sabato 15 febbraio 2014

KINDERSURPRISE

Non voglio sembrare inopportuno con questa foto. Si richiama, certo, al povero Magnus, la giraffa di Copenhagen seviziata per motivi che non capisco e data in pasto ai leoni, ma è l'essensa di quanto ci attende. Il Wunderkind della politica italiana, ovvero, del PD (che se lo sono votato loro) è in realtà un Kindersuprise. Non sappiamo nulla di lui, se non che viene dall'ambiente democristiano e prima ancora delle TV di Berlusconi. Che l'uomo sia intelligente non ci sono dubbi, ma questo paese ne è pieno e non a tutti è dato di trovare un signor lavoro come il suo a 39 anni (riuscì prima di lui solo a Benito, ma erano altri tempi e il futuro Duce ne aveva fatta di gavetta). Ma proprio perché è intelligente e sa come muoversi, è in debito con chi lo ha portato in alto. Ci farà la riforma del lavoro, poi della costituzione, quindi, infine, una legge elettorale taglia partiti. Un programma neoliberale alla Teacher, la destra moderna italiana che preparerà altri sacrifici, da pagare insieme. Siamo messi male. Ho tanto il sospetto che la fine della giraffa la faremo noi. 

Un rapido viaggio nella capitale dei nostri possedimenti nell'Egeo







Noi siamo nella ex Casa di Dante

domenica 9 febbraio 2014

Земфира-Жить в твоей голове

Bruce Springsteen - I Want You - 02/05/75 Main Point

LA STORIA CHE TORNA INDIETRO



(o magari va avanti). 

Il 10 febbraio 1945, a soli 36 anni, moriva a Dachau Giovanni Palatucci, riconosciuto Giusto tra le nazioni nel 1990 da Israele, ex questore reggente della polizia di Fiume quando la zona entrò a far parte della Zona d'operazioni tedesche  del Litorale adriatico o OZAK (acronimo di Operationszone Adriatisches Küstenland), che comprendeva le provincie italiane di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Liubiana. Secondo quella che sembrava una storia consolidata, Palatucci avrebbe cominciato a salvare già nel 1939 centinaia di profughi ebrei europei in fuga dall'Europa Centrale, che a Fiume cercavano di imbarcarsi, in molti casi per la Palestina. In diverse occasioni, in tempi più recenti, è stata messa in discussione tutta la sua opera di salvataggio, fino a quando nel 2013 le ricerche del Centro Primo Levi di New York hanno dimostrato la mancanza di sostegno documentale alla sua attività. 
Queste ricerche, condotte da un gruppo di storici americani, italiani e croati coordinati dal Centro, hanno riaperto il caso, provocando un ampio dibattito sui giornali italiani e, in particolare, sul Corriere della Sera e Avvenire, trovatisi su posizioni opposte. Alcuni errori concettuali sono stati compiuti dal Centro Primo Levi, come insistere sulla conta degli ebrei fiumiani, mai superiori ai mille quando a Palatucci si sono attribuite più di 5000 vite salvate, senza tenere in conto proprio il fatto che Fiume era un porto attraverso il quale passarono migliaia di ebrei in quegli anni. Ebrei difficilmente "contabilizzabili". Debole appare anche una biografia dello stesso Palatucci scritta da uno degli storici di riferimento del Centro, che contiene parecchi errori fattuali. Ciò detto, il merito è stato indubbiamente quello di mettere a confronto la vulgata con la ricerca di archivio (e il numero degli archivi consultati dall'equipe è stato davvero alto), una ricerca coraggiosa, controcorrente e portata avanti con metodo. 
Oggi su Wikipedia la biografia di Palatucci, dal 1995 anche medaglia d'oro al merito civile (sebbene fosse un militare nel 1945, mah!), riporta la dicitura "senza fonte" accanto a ogni accenno a imprese umanitarie. E afferma: 


Stando alla ricerca del Centro Primo Levi, in base all'esame di circa 700 documenti finora inediti, Palatucci andrebbe descritto come uno zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume, nel suo incarico di responsabile dell'applicazione delle leggi razziali fasciste. La sua deportazione e morte a Dachau sarebbe stata dovuta non al suo aiuto agli ebrei, ma all'aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l'indipendenza di Fiume

Come si può vedere, si tratta di una storia ancora da scrivere o da riscrivere, dai molteplici risvolti e di grande possibile interesse anche per un pubblico giovane che abbia voglia di capire i meccanismi della ricerca, dell'affermazione e diffusione di leggende metropolitane, della loro (se è questo il caso), istituzionalizzazione, anche a livelli altissimi. In altre parole, appare non secondario ricostruire la disputa nel suo complesso, metterne in evidenza i le contraddizioni e i le ambiguità, i punti fermi e quelli meno dimostrabili. Da ambo le parti.    


Per quanto riguarda la documentazione del Centro Primo Levi di New York, oltre al sito del Centro segnalo questa intervista (e relativi commenti, non meno interessanti) di Laura Brazzo alla  presidente, Natalia Indrimi.