Ivan Tolstoj, redattore
di Radio Free Europe, con sede a Praga, e studioso di storia
sovietica, ha dato alle stampe per la casa editrice “Vremja” di
Mosca un interessante studio intitolato Otmytyj Roman Pasternak.
“Doktor Živago meždu KGB i CRU“ [Il
romanzo epurato di Pasternak. “Il Dottor Živago
tra KGB e CIA”].
Lungo ben 492 pagine, compresa una ricca bibliografia, il libro è
diviso in dieci capitoli più una appendice con alcuni documenti
pubblicati nel 1958 a Monaco di Baviera e poi caduti nel
dimenticatoio.
UN GIOVANE PASTERNAK |
L’interesse
e la novità rappresentati dal libro, che verte intorno alla vicenda
della pubblicazione dell’edizione in russo del romanzo e
all’assegnazione al poeta e scrittore del Premio Nobel per la
letteratura nel 1958 (premio poi rifiutato), sono costituiti dalla
ricostruzione minuziosa della vicenda, svolta attraverso
documentazione in parte inedita. Pasteernak, però, non è l'unico
protagonista del saggio; intorno al manoscritto, infatti, si muovono
molte figure: editori europei interessati a pubblicare il libro nella
loro lingua, uomini dei servizi statunitensi, sovietici e olandesi,
intenti a bloccare le iniziative degli avversari. Com'è noto,
Pasternak, poeta e scrittore conosciutissimo in patria fin dal
secondo decennio del Novecento, quando partecipò alla grande
stagione dell'avanguardia russa, dopo la morte di Stalin inviò
all'importante giornale letterario “Novyj Mir” il manoscritto del
suo unico romanzo, Il Dottor
Živago.
Il libro, che raccontava fuori dai canoni del realismo socialista la
storia della rivoluzione bolscevica attraverso le vicende di Živago,
incontrò
diverse perplessità e rimase bloccato in redazione. Non si trattava
di un “no” ufficiale, ma la risposta tardava ad arrivare. Nel
1956 un militante del Partito comunista italiano, Sergio D'angelo, fu
inviato a Mosca a lavorare alla radio internazionalista e venne a
conoscenza del manoscritto, che fece avere al suo amico Giangiacomo
Feltrinelli, allora trentenne editore talentuoso e in cerca successo.
Dimostrando capacità letterarie e manageriali di assoluto valore,
Feltrinelli comprese la valenza del libro e decise di pubblicarlo in
italiano, dopo che nel settembre del 1956 “Novyj Mir” lo aveva
ufficialmente rifiutato: la vita e la morte di Živago
erano
state intese come la vita e la morte dell'intelligencija
russa dopo la rivoluzione e l’individualismo del protagonista (e
dello scrittore) come un segno quasi patologico di alienazione dai
principi sovietici.
Feltrinelli ebbe dunque modo di entrare in contatto con Pasternak e
dopo una serie di missive nelle quali si stabilirono le questioni
legali, pubblicò l’edizione italiana di Živago nel novembre del
1957. L'edizione era importantissima per vari motivi: innanzitutto,
si trattava della prima mondiale del libro; in secondo luogo, il
fatto apriva per Feltrinelli un nuovo scenario per quanto concerneva
i diritti del testo; infine, la pubblicazione era avvenuta resistenso
alle pressioni del Pci (partito al quale Feltrinelli era iscritto)
che, su input di Mosca, aveva cercato di fermare l'operazione. Quanto
all'epoca le pressioni di Mosca erano importanti (almeno all'interno
del mondo comunista) lo dimostra il fatto che nel luglio del 1957 la
rivista polacca “Opinie” aveva pubblicato a Varsavia due capitoli
del libro, ma dopo era stata costretta a chiudere.
Subito dopo l’uscita del libro in italiano si pose una questione
non secondaria, alla quale si è fatto cenno, ossia quella dei
diritti sulle traduzioni. Se, infatti, a partire dall’uscita della
prima edizione, tempo due mesi, fosse stata pubblicata un'edizione in
russo, Feltrinelli li avrebbe perduti. In caso contrario, la lingua
originale del romanzo sarebbe stata considerata l’italiano e tutti
gli altri editori avrebbero dovuto pagare il milanese. A favore di
Feltrinelli giocava la difficoltà di pubblicare un testo in russo in
tempi brevi. Di contro, il testo che egli aveva non era quello più
completo. Pasternak era intervenuto in seguito e l'esito finale in
lingua originale di discostava un poco da quanto pubblicato a Milano
in italiano.
Secondo Ivan Tolstoj che riprende le convinzioni di molti famigliari
di Pasternak e di qualche amico (e questa è una delle tesi
principali del saggio) un’edizione in russo di Živago si
rese subito necessaria al fine di sostenere, nel 1958, la candidatura
di Pasternak al Nobel per la letteratura. Senza il libro in originale
il Comitato del Nobel non avrebbe potuto assegnare il premio. Le testimonianze degli storici del
Nobel, però, tendono a smentire questa circostanza, nel senso che il
Comitato del premio non avrebbe mai posto alcuna condizione a
nessuno. Chi scrive tende a credere a questa ipotesi, ma al
di là del motivo contingente, l'edizione russa di Živago
ebbe una certa importanza, rientrando in pieno nel clima di Guerra
fredda dell'epoca.
In
quel tempo la Guerra fredda significava anche una lotta a livello di
propaganda e gli Stati Uniti finanziavano da tempo diverse iniziative
in questo senso, tra cui alcune associazioni di emigrati russi, come
il “Congresso per la Libertà”, guidato da Nikolaj Nabokov, che
come spiega il libro, giocò un certo ruolo nella vicenda. La
maggiore impresa, però, fu costituita dal cosiddetto Book
Projekt,
nato nel 1956 a New York sotto la direzione di George Minden,
emigrato romeno (si può vedere in proposito il sito
www.cryptome.org/cia-minden.htm).
Minden guidava la Free Europea Press e il compito che gli venne
affidato fu di coordinare la stampa di libri in qualche modo avversi
ai regimi in tutte le lingue dei paesi comunisti e farli passare
oltre la cortina. In poco più di 33 anni furono portati al di là
del Danubio circa un milione di libri di storia, letteratura,
economia, poesia. Accanto ai libri, la Cia finanziò direttamente la
pubblicazione di giornali propagandistici come l’inglese
“Encounter”, il tedesco “Der Monat”, il francese “Prevue”
e l’italiano “Il Tempo Presente”. Tra le associazioni
direttamente finanziate dalla Cia troviamo, accanto al già citato
“Congresso per la libertà” una”’Unione centrale degli
emigranti del dopoguerra, con sede a Monaco di Baviera, da dove
trasmettevano anche alcune Radio dell'emigrazione. Se è vera
l'ipotesi di Tolstoj, ossia che dopo
la fine della seconda guerra mondiale era impensabile stampare libri
in russo in Occidente senza la partecipazione dei servizi segreti
americani, si può ipotizzare che la Cia sia stata anche dietro alla
pubblicazione dell'edizione russa di Živago. Stando alla
ricostruzione offerta dal libro, si direbbe che le cose siano andatte
proprio in questo modo. Mentre, infatti, Feltrinelli non si decideva
a stampare l’edizione in russo, perché ciò avrebbe significato
diventare un nemico dichiarato dell’Urss, cosa che l’editore
milanese voleva evitare, alla fine del 1957 i servizi statunitensi
incaricarono tale Elsa Bernaut di cercare un contatto in occidente
per la pubblicazione di Živago
in originale. Furono preparati due scenari paralleli: uno coinvolse
la casa editrice olandese Mouton & Co, nota per aver pubblicato
in edizione reprint molti classici filologici e letterari russi ormai
introvabili in patria. l’altro, più segreto, si avvaleva di una
stamperia anonima che avrebbe editato il libro come se fosse stato
fatto a Milano (ormai i diritti erano acquisiti da Feltrinelli), e
quindi inviare l'intera tiratura Bruxelles all'Expo del 1958.
Per la pubblicazione del romanzo in russo la Cia offrì 10.000
dollari a Peter de Ridder, redattore di Mouton, ed egli accettò, pur
sapendo che da quel momento la casa editrice avrebbe partecipato non
più a un discorso culturale, ma si sarebbe posta all'interno di un
contesto politico ben preciso Feltrinelli, pur consultato in modo
ufficioso, non ebbe sentore di quanto stesse accadendo e. Peter de
Ridder, dunque, si incaricò di preparare le circa 1000 copie del
libro,
Non appena l'edizione fu pronta e stava per essere consegnata per la
distribuzione all'Expo, Feltrinelli venne informato e si precipitò
in Olanda, dove ebbe modo di intervenire per rimediare a quella che
era una edizione pirata del libro. Incontratosi con la direzione
della casa editrice, viene presa la decisione di cambiare il colophon
di tutte le copie, che venne sostituito con uno portante la scritta,
in russo, Giangiacomo Feltrinelli (con due errori di trascrizione in
cirillico per la fretta: G anziché Dzh per il nome e la mancanza di
un apostrofo dopo la “l” del cognome). La Cia non era contraria a
questa soluzione e, anzi, poté portare a termine la propria
provocazione sotto una copertura ufficiale: all'inizio di settembre
del 1958 le mille copie del Živago in originale furono
distribuite all'Expo di Bruxelles di fronte alla delegazione
sovitica. Non volendo, Feltrinelli vi aveva partecipato. Passarono
pochi giorni, e il mondo seppe che quell'anno il premio Nobel per la
letteratura sarebbe andato proprio a Pasternak, secondo russo dopo
Bunin, che, però, a causa delle pressioni del governo sovietico,
avrebbe poi rifiutato.
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