In questo blog si è parlato diverse volte dell'Associazione Memorial di San Pietroburgo.
Di seguito alcune informazione generali sull'Organizzazione non governativa russa.
Il pacchetto di papirosky (sigarette con il filtro lungo di cartone) che portano il nome del Canale del Mar Bianco, costruito interamente da prigionieri del GULag |
Negli anni più intensi della Perestrojka, tra il 1987 e il 1989, nella società sovietica si
formò una nuova coscienza che favorì la nascita spontanea d’associazioni
libere, svincolate dalla sorveglianza del Partito comunista. Ciò avvenne in
tutti i campi, da quello artistico a quello politico, fino alle scienze
umanistiche: le donne e gli uomini russi e delle altre repubbliche avevano sete
di conoscenza, di “verità” rispetto al passato staliniano, quando si modellò il
sistema che, pur attraverso una serie di importanti cambiamenti, si era
mantenuto nella sua struttura fino all’avvento al potere di Michail Gorbačev,
nel 1985. Mentre le riforme economiche non davano risultati apprezzabili,
quelle politiche e sociali, volute dallo stesso partito, permisero alla
popolazione di soddisfare questa loro inattesa e decisa volontà. Prima con
minore, quindi con maggiore frequenza, per rispondere alla crescente richiesta
di sapere, sugli organi di stampa si cominciarono ad affrontare temi prima
vietati. Il GULag, la riabilitazione, il Grande Terrore, lo stalinismo,
venivano dibattuti pubblicamente e in breve divennero le parole più ricorrenti.
Accanto alle pubblicazioni ufficiali nacque una serie lunghissima di fogli indipendenti,
a volte formati da una o due pagine, altre usciti in un solo numero, che
riprendevano e ampliavano il discorso dei giornali ufficiali. Quello che un
tempo era stato chiamato samizdat,
la nota parola russa che significa autopubblicazione, divenne stampa libera.
Con
la libertà emerse dal cono d’ombra la memoria del passato, esperienza che
coinvolse generazioni differenti, formate da giovani che non avevano subito
repressioni dirette, e dagli ex prigionieri politici (o di coscienza) e
dissidenti, che nei decenni precedenti avevano lottato e pagato in prima
persona per la libertà di opinione. Spontaneamente nacquero i “muri della
memoria”, grandi cartelloni itineranti sui quali venivano incollate le foto di
persone scomparse durante le purghe staliniane, i certificati di riabilitazione
ottenuti durante gli anni del disgelo, brani di lettere ricevute dai familiari
dei prigionieri. Ben presto, accanto a questo materiale si aggiunsero gli
oggetti, una macchina da scrivere, una scatola intagliata da una prigioniera
per la figlia, oggetti personali riportati dai campi e rimasti chiusi per
decenni dentro le case, le uniformi da lavoro. Mosca e Leningrado-San
Pietroburgo furono le città della Russia più attive, ma il fenomeno riguardò
tutto il paese, con particolare rilievo nelle località vicine ai lager. La
memoria uscì dal suo oblio e divenne per la prima volta pubblica. Non si
trattava del semplice bisogno di non dimenticare: bisognava ricostruire un
passato partendo da quel poco che si aveva a disposizione. C’era bisogno di
ricerca, di studio, di raccolta e catalogazione del materiale e della sua
conservazione.
Nel
1976, in piena repressione del movimento dissidente, era nata una rivista, Pamjat’, parola che in russo significa memoria; ne erano usciti cinque numeri che contenevano
articoli scritti da ex prigionieri politici, dissidenti ancora residenti in
Unione Sovietica o espatriati; tra i redattori troviamo nomi di persone che
svolgono ancora oggi un importante ruolo nel campo della ricerca e della difesa
dei diritti civili, come Andrei Roginskij, nato in un campo di lavoro, e
Aleksandr Daniel’, figlio di Julij, arrestato nel 1965 assieme al più noto
Andrej Sinjavskij. Negli anni della Perestrojka, però, la parola Pamjat’ era famosa perché dava il nome a un gruppo
nazionalista. I suoi membri erano fervidi oppositori delle riforme, mentre
esaltavano il progresso industriale e tecnologico del periodo staliniano, che
aveva permesso all’Urss di vincere la guerra con la Germania e diventare una
delle due grandi potenze mondiali. Guardando ancora più indietro, Pamjat’ onorava la grandezza della Russia imperiale, alla
quale si richiamava nei propri slogan.
Quando giovani e più anziani democratici si unirono in un gruppo
informale di ispirazione liberale, il “Klub Perestrojka”, per sostenere le
riforme, e al suo interno nacque una sezione storica, la parola slava non poté
essere usata e si scelse la sua variante latina, Memorial. L’idea principale attorno alla quale si unirono i
fondatori fu quella dell’edificazione di un monumento per le vittime del Grande
Terrore, da collocare nel centro della capitale, mentre spontaneamente
sorgevano piccoli monumenti privati in prossimità dei lager o dove si presumeva
fossero state fucilate e sepolte le vittime. L’organizzazione non governativa
riuscì a registrare il proprio statuto il 28 gennaio 1989, ma partecipò a
diverse manifestazioni pubbliche a partire dal 1987. Il premio Nobel per la
Pace Andrej Sacharov fu eletto presidente onorario nel corso del congresso
fondativo, carica che mantenne fino alla morte, avvenuta nel dicembre del 1989
all’età di 68 anni.
Lo statuto approvato a Mosca nel gennaio del 1989 afferma che Memorial, accanto al progetto del complesso monumentale,
nasceva allo scopo di conservare la memoria delle vittime dello stalinismo, di
aiutare persone represse per motivi politici e “ristabilire la verità storica
sui crimini dello stalinismo, sui metodi illegali e terroristici di guida dello
Stato, studiarne i motivi e i mezzi con i quali furono compiuti”. Memorial si dichiarava pronto a collaborare con la già attiva
commissione del Comitato centrale del Pcus, incaricata di studiare gli anni
delle repressioni, e con gli organismi parlamentari impegnati nello stesso
lavoro. Si chiedeva la riabilitazione delle vittime delle repressioni, il pieno
sviluppo democratico della società e la nascita di uno Stato di diritto. Si
poteva aderire all’organizzazione in forma privata o come gruppo informale.
La vita di Memorial era
regolata da quattro organi centrali, una Conferenza generale, un Consiglio, un
Collegio di lavoro e una Commissione di revisione. La Conferenza generale era,
tra questi, il più importante e doveva riunirsi non meno di una volta ogni tre
anni. Gli altri erano formati in modo tale da creare un controllo incrociato
della loro attività.
Il monumento per le vittime del terrore fu installato di fronte alla
sede centrale del Kgb, in Piazza Lubjanka, il 30 ottobre 1990, giorno in cui
dal 1974 in tutta l’Urss si ricordavano i prigionieri di coscienza. Si tratta
di una grande pietra proveniente dalle Isole Solovki, un piccolo arcipelago nel
Mar Bianco considerato, per usare le parole di Aleksandr Solženicyn, “la madre
di tutti i lager”. Una pietra simile, sempre proveniente dalle Solovki, è stata
posta in seguito in altre città della Russia.
L’attività di Memorial, che
aprì sedi in altre città, fu molto complessa. Il lavoro che si prospettava era
sistematizzare il materiale sulle repressioni che già si trovava in mano agli
attivisti, o che andava recuperato. Furono formati archivi e biblioteche
specializzate, messe progressivamente a disposizione di altri studiosi, e si
cercò la collaborazione delle autorità per la creazione di musei sui
prigionieri di coscienza.
Accanto all’attività di ricerca e conservazione, con l’emanazione
della legge sulla riabilitazione, nell’ottobre 1991, Memorial mise a disposizione propri giuristi ai parenti delle
persone represse e agli stessi ex prigionieri di coscienza; essi si occuparono
di aiutarli nella compilazione delle domande per ottenere il compenso in denaro
e la pensione, come previsto dalla nuova normativa.
Con gli anni e il lavoro di molti ricercatori, anche provenienti
dall’estero, la documentazione rinvenuta e catalogata da Memorial nelle sue varie sedi è cresciuta enormemente e
permette allo studioso indagini quasi complete su tanti argomenti specifici
riguardanti il passato sovietico. In proposito, va sottolineato come le diverse
sedi di Memorial agiscano in modo
indipendente da quella di Mosca, nell’ambito delle competenze previste dallo
statuto. La sede di San Pietroburgo o quella di Ekaterinburg, per esempio,
seguono propri programmi di ricerca che possono trovare riscontro a Mosca
attraverso sovvenzioni, quando disponibili, in genere provenienti da Fondazioni
straniere.
Tra
i più importanti progetti realizzati negli anni si segnalano la mappatura dei
luoghi di fucilazione e sepoltura delle vittime della repressione, ricerca
difficile a causa della mancanza di dati precisi e del clima del paese, che
permette spedizioni solo per pochi mesi l’anno; la redazione di un dizionario
del dissenso sovietico, quasi ultimato, la creazione di un museo virtuale del
GULag, consultabile sul sito www.gulagmuseum.org,
la pubblicazione di molti Libri della Memoria, o martirologi. Attraverso la sezione che si occupa della violazione
dei diritti civili, il Centro per la difesa dei diritti umani, Memorial
ha lanciato una campagna di protesta e controinformazione durante le due guerre
cecene, partecipando attivamente anche a manifestazioni contro la
discriminazione razziale, che per un periodo di tempo si è diffusa in Russia in
seguito alla dissoluzione dell’Urss e all’arrivo nel paese di molti cittadini
delle ex repubbliche asiatiche. Si è occupato anche di casi di cronaca, come il
destino dell’ex magnate del petrolio Michail Chodorkovskij, in carcere da anni
e considerato un perseguitato politico, della situazione della libertà di
stampa e dell’assassinio di Anna Politkovskaja, giornalista del giornale di
opposizione “Novaja Gazeta”.
Mentre all’estero il lavoro di Memorial e di Meždunarodnyj Memorial [Memoriale Internazionale, creato dopo la
dissoluzione dell’Urss], è conosciuto e apprezzato, al punto che la Ong è stata
candidata più volte al Nobel per la Pace e nel 2009 insignita dal Parlamento
Europeo del presigioso “Premio Sacharov”, i rapporti con le autorità russe sono
stati discontinui e, a volte, difficili. Negli anni Novanta del secolo scorso,
durante il periodo eltsiniano, l’organizzazione ha potuto lavorare in modo
relativamente libero; con il mutamento nella politica russa intervenuto
all’inizio del nuovo secolo, sono sorti problemi, legati soprattutto alla
controinformazione sulla seconda guerra cecena e alla difesa delle persone
perseguitate dalle autorità per motivi politici.
In
un solo caso la magistratura russa si è occupata di Memorial. Nel dicembre 2008 la Procura della Zona-Centro di
San Pietroburgo ha fatto irruzione nella locale sezione della Ong, sequestrando
materiale cartaceo e i tutti i dischi fissi dei computer. Il lavoro di molti
anni ha rischiato di andare perduto. Memorial di San Pietroburgo era accusato di aver finanziato il
giornale “Novyj Peterburg”, sulle cui pagine erano apparsi nei mesi precedenti
articoli “che istigavano all’odio etnico e sociale”. La sede di Pietroburgo
diffuse immediatamente un documento per dichiarare la propria estraneità alla
vicenda e l’assensa di qualsiasi rapporto con il giornale. La reazione
oltrepassò i confini russi e coinvole associazioni di storici di vari paesi,
tra cui l’American Historical Association, che si appellò al presidente Dmitrij
Medvedev. Sulla stampa internazionale apparvero molti articoli e dopo una serie
di ricorsi, il 6 maggio 2009, la vicenda si concluse con la chiusura delle
indagini e la restituzione del materiale.
Oggi Memorial viene
considerato uno dei maggiori centri di ricerca a livello mondiale per lo studio
della storia sovietica ed è stato per due volte candidato al Premio Nobel per la Pace.
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