martedì 10 marzo 2015

I DISTRUTTORI DELLA STORIA









Un bellissimo articolo di Francesco Piccioni sul caso Moro. Da

Leggendo le cronache avventurose - sul piano mentale - della nuova commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro di Aldo Moro, ad un certo punto mi è passata davanti l'immagine dell'Isis che distruggeva i resti della civiltà assira. Che c'entrano dei benestanti e benpensanti parlamentari con dei tagliagole che distruggono il passato per affermare il loro eterno presente (secondo loro) dettato da un dio?
La forma mentis, direi.
Il format mediatico intitolato "i misteri del caso Moro" ha quasi 40 anni, assicura a tutti gli interpreti qualche minuto di successo, un portafoglio gonfio, a volte persino una poltrona da parlamentare. Fin qui tutto bene, è la banalità dell'imbrancarsi in un gregge guidato da pastori con mano ferma.
Il problema è che per alimentare la misteriologia bisogna far strage di prove, equiparandole ai sospetti, alle domande, alle idiozie, mescolando il tutto in un calderone bollente e più volte centrifugato, al punto che nulla conta più nulla. Tranne la volontà del cuoco, che accende il fuoco quando vuole e indica agli attoniti spettatori questo o quel componente che viene portato in superficie dal suo mestolo e poi rapidamente scompare nella sbobba. Siamo al masterchef della Storia, in cui è sempre ammesso un nuovo pirla che porta un nuovo componente o - sempre più spesso, visto quanto tempo è passato - semplicemente un pezzo già usato e dimenticato. Ribollito. Che so, "la moto Honda"...
L'audizione dell'ex viceparroco di Santa Lucia, amico di Moro, ora arcivescovo in Gran Bretagna è stata un capolavoro di dimostrazione di quanto vado dicendo. Presentata - immancabilmente - come l'evento che avrebbe "permesso di fare chiarezza su uno dei punti più oscuri della vicenda", si è aperta con il placido prete costretto a premettere che era l'ottava volta che veniva chiamato a deporre sulla stessa cosa. La seconda, davanti a una commissione parlamentare. Non proprio una "prima"...
Nella vicenda storica il suo ruolo era stato decisamente minore: allora giovane prete, era stato destinatario di alcune lettere scritte da Moro, perché le girasse alla famiglia. Non serve essere degli esperti in sequestri di personaggi di spicco per sapere che in questi casi la famiglia è sottoposta a controlli stringenti, "blindata" da uomini armati che filtrano ogni spillo in entrata o in uscita dall'abitazione. Un giovane prete senza alcun potere, un collega di università (come il prof. Tritto) o altri personaggi simili diventano una buona "intermediazione" per mandare lettere. Non c'erano i social network, allora; e presumibilmente nessun brigatista li avrebbe usati visto che sono "tracciati" in ogni passaggio.
Su di lui era stato sparso uno dei tanti "misteri" della dietrologia, addirittura per bocca di Francesco Cossiga. Che aveva ipotizzato - non saprei dire se a mo' di battuta mal riuscita o soprassalti di rimorso per piste non seguite - che quel giovane prete fosse stato a sua volta sequestrato per un giorno, portato nella prigione di Moro e lì avesse impartito l'estrema unzione. Sette interrogatori o audizioni non erano bastate a convincere nessun dietrologo che lui, in via Montalcini, non c'era stato. Ed anche ieri, al termine dell'ottava audizione ha commentato tristemente "non penso di aver convinto nessuno".
Lo si può capire. Qualsiasi protagonista di quella vicenda - i brigatisti, Cossiga, l'archivista della stessa commissione stragi, storici, poliziotti e magistrati, ecc - abbia provato a mettere la parola fine su uno qualsiasi dei misteri è stato rapidamente derubricato a "opinione" fra le tante, probabilmente falsificata ad arte, comunque irrilevante. Finendo rapidamente tra i tanti componenti della sbobba che ogni tanto riprende a bollire.
Leggiamo come ricorda don Mennini quei giorni:
Ci venne indicato un sacerdote dei pallottini con presunte doti di sensitivo: fu lui ad indicare su una mappa un punto dell'Aurelia. Ne parlai con il professor Tritto (assistente di Moro, ndr) e lui disse che era importante, che dovevamo dirlo al ministro e ottenne un appuntamento. Fummo ricevuti al Viminale dove ci tennero a bagnomaria per 3 o 4 ore, ogni tanto Cossiga entrava e chiedeva a Tritto se era possibile avere qualche indumento di Moro, qualche scritto, ipotizzando pure il coinvolgimento del sensitivo consultato nel caso dell'omicidio di Milena Sutter". Era un clima "poco esaltante", "ogni tanto veniva il capo di gabinetto che parlava di una fila di persone importanti che chiedevano biglietti omaggio per lo spettacolo pasquale dell'Opera. A me fu rimproverato di non aver informato la polizia del contatto telefonico con le Br, ma non volevo rischiare di bloccarlo, volevo solo essere utile a una persona alla quale volevo bene e fare nel mio piccolo tutto quello che potevo. E poi, quello che ho visto quel giorno al Viminale mi era bastato..  Tornato a casa, parlando con i miei dissi 'se le cose funzionano così, Moro può salvarlo solo la Madonna o la Provvidenza'".
Cioè nessuno. La dietrologia si regge sull'idea che la Storia sia governata da una Spectreonnipotente e onnisciente, che ordisce complotti e sa come intervenire ogni volta che si rischia siano scoperti. La Spectre è insomma un dio oscuro, contro cui il "vero fedele" può soltanto esercitare il rifiuto di tutto ciò che sfugge all'idea di "mondo regolato" che deriva dalla parola del "vero dio". L'Isis della dietrologia è questa bestia qui, che distrugge tutto - passato, prove, credibilità, ecc - per affermare soltanto la sua esistenza e pretesa di dominio. Anche Moro subì, ancor vivo e prigioniero, lo stesso trattamento: le lettere che scriveva non erano "moralmente ascrivibili" a lui. Tanto da dichiararlo "pazzo" quando, obliquamente e moderatamente, scriveva parole non concilianti con qualche notabile del suo stesso partito iscritto al nuovo e infame "partito della fermezza".
Il partito della dietrologia è una filiazione diretta del "partito della fermezza". E' stato messo in piedi dagli stessi uomini, dagli stessi partiti. Vomita merda da quasi 40 anni e ha avvelenato i pozzi a cui si abbeverano i cervelli. Non c'è più - o quasi - un giornalista capace di distinguere una bufala clamorosa da un'ipotesi allettante; e in ogni caso una prova è per loro irriconoscibile. Non esiste, non può esistere un punto fermo, una verifica definitiva - da laboratorio - di quel che è falso e di quel che è vero. Non ci sono testimonianze, né carte, né riscontri che possano mettere in crisi il "mistero". Non c'è perché non ci deve essere, finirebbe il gioco...
Guardiamo ancora dall'audizione di ieri. Grande sorpresa - sia tra i parlamentari della commissione che tra i giornalisti mandati a seguire l'audizione - quando don Mennini ha ricordato che il papa, l'allora Paolo VI, aveva fatto preparare 10 miliardi di lire per un eventuale riscatto in denaro. Una "rivelazione"? Ma se il rifiuto del riscatto compare addirittura in uno dei nove volantini delle Br emessi durante il sequestro... Era ipotesi avanzata su tutti i giornali di quelle settimane, oggetto di "dibattito" tra esperti, politici, giornalisti, specie dopo la richiesta ufficiale di scambiare Moro con 13 prigionieri politici.
Tutto cancellato, tutto dimenticato. Solo il "mistero" ha diritto ad esistere, picconando reperti, statue, storie, prove... Continuerà così in eterno, fin quando qualche bastardo vi troverà un guadagno.

lunedì 9 marzo 2015

IRRESPONSABILI 2

Come anticipato ieri, l'audizione di Don Mennini, anzi, del Nunzio Mennini, non ha spostato di una virgola quanto già non si sapesse sulla vicenda Moro.


ROMA - "Non sono mai stato nella prigione delle Brigate rosse per confessare Aldo Moro". Monsignor Antonello Mennini, nunzio apostolico in Gran Bretagna, chiude uno degli ultimi misteri legati al caso Moro. Parlando davanti alla commissione d'inchiesta, Mennini ha smentito la circostanza di un suo incontro con lo statista nel covo di via Montalcini, di cui aveva parlato Francesco Cossiga: "Purtroppo - ha detto monsignor Mennini - non ne ho avuto la possibilità, ma nella coscienza dei miei doveri sacerdotali ne sarei stato molto contento".

Nel corso dell'audizione davanti alla commissione parlamentare, monsignor Mennini ha confermato che nei giorni del rapimento fece avere alla famiglia Moro alcune lettere dello statista recapitategli dalle Br. "In ogni caso - ha fatto notare - , se avessi avuto un'opportunità del genere credete che sarei stato così imbelle, che sarei andato lì dove tenevano prigioniero Moro senza tentare di fare niente? Sicuramente mi sarei offerto di prendere il suo posto, anche se non contavo nulla , avrei tentato di intavolare un discorso, come minimo di ricordare il tragitto fatto. E poi, diciamo la verità di che cosa doveva confessarsi quel povero uomo?".

Il nunzio apostolico - che in apertura di audizione aveva tenuto a sottolineare di essere stato già ascoltato sulla vicenda in sede parlamentare e giudiziaria per ben sette volte - ha confermato che "di un'eventuale confessione non avrei potuto dire nulla, né sui contenuti né sulle circostanze temporali e logistiche, ma non avrei difficoltà alcuna ad ammettere di essere andato nel covo delle Br. E' che non ci sono mai stato".

domenica 8 marzo 2015

ORESTE SCALZONE SU SALVINI

Una pagina su Salvini del nostro compagno Oreste Scalzone



Mi dispiace, scrivo di getto, cosa che di solito evito, per scrupolo di rigore nell'espressione. Ma non si può sempre essere bloccati dallo scrupolo di rigore, diciamo, teorico o di responsabilità rispetto ai più giovani...
C'è in corso sul secondo canale la Trasmissione Virus. Ecco : SALVINI e il conduttore PORRO che subdolamente lo sobilla, mi danno un colpo di sangue agli occhi, furore e voglia di andar lì e sfasciare tutto.
Dopo anni e anni passati da me e, francamente, troppo pochi altri, ad avere il torcibudello e voglia di strapparsi i capelli rispetto al ''razzismo morale'' dei girotondisti varî, all'effetto di diversione e di appannamento di ogni possibilità di critica radicale, di azione collettiva indipendente, di rivolta contro, non già degli epifenomeni, delle ''parti per il tutto'', delle ''deviazioni'' che invece sono regola (insomma, 'l'albero che nasconde la foresta'..., i "politically correct" come distruzione pratica di ogni capacità di "pensare il mondo dal punto di vista della sua radicale trasformabilità", che ti fanno pensare ad ogni dieci parole "But it'scapitalism, Darling!", 'ma è la logica dell'economia, è lo Stato, sono le regole, le forme sistemiche, la legalità & tutto quel che segue che spiegano quello che attribuite a questo e quell, al più, corollario...), pur continuando a pensare queste cose, trovo che c'è nelle cose e nell'aria uno strappo, un qualcosa di fosco, inquietante in corso.
Sentire come Salvini, sobillato dal conduttore col suo sorriso infame, arriva a parlare dello "jus soli", dei bambini Rom, 'extracomunitarî' &tcetera, fa pensare che vale la pena di mettere a rischio tutto, quello che resta della propria vita, pur di fermare questo orrore peraltro déjà vu!
Certo, non mi viene in mente che, "essendoci Annibale alle porte", valga la pena di intrupparsi in blocchi e fronti del "meno peggio". Perché "meno peggio", sul piano istituzionale, della società "civilizzata", non c'è. La stessa autodecretata intellighentzsija levigata, "bo-bo", dimolto eccelsa, che è ancora maggioritaria nei mass-media 'main stream', sta abiettamente costruendo l'effetto-Salvini. Addirittura, spariti Grillo e Bergoglio (che certo, l'uno e l'altro non sono "la mia tazza di the"...) a favore di un'orgia di Salvini, Meloni &tcetera. Che siano coglioni, miopi, "troppo furbi" che fanno gli apprendisti stregoni, non mi consola. Già non mi appartiene quella che, con espressione che perfettamente rende l'idea, in tedesco si chiama "Schaden-freunde" (e pazienza se sbaglio le majuscole e altro) : che vuol dire "gioia della malignità", espressione più forte che quella di "giubilazione del negativo", e che designa il fiele delle "passioni tristi", risentimento, rancore, fino all'autodistruzione eventuale... Inoltre, so bene che prima che eventualmente dovessero arrivare a pagare loro, questi "professionisti del benpensantismo dorato", figurarsi quanto avrebbero già pisciato sangue i proletari, uomini, donne....
Dico solo che siamo arrivati alla costruzione sistematica, subdola e sfrontata assieme, di un personaggio che non esito a definire (e mi rincresce se il termine è stato usurato, inflazionato da riti pluridecennali), un calco grottesco sinistro di 'principî attivi'' già visti. Salvini oggi, e il suo aeropago, sono una banda di cripto-nazistoidi nelle cui braccia la società politica spinge genti che si industria a ridurre a teppa, servo/padronale e maramalda. Se "la storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa", questo non vuol dire che la farsa non possa unire al grottesco il sinistro, rimbalzando in basso...
Quando si parla in quei termini di bambini, questo è cartina di tornasole che inequivocabilmente evidenzia il misto orrendo di essenzialismo e colpevolismo che è inequivocabilmente nazista e capace di tutto, di tutto il peggio.

GLI IRRESPONSABILI

La Commissione Parlamentare di Inchiesta sul "caso Moro" è composta da persone incompetenti e largamente irresponsabili. Irresponsabili, perché hanno formato questo organo con lo scopo preciso di continuare a inquinare la vicenda con titoli in prima pagina (fatti da giornali altrettanto irresponsabili) e ipotesi già verificate in passato dagli studiosi, oltreché dagli organi inquirenti. 

L'ultima balla riguarda don Mennini, il Nunzio Apostolico (ambasciatore) del Vaticano a Londra, all'epoca del rapimento parroco della chiesa dove Moro andava al mattino a pregare prima dei suoi impegni istituzionali.

Come segnalato da Paolo Persichetti, uno studioso che sta facendo un lavoro eccellente sulle fonti e ricostruisce con estremo rigore le amnesie della politica, in realtà don Mennini è stato già ascoltato "almeno 7 volte". 

Dalla fonte scoperta da Paolo (http://www.aleteia.org/it/politica/articolo/la-verita-sul-caso-moro-5226074065600512), il brano che informa della nuova sciocchezza detta da Commissari e giornalisti in questi giorni. 

(AGI) - CdV, 7 mar. - Alla vigilia dell'audizione dell'arcivescovo Antonio Mennini alla Commissisone parlamentare, il sito cattolico Aleteia ha ricostruito che l'attuale nunzio apostolico in Gran Bretagna, che all'epoca dei fatti era viceparroco a Roma e frequentava il presidente della Dc, fu sentito tra procure, corti d'assise e commissioni parlamentari almeno 7 volte. Il 2 giugno del 1978 Mennini fu sentito dalla Procura della Repubblica di Roma e il 12 gennaio 1979 il Tribunale di Roma lo esamino' in merito a "confessione di Moro". Nel febbraio del 1979 il sostituto procuratore di Roma, Domenico Sica, volle nuovamente ascoltarlo dopo la pubblicazione nel gennaio di quell'anno di un articolo sul Corriere della Sera a firma del giornalista Antonio Padellaro sempre in merito alla presunta confessione avvenuta nella prigione della BR, Padellaro, ex alunno del Massimo come Mennini, aveva chiesto al vice parroco di Santa Lucia se davvero si fosse recato da Moro e questi aveva risposto: "Magari avessi potuto farlo! Purtroppo non mi e' stata data la possibilita' di offrire consolazione a una persona che mi onorava di affetto e amicizia". Il 22 ottobre del 1980 Mennini testimonio' davanti alla Commissione d'inchiesta su via Fani.
  Il 21 settembre 1982 fu convocato, ma non ascoltato, davanti alla Corte di Assise di Roma dove si svolgevano i procedimenti riunificati Moro uno e Moro bis con la presidenza del giudice Severino Santiapichi. Di lui, pero', aveva parlato davanti alla stessa Corte nell'udienza del 19 luglio la vedova di Aldo Moro, la signora Eleonora Chiavarelli. Al presidente Santiapichi il 28 settembre Mennini invio' una lettera informando che stava ripartendo per il servizio diplomatico in Uganda ma restava a disposizione. Il servizio diplomatico (consigliere di nunziatura in Uganda e Turchia, nel 2000 nunzio apostolico in Bulgaria, dal 2002 presso la Federazione Russa e successivamente anche in Uzbekistan, quindi dal 2010 nel Regno Unito) non impedi' a Mennini di tornare davanti dalla Procura di Roma che indagava per il Moro ter nel settembre del 1986 e davanti alla Corte d'Assise per il Moro-quater, di nuovo con il presidente Santiapichi, nel 1993. "Forse - sottolinea Aleteia - e' per questo motivo che Mennini richiesto di una nuova audizione dalla seconda Commissione Moro, la 'Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi', istituita nel 1988, invio' una lettera al presidente Giovanni Pellegrino per chiedere, rispettosamente come si legge, alla Commissione di fare riferimento alle precedenti deposizioni rese alle autorita' sia parlamentari che giudiziarie che confermava e rispetto alle quali non aveva nulla da aggiungere.
  In ogni caso, non trincerandosi dietro lo status di cittadino del Vaticano e il ruolo ivi ricoperto come e' stato spesso riportato". Secondo Francesco Cossiga, nel 1978 ministro dell'Interno, Don Mennini entro' nel covo Br e lo confesso' durante i 55 giorni. "Ho sempre creduto - affermo' Cossiga- che don Antonello, allora suo confessore, abbia incontrato Moro prigioniero delle Br per raccogliere la sua confessione prima dell'esecuzione dopo la condanna a morte. Come ministro dell'Interno allora mi sentii giocato. Mennini ci scappo'.
  Seguendolo avremmo potuto trovare Moro. Ma ancora oggi il Vaticano e' riuscito a fare in modo che Mennini non potesse essere interrogato mai da polizia e carabinieri. Avevamo messo sotto controllo telefonico e sotto pedinamento tutta la famiglia e tutti i collaboratori. Ci scappo' don Mennini. Io credo che le Br gli abbiano permesso di recarsi nel covo per incontrare e confessare Moro. Almeno lo spero. Anche se Moro non ne aveva certo bisogno". In realta' il telefono di don Mennini, come risulta da un rapporto della Digos agli atti del processo Moro, era gia' sotto controllo il 22 aprile 1978, cioe' il giorno dopo aver consegnato alcune lettere fattegli recapitare da Moroe precedute da due telefonate del sedicente professor Nicolai, alias il brigatista Valerio Morucci: una il 20 aprile e una, di controllo, la mattina del 21 aprile. In questi anni monsignor Mennini ha mantenuto il riserbo sulla vicenda che lo ha coinvolto: "Sono sempre stato molto discreto - ha confermato al Corriere della Sera il 27 dicembre 2010 - quanto al rapporto che avevo con l'onorevole Moro. In tante vicende, vuoi in Italia che altrove, la curiosita' della gente, non di rado alimentata dai media, e' spesso spinta in una ricerca quasi ossessiva di segreti, misteri non chiariti, fatti taciuti, per cui non ci si contenta mai di stare alla realta' dei fatti verificati e storicamente provati. Va quasi da se' che la tragica scomparsa dell'onorevole Moro, cui possiamo associare tante altre persone vittime innocenti della barbarie del terrorismo, resta una ferita ancora aperta: soprattutto, credo, nel cuore dei suoi famigliari, di quanti gli erano piu' vicini e lo hanno sinceramente amato, come pure di coloro che si sono trovati a dover compiere delle scelte terribili".