lunedì 11 giugno 2012

RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE



Roma, 15 ottobre 2010. Insurrezione
Ai sensi dell’art. 337 c.p. “Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.


Secondo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 599 c.p. “Non è punibile chi ha commesso uno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”.


Ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 14 settembre 1944, n. 288 “Non si applicano le disposizioni degli artt. 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 c.p. quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni”.




Nel caso della condanna assurda e punitiva a tre anni comminata ieri a Fabrizio Filippi, con ogni evidenza, non sono stati considerati lo stato d'ira e l'ingiustizia contro la quale si manifestava il 15 ottobre 2011. Né, credo, attenuanti generiche, visto che Filippi ha preso quasi il massimo della pena prevista. Una condanna esemplare, una condanna politica, comminata per motivi politici.  










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