lunedì 12 marzo 2012

CHODORKOVSKIJ

Michail Chodorkovskij, capo virtuale dell'opposizione a Putin e probabile prossimo candidato alle presidenziali del 2018 (se si svolgeranno), si trova in carcere dal 2003. Un arresto politico e due sentenze tutte da verificare lo hanno condannato al campo di lavoro fino al 2017. Ora esce in Italia, per la casa editrice Marsilio, il suo libro: La mia lotta per la libertà. Un uomo solo contro il regime di Putin. Ovviamente il titolo originale è un altro, molto più bello e significativo, ma conosciamo bene l'editoria italiana per stupirci (Piero Citati si è svegliato pochi giorni fa a ottant'anni passati per ricordarcelo!). Prigioniero del silenzio. Storia di come in Russia si diventa liberi e quali sono le conseguenze. 
Titolo italiano profondamente errato per un motivo più visibile, però: Chodorkovskij non è solo. Tutt'altro. Noto ormai in tutto il mondo, e non solo in Russia, qui è davvero l'oppositore più seguito. Su Facebook ha esaurito  la possibilità di avere nuove amicizie per l'alto numero di richieste. Riceve continuamente posta da ogni parte del paese e con cadenza regolare si svolgono a Mosca le cosiddette "Letture" in suo nome, che sono una specie di convegni sulla libertà di parola e la situazione politica nel paese che cominciano ogni volta con la relazione del suo avvocato. Ho partecipato personalmente a un paio di queste letture e sono molto interessanti, anche perché richiamano le maggiori personalità dell'opposizione democratica al regime.
Il libro, comunque, è da leggere. Prima di tutto perché è un libro contro la galera: "La prigione è il luogo dell'anticultura e dell'anticiviltà. Qui il bene è male, la falsità verità. La feccia educa altra feccia".
In secondo luogo, perché è un libro di scambi epistolari con alcuni tra i maggiori scrittori russi contemporanei: Boris Akunin (pseudonimo che ricorda Bakunin), Boris Strugackij e Ljudmila Ulickaja. Per le lettere con la Ulickaja scambiate mentre era in Siberia, Chodorkovskij ha ricevuto il premio letterario del giornale "Znamja".
Quando giunsi per la prima volta in Russia-Unione Sovietica, nel 1987, e tutto sembrava così lontano dal nostro mondo, ricordo che le persone si arrabbiavano molto, o comunque rimanevano male, quando si faceva cenno alle differenze con quella che noi chiamiamo oggi Europa. Ovviamente sbagliavo nel marcarle, ma c'erano, ed erano profonde. Non volevo dire che la Russia non era un paese europeo, lo è per storia, cultura e tradizioni. Era quel preciso momento storico che la teneva in disparte. Pochi anni fa partecipai a una tavola rotonda proprio su questo tema. Sostenni la tesi dell'appartenenza della Russia all'Europa. Non fu bene accolta: i rappresentanti del mondo culturale, tra cui un noto regista, quasi insorsero. Rimasi sorpreso, provai  convincerli, ma senza successo, ovviamente.
Chodorkovskij è un convinto europeista, invece: "La Russia è un paese europeo", dichiara. "Un paese con sensibilità democratiche che, per quanto siano state violate più di una volta, tuttavia esistono...Noi siamo accomunati dalla stessa cultura, comprendiamo il mondo allo stesso modo. Siamo un paese europeo. Ed è questa a strada che dobbiamo continuare a seguire".















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