mercoledì 15 maggio 2013

INTERVISTA A DAVIDE STECCANELLA



"IL GIORNO"
Milano, 15 maggio 2013 -  Avvocato Davide Steccanella, non è troppo giovane per occuparsi di Lotta Armata? Come è nato questo interesse così densamente storiografico espresso ne «Gli anni della Lotta armata» per quasi 500 pagine? «All’epoca del sequestro Moro avevo 16 anni e ricordo l’enorme coinvolgimento politico della città in quegli anni e la violenza nei cortei... È una “storia” che ha procurato molti lutti “da una parte e dall’altra” ed è ancora abbastanza recente: non può essere raccontata in modo oggettivo da chi allora ne fu direttamente coinvolto».
Il sottotitolo parla di “rivoluzione mancata”. Cosa mancò?
«Il Novecento fu un secolo molto particolare: nel mondo si era visto rovesciare il potere esistente con azioni di forza, anche di matrice popolare e spontanea. E invece il mondo e l’economia stavano andando verso altre direzioni e quella generale spinta insurrezionale dei primi anni Settanta venne meno. Basti pensare che 11 anni dopo l’autunno caldo del 1969 ci sarà nel 1980 la marcia dei 40.000 quadri intermedi a Torino fino alla caduta del muro di Berlino. L’idea di poter fare la rivoluzione in un paese a capitalismo avanzato è stato, col senno di poi, l’errore originario».
Perché in così tanti decisero di armarsi?
«Non è facile attribuire questa scelta a qualcosa di diverso dal generale contesto politico del periodo e non va scordato l’antifascismo militante nato in reazione ai tanti morti. Non c’è dubbio tuttavia che si possano rintracciare nei più importanti gruppi armati precise provenienze: dai delusi del PCI nascono i GAP e le BR, dallo scioglimento di Potere Operaio, Autonomia Operaia e la successiva colonna romana delle BR, mentre sia i NAP che Prima Linea sono diretta derivazione di Lotta Continua».
Lei cita Erri De Luca: “Qualcuno in una cella e in un esilio sconta il Novecento anche per me”.
«De Luca ha saputo mirabilmente sintetizzare con quella frase anche la tragedia finale: di quella generale spinta alla rivolta alla fine sono rimasti a pagare con anni e anni di carcere solo quelli più direttamente esposti».
Crede che si corra il rischio di un nuovo terrorismo?
«No, la storia non si ripete mai. E la lotta armata di quegli anni è stata il punto di arrivo di un percorso storico e politico ben preciso che ha interessato non solo l’Italia ma tutto il mondo e che si caratterizzava anche per la sua “collettività”. Oggi non esistono più “movimenti” o anche solo categorie di massa in grado di organizzarsi in un attacco allo Stato».
 
«Gli anni della Lotta armata» di Davide Steccanella (edizioni Bietti)

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