martedì 8 maggio 2012

9 MAGGIO. GIORNO DELLA MEMORIA

IL MONUMENTO A INDRO MONTANELLI AI
GIARDINI DI PORTA VENEZIA (O GIARDINI MONTANELLI). MILANO
 Il 9 maggio è il giorno della memoria delle vittime del terrorismo in Italia. Di tutte le vittime, senza distinzione di matrice, tipologia di attentato, obiettivo.L’iperbole è complessa, e va analizzata e spiegata. Da tempo, ormai, il calendario italiano si è riempito di giorni della memoria e del ricordo e si cerca di far passare l’idea che la memoria abbia una sorta di dignità parallela a quella della storia. Forse perché la memoria appartiene alle vittime, mentre la storia ai vincitori? In realtà non è così. La differenza è un’altra e ben più sostanziale. La memoria appartiene alla sfera privata, mentre la storia è pubblica. La memoria è soggettiva,  la storia attende un riscontro da parte della comunità scientifica. La memoria non sostituisce la storia; offre delle fonti, tutte da vagliare. Nella memoria si perdono i ruoli e le vittime si confondono, come le vacche nella notte. Nella storia i ruoli sono attribuiti in un altro modo. Per esempio, l’assassinio di Pinelli è stato perpetrato all’interno di una struttura dello Stato nel corso di un’indagine sulla strage di piazza Fontana. Per esempio, quello di Calabresi, in un contesto diverso e qualcuno che potrebbe spiegarcelo - non ha mai voluto farlo. Nel diritto moderno è lo Stato che regola il rapporto tra il reo e la giustizia, tanto che il pubblico ministero non difende i parenti delle vittime, ma sostiene l’accusa in nome del popolo italiano. La vittima, o i suoi parenti, si possono costituire parte civile, con un avvocato a rappresentarli. Il giudice, quindi, è terzo rispetto alle parti e non potrebbe essere altrimenti, da quando la dottrina giuridica e le costituzioni moderne hanno tolto alla famiglia il diritto di vendetta, sostituendolo con quello della giustizia. La memoria rientra nella sfera privata e sembra più vicina alla vendetta che alla giustizia, se usata come rivendicazione. Se i parenti di una vittima hanno  il diritto di scrivere, appellarsi e indignarsi, non lo ha lo Stato, che ha compiuto il proprio dovere arrestando i colpevoli e riuscendo a farli condannare. Dato, però, che lo Stato non dovrebbe vendicarsi, non può condannare nessuno né al silenzio, né all’oblio. La guerra sembrava finita da tempo. Ieri l'altro c'è stato un nuovo attentato. Una gambizzazione che ci ricorda tempi passati. Se lo Stato, anziché cercare ciecamente vendetta attraverso legislazioni di emergenza, si fosse impegnato per capire il motivo che quaranta anni fa indusse  una generazione e una classe sociale a dire “mai più senza fucile”, (e sarebbe stato interesse di tutta la comunità che lo avesse fatto), forse non sarebbe stato versato nuovo sangue. 
Proprio un gambizzato degli anni Settanta, Indro Montanelli, ci racconta nel suo diario cosa accadde, per esempio, all'indomani dell'uccisione di Aldo Moro. Sarà il tema del prossimo post. 

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