1 ottobre, il Manifesto, Marconista
Il
caso Moro è recentemente tornato attuale a causa della proposta di istituire
una nuova Commissione Parlamentare di Inchiesta e della decisione della Procura
di Roma di riaprire un fascicolo sul rapimento dell’allora presidente della
Democrazia Cristiana. L’ex giudice Ferdinando Imposimato, autore di lunghi
studi sulla vicenda ai quale si sono richiamati i due parlamentari del PD
firmatari della proposta di legge per la Commissione, Gero Grassi e Giuseppe
Fiorono, sostiene da tempo che nel delitto Moro abbiano avuto un ruolo primario
forze esterne e, in particolare, il KGB. Come altri prima di lui, si è
concentrato sulla figura di Sergej Sokolov, uno studente sovietico che guinse
in Italia pochi mesi della strage di via Fani con una borsa di studio in Storia
del Risorgimento e che frequentò anche alcune lezioni di Aldo Moro alla
“Sapienza”. Lo stesso sarebbe tornato in Italia nel 1981 come corrispondente
della Tass, per poi comparire nelle liste dell’Archivio Mitrokhin, rapporto
Impedian N° 83 del 23 agosto 1995 dove si dice che tale Sergej Fedorovich
Sokolov, nato il 5 giugno 1953 [dove?], è stato un ufficiale del KGB “di
comprovata attendibilità, con accesso diretto ma parziale”, e corrispondente
della Tass a Roma dal 1981 al 1985.
Al di là del fatto che essere un membro
dei servizi di sicurezza sovietici non comporta il necessario coinvolgimento
della struttura di appartenenza a un complotto internazionale, prima di
qualsiasi discussione sarebbe utile individuare con certezza la persona di cui
si parla. La storia del KGB è piena di Sokolov: in una raccolta neanche tanto
voluminosa di documenti sulla
Ljubjanka, già sede del KGB [330 pp., Mosca 1997] sono presenti tre Sokolov,
P.N., Ja.P. e I.I. e altri quattro in una successiva [Mosca 2004], uno senza
iniziali, un A.G., un P.A. e un F.V. In tutto, sette Sokolov che hanno avuto a
che fare con i servizi, dei quali nessuno è certamente Sergej. Dunque, Sokolov
è un cognome molto diffuso in Russia, così come lo è il nome Sergej. Per
individuare con certezza una persona in caso di piena omonimia di nome e
cognome, l’uso russo fornisce come parte integrante del nome anche la
paternità, o patronimoco. Se il Sergej dell’archivio Mitrokhin è lo stesso che
nel 1978 frequentò le lezioni di Moro, intanto per cominciare il patronimico
deve coincidere. Secondo quanto si legge nel libro “Doveva Morire”, edito da
Chiarelettere e scritto da Imposimato insieme a Sandro Provvisionato, il Sergej
[Fedorovich?] Sokolov studente che frequentò le lezioni di Moro nel 1978, in
patria si occupò del notissimo dissidente Andrej Sacharov e di sua moglie Elena
Bonner, che visitò più volte a Gor’kij (oggi Nizhnij Novgorod) durante gli anni
dell’esilio. Ecco quanto riportato a p. 230:
“Nell’estate del 1985 il governo di Mosca
è fortemente preoccupato del fatto che l’attenzione dei media di tutto il mondo
sia puntata sul destino dell’intellettuale Andrej Dmitrevic Sacharov, l’emblema
stesso del dissenso all’interno dell’impero sovietico. Il compito di
controllare l’intellettuale e sua moglie, Yelena Bonner, viene affidato a un
ufficiale del KGB, proprio Sokolov, che incontra Sacharov nell’ospedale dove è
ricoverato, al confino di Gor’kij”.
La
figura di questo ufficiale è messa in cattiva luce sostenendo che incaricò i
medici di nutrire in modo coatto Sacharov durante uno sciopero della fame e che
in seguito propose un accordo allo stesso fisico sovietico: permettere a lui e
alla moglie di andare negli Usa per vedere la famiglia a patto che non
rilasciassero dichiarazioni pubbliche. Ebbene, anche il Sokolov che si occupò
di Sacharov si chiama Sergej, ma il patronimico comincia con la lettera I
[Ivanovich?]. Inoltre, secondo le memorie dello stesso dissidente, quel
rapporto sembra essere più complesso. Anzitutto, Sergej I. Sokolov era un
agente del KGB già nel 1973. Scrive Sacharov:
“Nei primi giorni di novembre [del 1973]
Ljusia [Elena Bonner] ricevette una citazione che la convocava in veste di
testimone a Lefortovo [dove si trova la sezione istruttoria del KGB; a
Lefortovo c’è anche il carcere istruttorio, tecnicamente definito isolamento
istruttorio]; la citazione le ingiungeva di presentarsi dal giudice istruttore
Gubinskij. Prima dell’interrogatorio la conversazione venne condotta da un
certo Sokolov (ora pensiamo si trattasse del capo della sezione locale del KGB;
in seguito lo incontrammo varie volte a Gor'kij)”.
Se
questo è il Sokolov nato nel 1953, nel 1973 aveva 20 anni. Chi conosce il
funzionamento dei servizi sovietici sa che è impossibile che a quell’età si
potesse essere già a capo di una sezione locale degli stessi, o avere la
responsabilità di una dissidente del livello di Sacharov e Elena Bonner. Più
avanti nelle sue memorie, pubblicate in Italia da Sugarco nel 1990, Sacharov
riprende il discorso [pp. 707-708]:
“Il mattino del 5 settembre [1985] arrivò
[a Gor’kij] inaspettatamentee un inviato del KGB dell’URSS, S.I. Sokolov.
Probabilmente era direttore di uno degli uffici del KGB incaricati di seguire
il mio caso e quello di Ljusja. Nel novembre del 1973, prima che Ljusja fosse interrogata
da Syscikov, Sokolov aveva usato con lei, nel corso di un ‘colloquio’, accenti
persuasivi. Nel maggio del 1985 era venuto a trovarci per parlare con me e
Ljusja (separatamente). Con me era stato assai duro, voleva convicermi
dell’assoluta inutilità dello sciopero della fame allo scopo evidente di
costringermi a interromperlo”.
Tre
sono le cose importanti di questo passaggio: la prima è che il Sokolov che
viene a trovare Sacharov nel 1985 è lo stesso di 12 anni prima. La seconda è
che egli non ordinò l’alimentazione coatta, ma cercò di dissuadere Sacharov a
continuare lo sciopero della fame. Tanto che quando il fisico premio Nobel per
la Pace parla nel suo libro di alimentazione forzosa, non fa alcun riferimento
a Sokolov. La terza riguarda l’anno: l’11 marzo 1985 venne eletto segretario
generale del CC del Pcus Michail Sergeevich Gorbachev che diede il via
all’ultimo tentativo di riforma del sistema sovietico, noto come perestrojka.
Sokolov giunse a Gor’kij su incarico dello stesso Gorbachev per contrattare con
Sacharov il viaggio all’estero di sua moglie e, eventualmente, quello di
Sacharov stesso, al quale chiese esplicitamente una sola condizione vincolante:
non rivelare i segreti sugli armamenti nucleari sovietici che il dissidente
conosceva perché tra i padri della bomba termonucleare sovietica, cosa per la
quale era stato insignito in passato per ben tre volte dell’onorificenza di
eroe del lavoro socialista.
Per
concludere, prima di ogni altra possibile discussione sul presunto
coinvolgimento del KGB nel caso Moro, è bene individuare con precisione il
Sokolov di cui si sta parlando. Dai riscontri oggettivi, infatti, appare molto
probabile che il borsista sovietico e l’agente dei servizi siano due persone
diverse.
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