mercoledì 9 novembre 2011

Le due Europe

Le reazioni al referendum greco, le dimissioni di Papandreou, la democrazia sempre più impotente
LE DUE EUROPE

di Stefano Carluccio

Persino nel cuore dell’Impero, nella stampa di lingua sassone del IV Reich (come chiamano gli americani l’Europa “germanizzata”, poichè quella “carolingia” franco-tedesca è ormai superata dai fatti  - come ha ben esemplificato Romano Prodi (“Ma quale direttorio! Lei detta le regole e lui fa la conferenza stampa”, alludendo al duo Merkozy) - persino in Germania e in Austria c’è fermento per la sottomissione alle tecnostrutture finanziarie globali della piccola politica dell’Unione.
La questione è posta con brutale chiarezza: siamo di fronte a “Due Europe”, quella dei mercati e quella di popoli, ed ad uno bivio tra le due prospettive.
Chi ha avuto il merito di mettere a fuoco sotto gli occhi del mondo la natura della crisi dell’Euro nella speculazione contro il debito sovrano dell’Unione (e dei suoi membri) è stato il primo ministro Papandreu con la minaccia del referendum, non sulla moneta unica, ma sulla questione di sovranità in assenza di un passo conclusivo verso l’integrazione economica e politica.
Questione aggirata in nome dell’emergenza, quasi fosse impazzito.
Scrive l’austriaca Die Press che le “reazioni alla proposta di referendum dimostrano che in Europa si è ormai affermato un pensiero unico che non tollera obiezioni, ma l’ortodossia finisce sempre per accecare le menti”. E si domanda: “Cosa ci vogliono dire i commentatori dell’ Europa unita (che il giornale austriaco mette sul piano di una casta sacerdotale, investita da non si sa quale potere superiore) che un rifiuto del piano di Bruxelles da parte dei greci avrebbe avuto ‘conseguenze imprevedibili’? Insinuano forse che le conseguenze delle ‘misure’ decise finora erano prevedibili? Gli avvenimenti dell’anno scorso ce ne hanno fornito qualche prova?”.
Quindi l’affondo: “Perchè i cittadini europei non avrebbero il diritto di pronunciarsi su un progetto che riduce in modo considerevole la sovranità del loro Paese? Forse è colpa loro se non capiscono che succede oppure è di chi non glielo ha spiegato chiaramente? E le mancate spiegazioni di questi ultimi non sono forse dovute al fatto che anche loro non capiscono quello che succede?”.
Senza dogma non vi sarebbe eresia “e senza eretici l’Europa - ne è convinta Die Press - non potrà essere salvata. In realtà chi contesta il diktat attuale difende l’Europa”.
Si mormora in giro, sempre più spesso, che l’Euro sia stato un errore e che sia una disgrazia esserci finiti dentro. E’ un luogo comune forse maggioritario nel sentiment di tutti i ceti, soprattutto negli ex ceti medi o in via di diventarlo (l’asticella del reddito sale di mese in mese). E’ una reazione giustificata, ma sbagliata. 
Giustificata perchè l’Euro non era il fine del Trattato di Maastricht, ma un mezzo: il fine era il“Mercato Unico con un’Unica Moneta”, come titola lo stesso Trattato. Ma senza Mercato unico c’è solo la politica monetaria. E questa è l’unico criterio di economia pubblica europea vigente nell’Unione. Di qui la crisi della prospettiva unitaria, della crescita economica e della moneta.
Sbagliata, perchè, L’Euro deve essere rimesso al suo posto come strumentale a una più ampia visione di Unità europea: porre fine a secoli di conflitti e al sorgere di totalitarismi, come vollero a Maastricht Khol e Mitterrand, Craxi, Thatcher, Gonzales, Soares, ecc.
L’Euro è dunque un campo di battaglia in cui si combatte per “Due Europe” e che i democratici non abbandonano, per affermare la loro visione di Europa.
Lo spiega molto puntualmente il più importante quotidiano tedesco la FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung) in un editoriale di Frank Schirrmacher ( sollecitiamo a leggere con attenzione l’articolo qui sotto) che chiarisce i termini dello scontro in corso (vedi testo originale in tedesco).
Essendo quello tedesco un popolo da decenni democratico, a tutela della sua stessa libertà la FAZ scrive fuori dai denti e pone questioni molto pesanti (forse ricordando Weimar), ma illuminanti su ciò che si muove dietro le quinte della crisi: “Sui mercati finanziari alcuni protagonisti analizzano senza scomporsi la storia di questa crisi annunciata. Una voce che circolerebbe - riferisce la FAZ - negli ambienti della finanza sostiene: sarebbe bello se una giunta militare prendesse il potere in Greciaperchè nessuna giunta militare potrebbe essere accettata nella UE”. Quindi prosegue: “C’è chi come Forbes, che non è certo una voce ininfluente nel mondo della finanza, si spinge addirittura oltre: ‘La cosa più triste della battuta - riferisce -  è che se ignoriamo il fatto che si tratterebbe di una dittatura militare, sarebbe in realtà una buna soluzione per il Paese”.
Chiaro? Se non lo fosse, il quotidiano di Francoforte si fa più esplicito: “Ormai è sempre più evidente che la crisi che sta stritolando l’Europa non è una difficoltà passeggera, ma l’espressione di una lotta per la supremazia tra il potere economico e quello politico”.
Sui giornali italiani nemmeno un cenno, nè all’editoriale (clamoroso per la testata e il Paese da cui proviene), nè al tema. Mille anni luce distanti. Non solo provinciali, non solo irresponsabili, come si dice. No, peggio: servili. Capita anche ai migliori, come - lo citiamo a mo’ di un esempio tra i tanti perchè mediamente più illustre -  in un recente editoriale sul Corriere della Sera,  nel quale si giunge a sostenere che: ogni democrazia, persino quella greca, può liberamente mandare a quel paese anche l'euro, purché ne accetti le conseguenze. I cosiddetti mercati non impongono nulla”.
Questo  è il “culturalmente corretto” in voga. Ma la ragione ha un suo rigore: il dirigismo finanziario che si asserisce nell’articolo, si basa su una presupposta e indimostrata “neutralità” dei fatti economici, quasi questi non fossero il risultato di libere volontà, di scelte più o meno etiche. Quasi i “mercati” non avessero un nome, cognome, via e numero di telefono. La venatura dirigista di molti intellettuali italiani si è spostata, dopo la fine del comunismo, in quella che si specchia come falsa coscienza “liberale” perchè si applica alla finanza. Fatto sta che lo “storicismo finanziario” finora non l’aveva inventato ancora nessuno.  Ma è una sciocchezza che sta diventando un “fatto” nell’opinione pubblica, la  disorienta in una crisi che non si vuol dire come sconfiggere. Aspettare e subire.
Dopo un secolo speso in distruzioni, il solo traguardo positivo, l’Europa unita, sembra essere in pericolo aggredita da entità neutre “che non impongono nulla”.
Ci si crede davvero o ci si adegua?
Nel dubbio verso “entità neutrali” di qualunque tipo, la Grecia inventò oltre duemila anni fa la Democrazia. Che neutrale non è, essendo l’arma degli indifesi.
                                                                                


La crisi europea è strutturale. Lo scontro è tra potere economico e politico. Il caso della Grecia nei corridoi della finanza internazionale
"LA DEMOCRAZIA E' SPAZZATURA"
L'analisi della Frankurter Allgemeine



di Frank Schirrmacher
(2 novembre 2001)

Il referendum indetto da Papandreou ha scatenato l'indignazione di tutta Europa, ma si tratta di un basilare esercizio di sovranità popolare. Il sacrificio dei valori fondamentali sull'altare dei mercati è ormai compiuto.Il sentimento di apparente stabilità tra le élite europee è durato appena due giorni. Sono trascorse 48 ore tra l'immagine della matriarca Merkel, a cui il mondo intero si è rivolto, e quella della depressione. Un medico direbbe che si tratta di una patologia, e ci spiegherebbe che la psiche collettiva è malata, e i fantasmi della grandezza e della fiducia di cui si nutre sono ingannevoli. Costernazione in Germania, Finlandia, Francia e persino nel Regno Unito. Costernazione sui mercati finanziari e nelle banche. Il motivo? Il primo ministro greco George Papandreou ha deciso di indire un referendum per chiedere l'opinione del suo popolo su una questione decisiva per il futuro del paese. Il primo novembre abbiamo visto i banchieri e i politici europei lanciare l'allarme di un crollo delle borse. Il messaggio era chiarissimo: se i greci diranno sì, vorrà dire che sono degli idioti. Quanto a Papandreou, è uno scriteriato soltanto perché ha pensato di porre la domanda. Forse però, prima di sprofondare nella spirale del panico, è arrivato il momento di fare un passo indietro e osservare la situazione in modo distaccato. Davanti ai nostri occhi si sta svolgendo lo spettacolo della degenerazione dei valori che l'Europa dovrebbe incarnare. Sui mercati finanziari, alcuni protagonisti analizzano senza scomporsi la storia di questa decadenza annunciata.

Il Daily Telegraph riporta una voce che circolerebbe nei circoli della finanza e anche all'interno del governo britannico: sarebbe bello se una giunta militare prendesse il potere in Grecia, perché nessuna giunta militare potrebbe essere accettata dall'Ue. Forbes, che non è certo una voce ininfluente nel mondo della finanza, si spinge addirittura oltre: 'La cosa più triste della battuta è che se ignoriamo il fatto che si tratterebbe di una dittatura militare, sarebbe in realtà una buona soluzione per il paese'.Non c'è bisogno di sottolineare tutti i collegamenti di questa battuta con il subconscio per capire che siamo davanti al sacrificio totale dei principi morali del dopoguerra sull'altare di un'entità economica e finanziaria superiore. Processi come questo si sviluppano sotto traccia. A volte durano decenni, e spesso si concludono con la nascita di una nuova ideologia. È accaduto in occasione di tutte le grandi crisi autoritarie del XX secolo. Vogliamo ricordare le parole di Papandreou, che sono risuonate nelle orecchie dell'Europa come i vaneggiamenti di un pazzo: 'la volontà del popolo finirà con l'imporsi'. Se il popolo rifiuterà l'accordo con l'Ue, 'non lo porteremo avanti'. In Germania, ricordiamocelo, fino a qualche giorno fa consideravamo la democrazia come l'affermazione del potere legislativo, imposta dalla Corte costituzionale e acclamata da tutti i partiti. In nome di questo principio abbiamo addirittura rinviato un summit dell'Ue. Ma oggi lo stesso non vale per la Grecia.
Prigionieri dei mercati

Ma cos'ha di così insopportabile l'iniziativa del governo greco? Risposta: il fatto che il primo ministro sottometta il futuro del paese al parere del popolo. Davanti a una simile decisione i tedeschi, i cosiddetti cittadini modello, sono andati nel panico, ma soltanto perché prima di loro lo hanno fatto i mercati finanziari. La verità è che siamo tutti prigionieri dei mercati ancora prima che si esprimano. Ormai è sempre più evidente che la crisi che sta stritolando l'Europa non è una difficoltà passeggera, ma l'espressione di una lotta per la supremazia tra il potere economico e quello politico. Quest'ultimo ha già perso molto terreno, e continua a perderne sempre più rapidamente. L'incomprensione totale suscitata dal gesto di Papandreou riguarda anche lo spazio pubblico democratico. Nessuno sembra ricordarsi che la democrazia ha un prezzo, e dobbiamo essere tutti disposti a pagarlo.
Vogliamo davvero che il processo democratico cada in balìa delle agenzie di rating, degli analisti e di altri gruppi bancari? Nelle ultime 24 ore tutti questi attori si sono affrettati a porre interrogativi di ogni sorta, come se davvero avessero voce in capitolo per interferire con il diritto del popolo greco a decidere il futuro del proprio paese.
La supposta razionalità dei meccanismi finanziari ha lasciato il posto all'atavica tendenza a generalizzare. Ci eravamo illusi che l'arroganza di trattare un popolo intero come se fosse composto soltanto da truffatori e scansafatiche fosse sparita insieme al nazionalismo. E invece oggi assistiamo a un ritorno di questa mentalità, sostenuta addirittura da 'prove ragionevoli'. La deformazione del parlamentarismo, schiacciato dalle logiche di mercato, non cancella il fatto che il popolo greco deve essere considerato un 'legislatore straordinario'. I cittadini della Grecia hanno il diritto e il dovere di esprimere il loro parere.
In Germania i deputati che seguono la loro coscienza sanno che nessuno metterà loro la museruola. E ciò che è valido per un deputato tedesco, in quanto individuo, vale anche per uno stato e per l'Europa intera. Papandreou fa benissimo a fare quello che sta facendo. La sua decisione indica al vecchio continente la via da percorrere. L'Europa dovrebbe fare di tutto per convincere i greci che la soluzione proposta è la migliore. Ma dovrebbe prima convincere se stessa. Per gli altri paesi europei indebitati, invece, sarebbe un modo esemplare di dar prova di lucidità e capire fino a che punto sono disposti a sacrificarsi in nome di un'Europa unita.
(traduzione di Andrea Sparacino)
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