sabato 13 aprile 2013

I DELATORI




Le carceri italiani sono sovraffollate. Ad hoc si creano le condizioni perché gli istituti di pena diventino dei luoghi di delazione affinché il singolo prigioniero si veda migliorare la propria condizione.
Marconista

Tratto da "Ristretti Orizzonti", 13 aprile

“Un terzo dei detenuti è ad alto rischio di malattie mentali. Su quasi 70 mila persone oggi presenti nelle carceri italiane i conti sono presto fatti.
Ventimila è un numero calcolato per difetto: psicosi, depressione, disturbi bipolari e di ansia severi sono la norma nel 40% dei casi, a cui vanno aggiunti poi i disturbi di personalità borderline e antisociale. Persone a volte già ammalate, altre che si ammalano durante la detenzione complici il sovraffollamento, i contesti sociali inimmaginabili, la popolazione straniera di difficilissima gestione. In questa situazione i cosiddetti detenuti sani finiscono con trovarsi in un inferno aggiuntivo che, nella peggiore delle ipotesi, può portare anche al suicidio. In Italia, quelli compiuti in carcere, hanno numeri 9 volte superiori rispetto alla popolazione generale con tassi aumentati negli ultimi anni di circa il 300% (dai 100 del decennio 1960-1969 a più di 560 nel 2000-2009 con oltre il 36% di decessi). Crescita che non si arresta: nel 2011 sono stati 63 i suicidi (0.9% per 1.000 detenuti), più di mille i tentati suicidi (15%) e oltre 5.600 gli atti autolesivi (84%). A farne le spese anche l’organizzazione interna alle carceri: tra il 2000 e il 2011, 68 suicidi solo a carico degli operatori di Polizia Penitenziaria. Di questo si è parlato in occasione del congresso dei Giovani Psichiatri in corso a Roma (“La psichiatria tra pratica clinica e responsabilità professionale”)”. Lo si legge in un comunicato della Sip, Società Italiana di Psichiatria. “Tutto ciò accade dopo anni di abbandono, da parte delle Istituzioni, della salute mentale italiana, fuori e dentro le carceri - spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria - e questo è il conto da pagare. Salatissimo e non finito perché la norma entrata in vigore nel 2012 che avrebbe dovuto avere una Sezione di Osservazione Psichiatrica funzionante e bastevole per ogni Regione è stata fortemente disattesa a causa di fondi specifici carenti. Anche su questo aspetto chiediamo l’intervento del Ministero tanto più ora che abbiamo prorogato la chiusura degli OPG, ma solo per un anno. Questa è quindi una cambiale a breve scadenza, ma non sappiamo quando potremo pagarla”. “Il sovraffollamento, a livelli record (150 detenuti per 100 posti, rispetto ai 107 del resto d’Europa), è già una condizione di grave disagio per il detenuto sano. Figuriamoci per un paziente con malattia mentale. Appena chiuderanno gli OPG una parte di questi detenuti tornerà in carcere. Se la situazione non sarà cambiata, e non vi sono le premesse perché lo sia, potrebbe davvero diventare esplosiva”. “Il superamento degli Opg e il pieno passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al sistema sanitario nazionale devono procedere parallelamente - spiega Mencacci - nell’ambito della più ampia riorganizza zione della Sanità Penitenziaria e delle nuove competenze dei Dipartimenti di Salute Mentale. A questi sono attribuite importanti responsabilità per la tutela della salute mentale dei cittadini detenuti. Si tratta, infatti, delle uniche Istituzioni, nell’ambito del servizio pubblico, in grado di garantire una visione d’insieme ed un approccio realmente integrato al raggiungimento degli obiettivi sanitari ed assistenziali che vengono affidati dal SSN alle proprie strutture”. “I Dipartimenti di salute mentale possono validamente interconnettersi con tutte le altre Istituzioni operanti in ambito carcerario, risolvendo uno dei problemi più rilevanti ancora aperti, cioè la frammentazione degli interventi sanitari in questo contesto, incluso le Dipendenze. Infine dal punto di vista operativo i Dipartimenti offrono strutture e competenze multi professionali in grado di coprire, dentro e fuori dal carcere, gli interventi opportuni, e la continuità terapeutica”. “Tutto bene fino ad ora - conclude il presidente SIP - ma solo sulla carta, perché nessuno ha ancora pensato e predisposto risorse per questa operazione. Si ritiene inderogabile, pertanto, che i Dipartimenti di Salute Mentale, siano potenziati e dotati delle risorse necessarie e sufficienti per garantire tale operatività in carcere, anche attraverso una dotazione di personale rispondente ai compiti affidati, e di strutture sovranazionali, quali i Centri di Osservazione Neuro Psichiatrica (Conp, nei fatti Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura intra carcerari, finalizzati alla gestione dell’urgenza) e i Reparti di Osservazione Psichiatrica (Rop, nei fatti, aree specialistiche di osservazione diagnostica qualificata a tempo definito)”.

IL GARANTE



Finalmente, dopo qualche tempo, un articolo di Sandro Padula! Sul presidente della Repubblica prossimo venturo.


"Ristretti Orizzonti", 12 aprile 2013


Tranne nel caso di un piccolo miracolo, è improbabile che il prossimo Presidente della Repubblica sia una persona esterna alla classe politica degli ultimi decenni.
Figure come il responsabile di Emergency Gino Strada e il premio Nobel per la letteratura Dario Fo sono conosciute sul piano internazionale e benvolute da milioni di cittadini italiani, ma difficilmente rientrerebbero nella cerchia delle candidature accettabili per il Pd e il Pdl, due partiti che sembrano voler scegliere insieme un candidato per il Quirinale. Nella situazione di stallo emersa dopo le elezioni politiche di febbraio, sulla scelta del nuovo presidente della Repubblica sembra fuori dai giochi solo il Movimento 5 Stelle. D’altra parte, un buon Presidente della Repubblica dovrebbe essere ben visto da ogni grande forza politica e da ogni aggregazione sociale. Il dibattito sulla scelta da fare merita di essere diffuso, partecipato, davvero democratico, capace quindi di coinvolgere l’intera società, compresa quella dei cittadini reclusi che non hanno mai avuto accesso a Internet e non possono neppure partecipare ai sondaggi online nella “rete delle reti”. In questo senso, pensando a un candidato accettabile dalla classe politica e dalla società, c’è solo un nome che si erge come un punto di riferimento rispettato da tutti: quello di Stefano Rodotà. Ex parlamentare, giurista, professore universitario, studioso dei beni comuni, difensore dei valori fondamentali della Costituzione, autore di proposte giuridiche per la difesa e lo sviluppo del diritto di accesso a Internet per tutti, firmatario di un recente appello per l’abolizione dell’ergastolo, rispettoso delle diversità culturali e dei diritti civili, tenace critico verso ogni forma di tortura, favorevole a regole severe sulla moralità pubblica e sostenitore del reddito di cittadinanza, Rodotà esprime oggi quella saggezza e quei saperi indispensabili per assumere la più alta carica dello Stato in modo utile a livello socio-politico e senza mai cadere nell’arbitrio del presidenzialismo e nelle trappole ricattatorie dei governi di altri paesi. Serve un Presidente della Repubblica autorevole e non autoritario, severo e libertario al tempo stesso, autonomo e diplomatico verso tutti i paesi del mondo. Serve un Presidente della Repubblica che conosca bene la carta costituzionale e la realtà sociale. Serve un Presidente della Repubblica che, nei limiti delle sue possibilità e prerogative, da un lato sappia criticare i passati decenni di “tolleranza zero” e di neoliberismo e dall’altro contribuisca a ridurre lo Stato penale e a far nascere nuovi investimenti pubblici nelle infrastrutture, nei settori ad alta tecnologia, nella tutela del turismo e del patrimonio artistico e ambientale, nell’assistenza sociale e sanitaria, nella scuola ad ogni livello, nella formazione professionale e nella ricerca scientifica. Serve un Presidente della Repubblica che, dopo gli squilibri provocati da Tangentopoli e dall’ormai defunta Seconda Repubblica, rimetta in un certo equilibrio il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario dello Stato e, al tempo stesso, sia in grado di garantire la diretta elaborazione sociale - dal “basso” - di leggi anti oppressive e di difesa dei poteri-qualità di ognuno. Serve un Presidente della Repubblica che, di fronte alla catastrofica situazione delle sovraffollate carceri italiane, ispezioni all’improvviso i luoghi in cui le persone vengono detenute e giudicate per capire meglio a che punto sia arrivato il gigantismo dello Stato penale, delle leggi di “sicurezza” arcaiche, dei “fine pena mai” e delle forme discrezionali e consuetudinarie della giustizia che non rispettano i valori fondamentali della Costituzione e, in primis, l’articolo 27 della stessa carta costituzionale. Serve un Presidente della Repubblica che sappia svolgere la funzione di Garante dei diritti di ognuno. In questo senso Stefano Rodotà è il candidato ideale per la maggioranza dei cittadini, compresi quelli che si trovano nelle carceri italiane.

lunedì 8 aprile 2013

MARATONE

Con Ezekiel Kemboi, campione olimipico dei 3000 siepi a Londra prima della partenza dell'Amatrice-Configno 2012. Tra l'altro
gara pessima dopo il primo km a 2,58. Pensa che scemo.

Tronfio all'arrivo della Maratona di Milano 2013. Non mi accorgo cosa accade alle mie spalle. Un'atleta si sente male.

Prima della pioggia