Il primo ottobre è morto il professor Israel Gutman, già responsabile del centro di ricerca e del museo Yad Vashem di Gerusalemme e direttore dell'Istituto internazionale di storia dell'Olocausto. Nato nel 1923, fu internato a Majdanek e Auschwitz, da dove venne inviato dai nazisti nel maggio 1945 in quelle che sono state definite "le marce della morte" (si veda il libro di Daniel Blatman con lo stesso titolo). Riuscì a sopravvivere anche a questa prova e raggiunse la Palestina nel 1946. Dopo la laurea intraprese la carriera scientifica e divenne uno tra i maggiori studiosi mondiali della Shoah.
Dato che siamo in tema, ripropongo una notizia dello scorso anno che ha una certa importanza. Nel luglio 2012 il museo della Shoah di Gerusalemme "Yad Vashem" ha cambiato la didascalia accanto alla fotografia di Pio XII. La notizia è apparsa senza molta enfasi sui giornali italiani, mentre si tratta di un fatto epocale. Infatti, secondo almeno gli ultimi studi, il Vaticano avrebbe tenuto un atteggiamento meno ambiguo di quanto creduto in precedenza. Al solito, più che della sostanza si è discusso sull'ipotesi di un coinvolgimento diretto o indiretto della Santa Sede nell'operazione.
Va comunque ricordato che l'unica lettera di protesta ufficiale di un alto prelato scritta in Europa contro la deportazione degli Ebrei fu quella che scrisse l'arcivescovo di Atene, Damaskinos, nella quale affermò che tutti i greci, senza distinzione di razza o religione, erano cittadini del medesimo stato e non potevano essere discriminati. Nella coscienza nazionale, continuava il metropolita, tutti loro costituivano un'unità inscindibile ed erano considerati membri paritari a prescindere dalla religione.
Di seguito, la vecchia e la nuova didascalia.
PIO XII E L’OLOCAUSTO
La reazione di Pio XII all’uccisione degli ebrei durante l’Olocausto è una questione controversa. Nel 1933, quando era segretario di Stato vaticano, si attivò per ottenere un concordato con il regime tedesco per preservare i diritti della Chiesa in Germania, anche se ciò significò riconoscere il regime razzista nazista. Quando fu eletto papa nel 1939, accantonò una lettera contro il razzismo e l’antisemitismo preparata dal suo predecessore. Anche quando notizie sull’uccisione degli ebrei raggiunsero il Vaticano, il papa non protestò né verbalmente né per iscritto. Nel dicembre 1942, si astenne dal firmare la dichiarazione degli Alleati che condannava lo sterminio degli ebrei. Quando ebrei furono deportati da Roma ad Auschwitz, il papa non intervenne. Il papa mantenne una posizione neutrale per tutta la guerra, con l’eccezione degli appelli ai governanti di Ungheria e Slovacchia verso la fine. Il suo silenzio e la mancanza di linee guida costrinsero il clero d’Europa a decidere per proprio conto come reagire.
E la nuova:
IL VATICANO E L’OLOCAUSTO
Il Vaticano sotto la guida di Pio XI, Achille Ratti, e rappresentato dal segretario di stato Eugenio Pacelli, firmò un concordato con la Germania nazista al fine di preservare i diritti della Chiesa cattolica in Germania. La reazione di Pio XII, Eugenio Pacelli, all’assassinio degli ebrei durante l’Olocausto è oggetto di controversia tra gli studiosi. Dall’inizio della seconda guerra mondiale il Vaticano mantenne una politica di neutralità. Il pontefice si astenne dal firmare la dichiarazione degli Alleati del 17 dicembre 1942 che condannava lo sterminio degli ebrei. Comunque, nel suo radiomessaggio natalizio del 24 dicembre 1942 egli fece riferimento alle “centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talvolta solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate a morte o a un progressivo deperimento”. Gli ebrei non erano esplicitamente menzionati. Quando gli ebrei furono deportati da Roma ad Auschwitz il pontefice non protestò pubblicamente. La Santa Sede si appellò separatamente ai governanti di Slovacchia e Ungheria in favore degli ebrei. I critici del papa sostengono che la sua decisione di astenersi dal condannare l’assassinio degli ebrei da parte della Germania nazista costituisca una mancanza morale: la mancanza di una chiara guida consentì a molti di collaborare con la Germania nazista rassicurati dall’opinione che ciò non era in contraddizione con gli insegnamenti morali della Chiesa. Ciò lasciò anche l’iniziativa del salvataggio degli ebrei a singoli preti e laici. I suoi difensori ritengono che questa neutralità evitò più dure misure contro il Vaticano e contro le istituzioni della Chiesa in tutta l’Europa, consentendo così che avesse luogo un considerevole numero di attività segrete di salvataggio a differenti livelli della Chiesa. Inoltre, essi indicano casi in cui il pontefice offrì incoraggiamento ad attività in cui gli ebrei furono salvati. Finché tutto il materiale rilevante non sarà disponibile agli studiosi, questo tema resterà aperto a ulteriori indagini.
“L’Osservatore Romano” ha dato notizia dell’avvenimento il 3 e 7 luglio 2012
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