ALFREDO DAVANZO IN AULA A MILANO |
Nei
giorni scorsi, in occasione del processo d’appello ai presunti appartenenti
alle cosiddette «nuove Brigate
rosse», il Senatore Ichino ha proposto a ciascuno degli imputati di rinunciare
alla propria costituzione in giudizio contro di loro, in cambio “del puro e
semplice riconoscimento del suo diritto a non essere aggredito”. Il senatore,
evidentemente, non si accontenta del mercato del lavoro; vuole modificare,
ovvero introdurre il mercato anche nella giurisprudenza. Non si era mai vista
una tale spudoratezza e un tale spregio dei diritti degli imputati da parte di
un senatore della Repubblica. Una domanda del genere, infatti, prescinde dagli
esiti del processo e non tiene conto della presunzione di innocenza. Il diritto
a non essere aggredito è un diritto naturale. Nessuno di noi lo va a chiedere
in un tribunale a degli imputati. Casomai, si rivolge a un magistrato. Ma non
mi pare che fino ad oggi Ichino sia stato mai aggredito. Si tratta, dunque, di
un’azione preventiva.
Per
maggiore evidenziare la proposta, il senatore Ichino ha scritto al “Corriere”
di aver ripetuto “l’offerta
di conciliazione e di dialogo”, ma di aver ricevuto come risposta da Alfredo
Davanzo le seguenti parole:
«Questo
signore - che sarei io - rappresenta il capitalismo, lui è l'esecutore di
questo sistema e noi eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema».
Del
sistema, ha detto Davanzo, ma Ichino la interpreta come personale. Crede che si
vogliano sbarazzarsi di lui.
E si è
arrabbiato, perché la sentenza di condanna non riconosce agli imputati il reato
di terrorismo. Solo “associazione
sovversiva” (articolo 270 del codice penale), ma non di terrorismo (articolo
270-bis).
Il
motivo è giuridico. La corte non ha riscontrato nel comportamento dei
brigatisti, «il proposito di intimidire indiscriminatamente la popolazione,
l'intenzione di esercitare costrizione sui pubblici poteri», oppure «la volontà
di destabilizzare» o addirittura «distruggere gli assetti istituzionali del
Paese».
Ichino
non ci sta. E parte con i paragoni. Se non è terrorismo quello dei nuovi
brigatisti, ancor meno lo è quello dei feritori (afferma gli anarchici) di
Roberto Adinolfi.
E ancor
meno, “potrà
ravvisarsi un siffatto intendimento politico nell'attentato di Brindisi contro
un istituto scolastico”. Come potrebbe «destabilizzare o distruggere gli
assetti istituzionali del Paese» un attentatore che neppure fa conoscere
all'opinione pubblica tale suo preciso intendimento?
Ma perché
questo paragone, senatore? Come può una persona che dia senso alle proprie
parole paragonare la propria situazione al tentativo di strage in una scuola?
Ichino
non ammette che stiamo vivendo un lungo periodo di scontro sociale altissimo,
che la ristrutturazione capitalistica che ha causato la crisi economico-finanziaria
che stiamo vivendo è costata il lavoro e in alcuni casi la vita a decine di
migliaia di persone; ha reso liquido il concetto stesso di lavoro e con esso la
prospettiva per molti di una vita normale, nel senso di “programmabile”.
Viviamo in un paese con un’altissima disoccupazione giovanile, una generazione
di lavoratori, i nati tra il 1965 e il 1975, che se perdono il lavoro lo
ritrovano in 8 su cento entro un anno. Né ammette, Ichino, di essere uno dei
ristrutturatori del sistema. Di essere per l’abolizione, o la riforma in senso
restrittivo, dell’articolo 18, di aver scritto più volte contro le cause di
lavoro, che ritiene una perdita di tempo (meglio l’accordo privato, dice – e
spesso ciò accade, ci si mette d’accordo, ma in altri casi la possibilità di
denunciare è una tutala). Ecco la parola. Tutela. Non piace a Ichino per gli
altri. Ma la vuole per sé. Vuole essere tutelato e offre una pipa di pace ai
presunti brigatisti. Per poter continuare indisturbato a contribuire all’abbattimento
del sistema sociale così faticosamente creato nel corso di un centinaio di
anni.
Il
terrorismo è tante cose: una bomba che uccide in modo indiscriminato la
popolazione, i bombardamenti di civili a Gaza, in Siria, in Afganistan, in
Iraq, le autobomba, i treni e le piazze, da Portella della Ginestra nella piana
degli Albanesi in Sicilia in poi. Non è terrorismo minacciare un giuslavorista
perché anziché difendere gli interessi dei lavoratori, si occupa di quelli dei
padroni. È un reato, una cosa che non fa parte del convivere civile, ma non è
terrorismo.
Sono contro
ogni terrorismo e ogni forma di violenza, e in questo mi trovo d’accordo con Ichino. Lo invito allora a scrivere dei bombardamenti
sulle popolazioni civili, che il senatore ha approvato, rifinanziando le
missioni italiane all’estero e in particolare quella in Afganistan. Perché
Ichino, da quando è iniziata questa storia, ha ancora maggiore visibilità mediatica
ed è stato eletto, ovviamente, senatore.
Forse ha
ragione lui. Che i presunti militanti delle Nuove Br, o chi per loro, lo lasci stare. Magari non verrà più rieletto, gli toglieranno
la scorta e sarà costretto a cercare lavoro nel privato. Lo
troverà, ovviamente, ma almeno non lo pagheremo più noi.
MARCONISTA
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