lunedì 14 gennaio 2013

Mai muore la dietrologia, invece.

La "Repubblica" sente Miguel Gotor in occasione della morte di Prospero Gallinari.
E scrive sciocchezze.

LO STORICO: "Batteva lui le lettere di Moro". "Fu una lettera di Prospero Gallinari alla sorella, nel 1975, recuperata dagli inquirenti, a farmi scoprire che era stato lui, uno dei carcerieri di Aldo Moro, a redigere la versione dattiloscritta di tutte le lettere del presidente della Dc dalla 'prigione del popolo' di via Montalcini a Roma". Così lo storico Miguel Gotor autore di due libri-inchiesta sul "memoriale Moro" e sulle lettere dalla prigionia brigatista del presidente Dc. "Di quelle lettere - aggiunge Gotor - le Br ne resero pubbliche solo una trentina, ma l'intero corpus fu battuto a macchina nel covo dove era tenuto prigioniero Moro. Il dattiloscritto, però, riportava alcuni evidenti errori di ortografia continuamente ripetuti: soprattutto l'accentazione dei pronomi personali. Quegli stessi errori sono presenti nella lettera di Gallinari alla sorella e, dunque, rendono possibile identificare l'autore del dattiloscritto"


Ossia, le lettere di Moro dal carcere del popolo non furono originali, ma creazione delle Br. 
La scienza storica, in realtà, è andata avanti negli ultimi 15 anni. La cosa è sfuggita a Gotor e a "Repubblica". Una miseria per il nostro paese e per la nostra storia, continuamente inquinata purché si dimostri che in Italia non c'è mai stato uno scontro di classe, nessuno ha processato la DC e il suo presidente. E che Moro è stato lasciato solo da quelle forze politiche che egli stesso aveva messo insieme per sostenere il governo Andreotti.
Gotor è un dietrologo non cospiratore, nel senso che non parla di servizi segreti, come altri hanno fatto in passato. Si limita a togliere a Moro attendibilità. La stessa cosa che dicevano di quelle lettere tutti i politici italiani durante il rapimento.

E' bene ripeterlo: una miseria.



2 commenti:

antonello pizzaleo ha detto...

Gentile Marco Clementi, grazie per il pezzo, che ho letto su Insorgenze, e che ha rafforzato alcuni dubbi che mi ero fatto un po' alla buona nel tempo: com'è possibile che un cinquecentista (personalmente lo ricordo alla fine dei '90 all'Archivio del Santo Uffizio) trasferisca, come afferma G. stesso, un metodo di indagine delle fonti inquisitoriali, su un corpus che è un unico nella storia d'Italia, e si tramuti in contemporaneista? Ho l'impressione che l'errore stia tutto in questo indebito salto, che aiuta a distribuire in modo altrettanto indebito le parti di vittima e carnefice nel caso Moro, come se il primo (Moro) fosse accostabile agli accusati di stregoneria o eresia e il secondo rimandasse a consultori, inquisitori e famigli del Santo Uffizio. Eppure il libro è stato letto e commentato come una autentica novità. Mi piacerebbe sapere il suo parere di ricercatore, fermo restando che la condanna morale dell'operazione è già del tutto condivisibile.
Antonello Pizzaleo, Roma

MC. Marconista ha detto...

Caro Antonello Pizzaleo, mi chiede un commento sui libri di Gotor. Mi sembrano promettere molto più di quello che poi in realtà diano. Si vuole dimostrare una tesi (ossia che le Br intervennero pesantemente nei contenuti di Memoriale e lettere di Moro), senza tenere conto della dialettica Moro-partiti politici-governo-stato e Moro-Br. Si occupano solo di quella tra le Br e lo Stato. E dunque piegano le parole di Moro dentro questo bipolarismo, che in realtà mancò durante i 55 giorni.
Inoltre, per sua stessa ammissione (introduzione del primo libro sulle lettere), Gotor non è un filologo. Infatti, non lo è. Per ricostruire un testo, che è lo scopo della filologia, si deve prima di tutto ricostruire il cosiddetto "stemma" del testo. Così per ogni lettera, così per ogni passaggio del Memoriale. Non mi pare che Gotor lo abbia fatto.