sabato 26 maggio 2012

UN UOMO



In Finlandia, come tutti ormai sappiamo, un deficiente di 18 anni ha sparato sulla folla uccidendo una ragazza. Il fatto è un assurdo che si ripete (Norvegia, Brindisi, ripetutamente negli Usa), ma non è di questo che voglio parlare. Ma della nostra cultura giornalistica, che poi diventa comune sentire.
Ci si lagna da anni di bamboccioni, ovunque si scrive con un certo ribrezzo che "fino a 35 anni a casa", che non è un paese, il nostro, per giovani - e tutto il resto con questo collegato.
Bene. Poi, però, per un demente di 18 anni che spara in mezzo alla folla la magica "Repubblica" apre:

L'uomo era in tuta mimetica e aveva due fucili. Ha sparato all'impazzata dal tetto di un palazzo in una zona piena di locali e ristoranti, uccidendo una coetanea e ferendo otto persone, due sono in gravi condizioni. Il killer è stato arrestato, non ha opposto resistenza


L'uomo. Essere definito "uomo", in Italia, ha una valenza negativa, come la parola "signor" (il signor Berlusconi dice che...)




Prendo un paio di lingue che conosco. In russo si usa nell'ordine, seguendo l'apparenza dell'età: "malchik" (bambino), "molodoj chelovek" (giovanotto), muzhshina (si pronuncia muscina) - uomo. E per fare un complimento a qualcuno si dice: E' un vero uomo: On nastojashij Muzhshina.


Greco: parto da lontano. to Moraki (neonato), to Moro (bambino), to Pedi (bambino ma anche, con significato più ampio se detto tra amici, ragazzi), O Kirios (signore), O Andras (uomo - si legge). Poi ci sarebbe anche O Anthropos, e si può dire: Einai kalos Anthropos: una brava persona.
Ma, cosa importante: è un uomo. Autos einai antras.


Cresceremo? Lo vogliono? Io ormai, andras, muzhshina, signore e uomo da tempo, sono certo di no.


La Fallaci non è il mio modello, ma almeno sapeva, da giovane, di cosa parlava.









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