Il profugo è una persona che è stata fino a ieri un uomo normale, un elemento sociale di pieno valore, che è stato violentemente strappato alle funzioni utili che gli erano assegnate nell’organismo sociale. Il profugo è una persona che può e deve domani ritornare ad essere un elemento utile all’organismo sociale di quel paese dove egli potrà stabilire la sua dimora. Il profugo non è quindi un mendicante, non è un minorato da un punto di vista del valore sociale ed umano, ma è un elemento di pieno valore che ha diritto non alla nostra pietà ma al nostro rispetto come un nostro pari, come un qualunque altro uomo. Il problema del profugo non si può risolvere con la carità e la beneficienza, ma va risolto con l’assistenza intesa come l’aiuto fraterno di un uomo a un suo pari, del fratello al fratello, del figlio al padre, del padre al figlio.
Noi, membri del Consiglio nazionale, rappresentanti del popolo ebraico in Palestina e del movimento sionista del mondo, riuniti in assemblea solenne oggi, data di scadenza del Mandato britannico in Palestina, in virtù del diritto nazionale e storico del popolo ebraico e della risoluzione presa dall’assemblea generale delle Nazioni Unite, proclamiamo la fondazione dello Stato ebraico di Palestina, che si chiamerà Israele. Con fede in Dio onnipotente, noi poniamo le mani su questa dichiarazione, in questa seduta del Consiglio provvisorio di Stato, tenutasi nella città di Tel Aviv, la vigilia del Sabato, quinto giorno di Iyar, cinquemilasettecentotto, quattordici maggio 1948[1].
Con questa dichiarazione di Ben
Gurion, firmata da una trentina di delegati, nasceva lo Stato di Israele. Venne
nominato un esecutivo provvisorio composto da 13 membri che cancellò
immediatamente “tutte le leggi decretate in base al Libro Bianco di Palestina
(1939) del governo britannico e tutte le leggi da quelle derivate”[2].
Coloro che fino a quel momento erano stati considerati “profughi” e negli
ultimi dieci anni avevano perso il diritto alla cittadinanza, divennero
cittadini di un paese loro. Si chiudeva così un capitolo di storia cominciato
con l’ascesa al potere di Hitler in Germania, che aveva significato per gli
ebrei europei uno sconvolgimento senza precedenti della loro condizione. La
Germania nazista, e con questa molti paesi europei che adottarono una
legislazione antiebraica[3],
rappresentarono un elemento della modernità che considero il più marcatamente
originale e rappresentativo: lo spostamento delle popolazioni, l’enorme numero
di profughi – sia in termini assoluti che relativi – provocato dalle leggi razziali e quindi dalla persecuzione
diretta subita dagli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale. La
figura di profugo [di guerra, affiancata poi da quella che chiamo di “profugo sociale” in tempi più recenti]
nel corso del Novecento diventa l’attore principale della storia, il suo vero
grande protagonista. Si pensi anzitutto al modo in cui venne portato a termine
il genocidio armeno nell’impero ottomano: dopo i massacri del 1895-1896, ripetuti
nel 1908, nel 1909 e nel 1912, nel maggio 1915 il partito dei giovani turchi promulgò
una “legge temporanea di deportazione” che colpì la popolazione armena dell’Anatolia
orientale. Centinaia di migliaia di persone furono spostate verso i deserti
della Siria, dove trovarono la morte[4].
Per contro, le comunità armene di zone lontane dalla guerra, come Smirne o
Istanbul, non furono toccate.
Milioni furono i
profughi provocati dalle guerre mondiali, centinaia di migliaia di persone furono
deportate in Unione Sovietica durante le rivoluzioni industriale e agraria
portate a termine negli anni Trenta; milioni riempirono i lager nazisti, dove morirono
di stenti o furono assassinati. Accanto ai profughi provocati ancora oggi dalle
guerre giungiamo ai profughi sociali dovuti anche in Occidente al più recente fenomeno della gentrificazione. Più dello stato-nazione, che in fondo è un elemento
non omogeneo, è proprio la mancanza di sicurezza di poter conservare le proprie
origini fino alla morte a caratterizzare in generale il mondo come lo
conosciamo direttamente. E sulla base di questa realtà nacque una nuova
terminologia per caratterizzare tale condizione inedita di Heimatloser.
in parte avevo anticipato il discorso pochi giorni fa [http://primadellapioggia.blogspot.it/2013/09/da-piazza-taksim-alla-val-susa.html]
[2] Ivi, p. 10.
[3] Si veda Anna Capelli e Renata Broggini (a cura di), Antisemitismo
in Europa negli anni Trenta. Legislazioni a confronto, Franco Angeli, Milano 2001.
[4] La legge autorizzava i comandanti dell’esercito, dei
corpi d’armata, delle divisioni e delle guarnigioni locali a ordinare la
deportazione di gruppi di popolazione sospettati di spionaggio, di tradimento,
o per necessità militari. La legge fu abrogata il 4 novembre 1918 dal
parlamento ottomano perché mai promulgata dal parlamento stesso, come prevedeva
la legge fondamentale.
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