Giustizia: basta con le stragi, la legislazione dell’emergenza e le torture… |
Sandro Padula
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Ristretti Orizzonti, 21 maggio 2012
Lo stragismo in Italia da piazza Fontana (12 dicembre 1969) a Bologna (2 agosto 1980) non rispondeva ad un’unica “strategia della tensione” ma a diverse strategie delle forze reazionarie e conservatrici italiane e occidentali, anche in reciproca guerra ma per lo più compatibili rispetto alle mutevoli esigenze politiche ed elettorali del partito repubblicano Usa (Nixon e Reagan), ed ebbe come effetto quello di favorire lo sviluppo delle Leggi dell’Emergenza.
Queste ultime ricevettero la maggiore accelerazione e il massimo consenso sociale dopo la strage di Bologna, la più tremenda e crudele fra le grandi stragi verificatasi nel corso della Prima Repubblica. Al tempo stesso crearono le condizioni ottimali, grazie alla legalizzazione dei prolungati fermi di polizia, per un uso più sistematico e diffuso delle torture. Un filo indissolubile collega perciò i fenomeni dello stragismo, della legislazione dell’Emergenza e delle torture di Stato. La matrice politico - culturale degli acclarati stragisti, come l’esperto di bombe Carlo Digilio, informatore dei servizi segreti militari statunitensi (Ftase di Verona e Vicenza), italiani e israeliani, infiltrato nel gruppo “Ordine Nuovo” del Triveneto e attivo dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta, è infatti uguale a quella del bitontino “professor De Tormentis”, il più famoso torturatore dello Stato italiano dal 1978 al 1982. Lo stragista e il torturatore si dichiaravano neofascisti ma erano due funzionari di uno Stato a sovranità limitata e ad Emergenza continua. Entrambi, tanto per dirne una, diedero la caccia ai brigatisti rossi che il 17 dicembre 1981 avevano rapito il generale Usa James Dozier, responsabile della Ftase (Nato dell’Europa meridionale). Si sentivano militanti di una specie di guerra santa filoatlantica, una guerra in cui la sovranità nazionale doveva restare limitata e subalterna alle strategie della destra statunitense. Da quel tempo molte cose sembrano cambiate. Lo stragismo del biennio 1992 - 1993, ad esempio, ebbe una diversa matrice ed era l’espressione della crisi del rapporto fra la vecchia mafia e il regime agonizzante della Prima Repubblica. La tentata strage di Brindisi del 19 maggio 2012 che ha provocato la morte di una ragazza e il ferimento di altre giovani persone è invece qualcosa di molto diverso da tutte le precedenti stragi verificatesi o tentate nell’Italia repubblicana. In questo caso è improbabile ci sia una matrice “mafiosa”. Nessuna organizzazione mafiosa, neppure la pugliese Sacra Corona Unita, ha interesse a compiere un crimine indiscriminato e a ragionare al di fuori della logica commerciale dei costi e dei ricavi di un’azione. È pure improbabile ci sia la matrice del “terrorismo politico” autonomo dallo Stato e dai servizi segreti: il (residuo) “terrorismo politico” di sinistra non ha mai compiuto azioni indiscriminate contro una scuola e da decenni neppure il (residuo) “terrorismo politico” di destra si è macchiato di crimini di questo tipo. Qui siamo dinnanzi ad un fenomeno che da un lato tende a provocare i soliti effetti liberticidi sul piano delle politiche istituzionali riguardanti la giustizia e la sicurezza collettiva e dall’altro si colloca sulla scia dei crimini compiuti da personaggi psicolabili, reazionari e neotemplari del XXI secolo come Anders Behring Breivik, l’autore degli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia, e Gianluca Casseri, colui che il 13 dicembre 2011 uccise a Firenze tre senegalesi. Il primo dato certo è che i governanti italiani si sono scandalizzati molto poco quando furono uccisi quei tre immigrati e non hanno fatto nulla, ad esempio nel campo relativo allo sviluppo territoriale delle attività psicologiche e di educazione permanente formali e informali, per contrastare in modo preventivo la diffusa mentalità schizofrenica, razzista e militarista esistente nella società che produce migliaia di “lupi solitari” facilmente strumentalizzabili. Un altro dato certo è che in Italia le stragi e le torture sono per lo più impunite e quindi c’è il rischio che si producano nuove torture, nuovi crimini aberranti, nuove stragi, nuovi depistaggi e impistaggi statuali e interstatuali e nuove Leggi dell’Emergenza. Veri e propri corti circuiti che offendono il nostro paese e non offrono alcun futuro ai giovani. Anzi, a volte li uccidono nel senso letterale della parola come hanno già ucciso a Brindisi la studentessa di 16 anni Melissa Bassi. |
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