martedì 18 giugno 2013

GIANGIACOMO L'EDITORE


Ivan Tolstoj, redattore di Radio Free Europe, con sede a Praga, e studioso di storia sovietica, ha dato alle stampe per la casa editrice “Vremja” di Mosca un interessante studio intitolato Otmytyj Roman Pasternak. “Doktor Živago meždu KGB i CRU“ [Il romanzo epurato di Pasternak. “Il Dottor Živago tra KGB e CIA”]. Lungo ben 492 pagine, compresa una ricca bibliografia, il libro è diviso in dieci capitoli più una appendice con alcuni documenti pubblicati nel 1958 a Monaco di Baviera e poi caduti nel dimenticatoio.
UN GIOVANE PASTERNAK
L’interesse e la novità rappresentati dal libro, che verte intorno alla vicenda della pubblicazione dell’edizione in russo del romanzo e all’assegnazione al poeta e scrittore del Premio Nobel per la letteratura nel 1958 (premio poi rifiutato), sono costituiti dalla ricostruzione minuziosa della vicenda, svolta attraverso documentazione in parte inedita. Pasteernak, però, non è l'unico protagonista del saggio; intorno al manoscritto, infatti, si muovono molte figure: editori europei interessati a pubblicare il libro nella loro lingua, uomini dei servizi statunitensi, sovietici e olandesi, intenti a bloccare le iniziative degli avversari. Com'è noto, Pasternak, poeta e scrittore conosciutissimo in patria fin dal secondo decennio del Novecento, quando partecipò alla grande stagione dell'avanguardia russa, dopo la morte di Stalin inviò all'importante giornale letterario “Novyj Mir” il manoscritto del suo unico romanzo, Il Dottor Živago. Il libro, che raccontava fuori dai canoni del realismo socialista la storia della rivoluzione bolscevica attraverso le vicende di Živago, incontrò diverse perplessità e rimase bloccato in redazione. Non si trattava di un “no” ufficiale, ma la risposta tardava ad arrivare. Nel 1956 un militante del Partito comunista italiano, Sergio D'angelo, fu inviato a Mosca a lavorare alla radio internazionalista e venne a conoscenza del manoscritto, che fece avere al suo amico Giangiacomo Feltrinelli, allora trentenne editore talentuoso e in cerca successo. Dimostrando capacità letterarie e manageriali di assoluto valore, Feltrinelli comprese la valenza del libro e decise di pubblicarlo in italiano, dopo che nel settembre del 1956 “Novyj Mir” lo aveva ufficialmente rifiutato: la vita e la morte di Živago erano state intese come la vita e la morte dell'intelligencija russa dopo la rivoluzione e l’individualismo del protagonista (e dello scrittore) come un segno quasi patologico di alienazione dai principi sovietici.
Feltrinelli ebbe dunque modo di entrare in contatto con Pasternak e dopo una serie di missive nelle quali si stabilirono le questioni legali, pubblicò l’edizione italiana di Živago nel novembre del 1957. L'edizione era importantissima per vari motivi: innanzitutto, si trattava della prima mondiale del libro; in secondo luogo, il fatto apriva per Feltrinelli un nuovo scenario per quanto concerneva i diritti del testo; infine, la pubblicazione era avvenuta resistenso alle pressioni del Pci (partito al quale Feltrinelli era iscritto) che, su input di Mosca, aveva cercato di fermare l'operazione. Quanto all'epoca le pressioni di Mosca erano importanti (almeno all'interno del mondo comunista) lo dimostra il fatto che nel luglio del 1957 la rivista polacca “Opinie” aveva pubblicato a Varsavia due capitoli del libro, ma dopo era stata costretta a chiudere.
Subito dopo l’uscita del libro in italiano si pose una questione non secondaria, alla quale si è fatto cenno, ossia quella dei diritti sulle traduzioni. Se, infatti, a partire dall’uscita della prima edizione, tempo due mesi, fosse stata pubblicata un'edizione in russo, Feltrinelli li avrebbe perduti. In caso contrario, la lingua originale del romanzo sarebbe stata considerata l’italiano e tutti gli altri editori avrebbero dovuto pagare il milanese. A favore di Feltrinelli giocava la difficoltà di pubblicare un testo in russo in tempi brevi. Di contro, il testo che egli aveva non era quello più completo. Pasternak era intervenuto in seguito e l'esito finale in lingua originale di discostava un poco da quanto pubblicato a Milano in italiano.
Secondo Ivan Tolstoj che riprende le convinzioni di molti famigliari di Pasternak e di qualche amico (e questa è una delle tesi principali del saggio) un’edizione in russo di Živago si rese subito necessaria al fine di sostenere, nel 1958, la candidatura di Pasternak al Nobel per la letteratura. Senza il libro in originale il Comitato del Nobel non avrebbe potuto assegnare il premio. Le testimonianze degli storici del Nobel, però, tendono a smentire questa circostanza, nel senso che il Comitato del premio non avrebbe mai posto alcuna condizione a nessuno. Chi scrive tende a credere a questa ipotesi, ma al di là del motivo contingente, l'edizione russa di Živago ebbe una certa importanza, rientrando in pieno nel clima di Guerra fredda dell'epoca.
In quel tempo la Guerra fredda significava anche una lotta a livello di propaganda e gli Stati Uniti finanziavano da tempo diverse iniziative in questo senso, tra cui alcune associazioni di emigrati russi, come il “Congresso per la Libertà”, guidato da Nikolaj Nabokov, che come spiega il libro, giocò un certo ruolo nella vicenda. La maggiore impresa, però, fu costituita dal cosiddetto Book Projekt, nato nel 1956 a New York sotto la direzione di George Minden, emigrato romeno (si può vedere in proposito il sito www.cryptome.org/cia-minden.htm). Minden guidava la Free Europea Press e il compito che gli venne affidato fu di coordinare la stampa di libri in qualche modo avversi ai regimi in tutte le lingue dei paesi comunisti e farli passare oltre la cortina. In poco più di 33 anni furono portati al di là del Danubio circa un milione di libri di storia, letteratura, economia, poesia. Accanto ai libri, la Cia finanziò direttamente la pubblicazione di giornali propagandistici come l’inglese “Encounter”, il tedesco “Der Monat”, il francese “Prevue” e l’italiano “Il Tempo Presente”. Tra le associazioni direttamente finanziate dalla Cia troviamo, accanto al già citato “Congresso per la libertà” una”’Unione centrale degli emigranti del dopoguerra, con sede a Monaco di Baviera, da dove trasmettevano anche alcune Radio dell'emigrazione. Se è vera l'ipotesi di Tolstoj, ossia che dopo la fine della seconda guerra mondiale era impensabile stampare libri in russo in Occidente senza la partecipazione dei servizi segreti americani, si può ipotizzare che la Cia sia stata anche dietro alla pubblicazione dell'edizione russa di Živago. Stando alla ricostruzione offerta dal libro, si direbbe che le cose siano andatte proprio in questo modo. Mentre, infatti, Feltrinelli non si decideva a stampare l’edizione in russo, perché ciò avrebbe significato diventare un nemico dichiarato dell’Urss, cosa che l’editore milanese voleva evitare, alla fine del 1957 i servizi statunitensi incaricarono tale Elsa Bernaut di cercare un contatto in occidente per la pubblicazione di Živago in originale. Furono preparati due scenari paralleli: uno coinvolse la casa editrice olandese Mouton & Co, nota per aver pubblicato in edizione reprint molti classici filologici e letterari russi ormai introvabili in patria. l’altro, più segreto, si avvaleva di una stamperia anonima che avrebbe editato il libro come se fosse stato fatto a Milano (ormai i diritti erano acquisiti da Feltrinelli), e quindi inviare l'intera tiratura Bruxelles all'Expo del 1958.
Per la pubblicazione del romanzo in russo la Cia offrì 10.000 dollari a Peter de Ridder, redattore di Mouton, ed egli accettò, pur sapendo che da quel momento la casa editrice avrebbe partecipato non più a un discorso culturale, ma si sarebbe posta all'interno di un contesto politico ben preciso Feltrinelli, pur consultato in modo ufficioso, non ebbe sentore di quanto stesse accadendo e. Peter de Ridder, dunque, si incaricò di preparare le circa 1000 copie del libro,
Non appena l'edizione fu pronta e stava per essere consegnata per la distribuzione all'Expo, Feltrinelli venne informato e si precipitò in Olanda, dove ebbe modo di intervenire per rimediare a quella che era una edizione pirata del libro. Incontratosi con la direzione della casa editrice, viene presa la decisione di cambiare il colophon di tutte le copie, che venne sostituito con uno portante la scritta, in russo, Giangiacomo Feltrinelli (con due errori di trascrizione in cirillico per la fretta: G anziché Dzh per il nome e la mancanza di un apostrofo dopo la “l” del cognome). La Cia non era contraria a questa soluzione e, anzi, poté portare a termine la propria provocazione sotto una copertura ufficiale: all'inizio di settembre del 1958 le mille copie del Živago in originale furono distribuite all'Expo di Bruxelles di fronte alla delegazione sovitica. Non volendo, Feltrinelli vi aveva partecipato. Passarono pochi giorni, e il mondo seppe che quell'anno il premio Nobel per la letteratura sarebbe andato proprio a Pasternak, secondo russo dopo Bunin, che, però, a causa delle pressioni del governo sovietico, avrebbe poi rifiutato.  

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