La Commissione Parlamentare di Inchiesta sul "caso Moro" è composta da persone incompetenti e largamente irresponsabili. Irresponsabili, perché hanno formato questo organo con lo scopo preciso di continuare a inquinare la vicenda con titoli in prima pagina (fatti da giornali altrettanto irresponsabili) e ipotesi già verificate in passato dagli studiosi, oltreché dagli organi inquirenti.
L'ultima balla riguarda don Mennini, il Nunzio Apostolico (ambasciatore) del Vaticano a Londra, all'epoca del rapimento parroco della chiesa dove Moro andava al mattino a pregare prima dei suoi impegni istituzionali.
Come segnalato da Paolo Persichetti, uno studioso che sta facendo un lavoro eccellente sulle fonti e ricostruisce con estremo rigore le amnesie della politica, in realtà don Mennini è stato già ascoltato "almeno 7 volte".
Dalla fonte scoperta da Paolo (http://www.aleteia.org/it/politica/articolo/la-verita-sul-caso-moro-5226074065600512), il brano che informa della nuova sciocchezza detta da Commissari e giornalisti in questi giorni.
(AGI) - CdV, 7 mar. - Alla vigilia dell'audizione dell'arcivescovo Antonio Mennini alla Commissisone parlamentare, il sito cattolico Aleteia ha ricostruito che l'attuale nunzio apostolico in Gran Bretagna, che all'epoca dei fatti era viceparroco a Roma e frequentava il presidente della Dc, fu sentito tra procure, corti d'assise e commissioni parlamentari almeno 7 volte. Il 2 giugno del 1978 Mennini fu sentito dalla Procura della Repubblica di Roma e il 12 gennaio 1979 il Tribunale di Roma lo esamino' in merito a "confessione di Moro". Nel febbraio del 1979 il sostituto procuratore di Roma, Domenico Sica, volle nuovamente ascoltarlo dopo la pubblicazione nel gennaio di quell'anno di un articolo sul Corriere della Sera a firma del giornalista Antonio Padellaro sempre in merito alla presunta confessione avvenuta nella prigione della BR, Padellaro, ex alunno del Massimo come Mennini, aveva chiesto al vice parroco di Santa Lucia se davvero si fosse recato da Moro e questi aveva risposto: "Magari avessi potuto farlo! Purtroppo non mi e' stata data la possibilita' di offrire consolazione a una persona che mi onorava di affetto e amicizia". Il 22 ottobre del 1980 Mennini testimonio' davanti alla Commissione d'inchiesta su via Fani.
Il 21 settembre 1982 fu convocato, ma non ascoltato, davanti alla Corte di Assise di Roma dove si svolgevano i procedimenti riunificati Moro uno e Moro bis con la presidenza del giudice Severino Santiapichi. Di lui, pero', aveva parlato davanti alla stessa Corte nell'udienza del 19 luglio la vedova di Aldo Moro, la signora Eleonora Chiavarelli. Al presidente Santiapichi il 28 settembre Mennini invio' una lettera informando che stava ripartendo per il servizio diplomatico in Uganda ma restava a disposizione. Il servizio diplomatico (consigliere di nunziatura in Uganda e Turchia, nel 2000 nunzio apostolico in Bulgaria, dal 2002 presso la Federazione Russa e successivamente anche in Uzbekistan, quindi dal 2010 nel Regno Unito) non impedi' a Mennini di tornare davanti dalla Procura di Roma che indagava per il Moro ter nel settembre del 1986 e davanti alla Corte d'Assise per il Moro-quater, di nuovo con il presidente Santiapichi, nel 1993. "Forse - sottolinea Aleteia - e' per questo motivo che Mennini richiesto di una nuova audizione dalla seconda Commissione Moro, la 'Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi', istituita nel 1988, invio' una lettera al presidente Giovanni Pellegrino per chiedere, rispettosamente come si legge, alla Commissione di fare riferimento alle precedenti deposizioni rese alle autorita' sia parlamentari che giudiziarie che confermava e rispetto alle quali non aveva nulla da aggiungere.
In ogni caso, non trincerandosi dietro lo status di cittadino del Vaticano e il ruolo ivi ricoperto come e' stato spesso riportato". Secondo Francesco Cossiga, nel 1978 ministro dell'Interno, Don Mennini entro' nel covo Br e lo confesso' durante i 55 giorni. "Ho sempre creduto - affermo' Cossiga- che don Antonello, allora suo confessore, abbia incontrato Moro prigioniero delle Br per raccogliere la sua confessione prima dell'esecuzione dopo la condanna a morte. Come ministro dell'Interno allora mi sentii giocato. Mennini ci scappo'.
Seguendolo avremmo potuto trovare Moro. Ma ancora oggi il Vaticano e' riuscito a fare in modo che Mennini non potesse essere interrogato mai da polizia e carabinieri. Avevamo messo sotto controllo telefonico e sotto pedinamento tutta la famiglia e tutti i collaboratori. Ci scappo' don Mennini. Io credo che le Br gli abbiano permesso di recarsi nel covo per incontrare e confessare Moro. Almeno lo spero. Anche se Moro non ne aveva certo bisogno". In realta' il telefono di don Mennini, come risulta da un rapporto della Digos agli atti del processo Moro, era gia' sotto controllo il 22 aprile 1978, cioe' il giorno dopo aver consegnato alcune lettere fattegli recapitare da Moroe precedute da due telefonate del sedicente professor Nicolai, alias il brigatista Valerio Morucci: una il 20 aprile e una, di controllo, la mattina del 21 aprile. In questi anni monsignor Mennini ha mantenuto il riserbo sulla vicenda che lo ha coinvolto: "Sono sempre stato molto discreto - ha confermato al Corriere della Sera il 27 dicembre 2010 - quanto al rapporto che avevo con l'onorevole Moro. In tante vicende, vuoi in Italia che altrove, la curiosita' della gente, non di rado alimentata dai media, e' spesso spinta in una ricerca quasi ossessiva di segreti, misteri non chiariti, fatti taciuti, per cui non ci si contenta mai di stare alla realta' dei fatti verificati e storicamente provati. Va quasi da se' che la tragica scomparsa dell'onorevole Moro, cui possiamo associare tante altre persone vittime innocenti della barbarie del terrorismo, resta una ferita ancora aperta: soprattutto, credo, nel cuore dei suoi famigliari, di quanti gli erano piu' vicini e lo hanno sinceramente amato, come pure di coloro che si sono trovati a dover compiere delle scelte terribili".
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