mercoledì 2 ottobre 2013

IL GOVERNO DELL'UOMO INDEBITATO

Dal libro 



Il neoliberismo ha un modo del tutto singolare di piegare il rapporto a sé (la produzione del soggetto, dell’individuo), spingendolo al parossismo. Rappresentazione esemplare ne è il capitale umano, l’imprenditore di sé, punto di arrivo di un assoggettamento che facendo della persona un «capitale», ne impone una valutazione e una misura a partire dalla logica del guadagno e delle perdite, dell’offerta e della domanda, dell’investimento (in formazione, assicurazioni individuali, ecc.) e della sua redditività.
L’organizzazione postfordista sollecita continuamente un individuo che, a partire dalla propria libertà e dalla propria autonomia, deve negoziare non solo con situazioni esterne ma anche con se stesso. Il lavoratore indipendente, il cui modello è stato importato nel lavoro salariato, funzionando come un’impresa individuale, è continuamente impegnato a negoziare tra il suo io e il suo super-io «economici», proprio perché è lui stesso il responsabile del suo destino: lavoro o vado in vacanza? Accendo il telefono e mi rendo disponibile a qualunque sollecitazione o taglio le comunicazioni e mi rendo indisponibile? L’individuo, isolato dalla sua stessa libertà, si ritrova alle prese, oltre che con la concorrenza con gli altri, con la concorrenza con se stesso.
Questo continuo negoziato tra sé e sé è la specifica modalità di soggettivazione e di controllo delle società neoliberiste. Come nel sistema fordista la norma rimane esterna, è sempre prodotta dal dispositivo socio-economico, ma si manifesta come se l’individuo stesso ne fosse l’origine, come se scaturisse dal soggetto stesso.
L’ordine e il comando devono dare l’impressione di provenire dall’individuo, perché «sei tu a comandare!», perché «sei tu il padrone di te stesso!», perché «sei tu il tuo manager!». L’assoggettamento contemporaneo sottopone l’individuo a una valutazione «infinita», facendo del soggetto il suo primo giudice. L’ingiunzione a essere soggetto, a darsi degli ordini, a negoziare continuamente con se stessi, a obbedire a se stessi, è il punto terminale dell’individualismo.
Frustrazione, risentimento, senso di colpa, paura costituiscono le «passioni» della relazione a sé nel neoliberismo, perché le promesse di realizzazione, di libertà, di autonomia si scontrano con una realtà che sistematicamente le nega. Il fallimento del capitalismo non risuona così forte come dovrebbe, perché è l’individualismo ad attutirlo attraverso un’interiorizzazione del conflitto in cui il «nemico» finisce col confondersi con una parte di sé. La tendenza è allora quella di rivolgere la «denuncia» contro se stessi, anziché contri i rapporti di potere. Da qui la colpevolizzazione, la cattiva coscienza, la solitudine, il risentimento. La piena «sovranità» dell’individuo, dal momento che è l’individuo a scegliere, a decidere, a comandare, corrisponde alla sua piena e completa alienazione. Diversamente dalla nevrosi, patologia di un capitalismo trapassato, la malattia del XXI secolo si manifesta nella depressione, resistenza passiva e individuale alla «mobilitazione generale», all’ingiunzione all’attività, a fare progetti, a investirsi: impotenza ad agire, impotenza a decidere, impotenza a intraprendere dei progetti"

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