 16 aprile 2012

Torture di Stato


Rita Bernardini

Sulle stragi di Stato non possiamo dire con certezza, almeno dal punto di vista formale, come si siano svolte le cose. Sulla tortura di Stato, invece, sì. Con il dettaglio, spesso dimenticato, che in Italia non esiste ad oggi una legge specifica che punisca penalmente la tortura.

Pubblico un intervento della deputata radicale Rita Bernardini uscito su "Gli Altri" del 13 aprile 2012 e segnalatomi da S.P.










Caso De Tormentis: Anche Monti sceglie il silenzio
Torture di Stato. Trent’anni di latitanza della politica


L’immagine che è rimasta impressa nella mia mente è quella di un'apparizione televisiva di Emma Bonino con alle spalle la gigantografia dei genitali seviziati di Cesare Di Lenardo, brigatista rosso implicato nel sequestro del generale statunitense James Lee Dozier. Nella conferenza stampa che i radicali tennero il 30 aprile 1983 per presentare il dossier con le prove delle sevizie a Di Lenardo, Marco Pannella, riferendosi al Governo e al reticente ministro dell'interno Rognoni, disse che si trattava delle prove «della menzogna di un governo, di un ministro, gravissima, colpevole, dolosa; sono le prove di una operazione fascista nei valori, da parte di piduisti, guidati dal piduista Longo, dal piduista Belluscio e da coloro che senza pudore evidentemente sono passati ad organizzare con molta chiarezza il piduismo come squadrismo e come neonazismo che si materializzano in forme di tortura come la falsa esecuzione in mezzo ai campi, di notte, del prigioniero al quale si dice "tanto nessuno sa che tu sei nelle nostre mani"». A questo pieno di verità sconvolgenti corrisponde - disse Pannella - un pieno di fuga e di latitanza (tranne eccezioni) da parte della classe politica; da parte, per esempio, dei noti "oppositori" al governo del partito Comunista, mentre è noto che su tutta la politica piduista di sfascio fascista delle leggi il Pci è stato all'avanguardia sulla linea del terrorismo di Stato da contrapporre al terrorismo del parastato che è quello delle Br. Fuga e latitanza della classe politica che durano inesorabilmente fino ai nostri giorni. Oggi, quei fatti di trent'anni fa riemergono dal fondo paludoso in cui uno Stato - letteralmente criminale - li aveva messi a tacere. Nel 2007, Salvatore Genova, uno dei funzionari di polizia protagonisti dell'antiterrorismo dei primi anni Ottanta, inizia a sputare il rospo rivelando al Secolo XIX le "torture" e i "pestaggi inutili" di cui anch'egli fu protagonista nei confronti di alcuni brigatisti arrestati. Un rapporto approfondito e tragico viene fuori anche dal libro-inchiesta di Nicola Rao Colpo al cuore. Dai pentiti ai metodi speciali: come lo Stato uccise le BR. La storia mai raccontata. È proprio Nicola Rao a parlare della squadretta addetta alle sevizie comandata dal funzionario dell'Ucigos "professor De Tormentis", che percorreva in lungo e in largo le questure e le caserme d'Italia per estorcere informazioni ai militanti delle Brigate rosse. Più di recente, alla fine del 2011 - a testimonianza che nel nostro Paese fortunatamente resiste ancora chi crede nello stato di diritto e nella democrazia - il giornalista di Liberazione Paolo Persichetti pubblica un'inchiesta in cui, per i dettagli del profilo professionale e culturale, si comprende perfettamente che dietro lo pseudonimo di De Tormentis c'è Nicola Ciocia che oggi esercita la professione di avvocato dopo essere uscito, con il grado di questore, dalla polizia di stato che aveva "servito" per tre decenni. Sono di queste ore invece, le ulteriori, agghiaccianti confessioni di Salvatore Genova che sembra aver deciso di vuotare completamente il sacco affidandosi all'Espresso e alla penna di Pier Vittorio Buffa. C'è materia in abbondanza per fare quella Commissione d'inchiesta che si negò ai radicali quando il 27 aprile del 1988 presentarono una proposta di legge per istituirla.
Ma ora come allora tira una brutta aria, se consideriamo che il Governo attuale ha mandato a rispondere all'interrogazione che come radicali abbiamo presentato sull'attualità della vicenda di De Tormentis, il sottosegretario agli Interni Carlo De Stefano già Direttore centrale della Polizia di prevenzione (l'ex Ucigos), quello che nel 1978 arrestò Enrico Triaca per affidarlo immediatamente nelle mani di De Tormentis per il "trattamento" di rito. Sì, una brutta aria: il sottosegretario tace sulla Commissione d'inchiesta lasciando intendere che è stato già tutto chiarito perché «a suo tempo - si legge nella risposta - si sono svolti ampi e circostanziati dibattiti parlamentari, nonché inchieste giudiziarie». «Su tali fatti, pertanto, non è necessario che io indugi..:» taglia corto il sottosegretario, che però indugia su una ricostruzione storica pro-domo-sua del reato di tortura come vive nei trattati internazionali. Già perché riferendosi alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 il sottosegretario arriva ad affermare che essa poneva sì il divieto di tortura, ma «con delle limitazioni non di poco conto (morale, ordine pubblico, benessere generale di una società democratica)».
Limitazioni che però vengono cancellate ad avviso del sottosegretario, nel 1984, dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con l'approvazione della "Convenzione per la prevenzione specifica della tortura e dei trattamenti disumani e degradanti". Insomma, secondo De Stefano, fino al 1984 si poteva torturare se era in gioco «il benessere generale di una società democratica».
No, anche con il Governo Monti, non tira una buona aria sul fronte dei diritti umani universalmente acquisiti se a rappresentarli si dà carta bianca al Prefetto De Stefano. D'altra parte, basterebbe che qualcuno ricordasse a tutta la latitante classe politica italiana che occorrerebbe far vivere l'art. 13, comma 4 della Costituzione, per il quale «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». Ma la Costituzione più bella del mondo, come dice Pannella, è in realtà la più buona, visto che l'antidemocratica partitocrazia italiana se l'è voracemente divorata da decenni mentre non solo i fatti rievocati in questo articolo ma i più recenti G8, caso Cucchi, carceri infami e infamanti dovrebbero straziare i cuori e le intelligenze dei democratici di questo nostro Paese.


domenica 15 aprile 2012

Con Vittorio nel cuore



Un anno fa, il 15 aprile, veniva assassinato Vittorio Arrigoni.
Credo che tutti gli si debba qualcosa. Di fronte al suo coraggio e al suo impegno profondo per il rispetto dell'essere umano e dei suoi diritti imprescindibili non ci sono molte parole da aggiungere.
Mariangela Casalucci, un'amica, una delle anime di BellaCiao di Atene, alla quale devo molto per la mia ricerca attuale, è andata a trovare la madre di Vittorio. Con lei ha realizzato un'intervista che vale la pena di guardare ed ascoltare.

http://www.youtube.com/watch?v=0bIKRPKZBsw&feature=youtu.be


Egidia Beretta