Nel giro di pochi giorni la Repubblica e, in particolare, Benedetta Tobagi, torna sui funerali di Prospero Gallinari. La Tobagi oggi li affronta concentrandosi su due problemi: la pietas e il terrorismo.
Sul primo problema sono d'accordo con lei. La pietas non c'entra. Quelli di Gallinari sono stati funerali politici. Se qualcuno che vi ha partecipato ha poi giustificato la sua presenza appellandosi a un sentimento personale, o fa finta di non capire la valenza di quel gesto, o proprio non la comprende (che forse è peggio).
E però, la stragrande maggioranza delle persone che hanno accompagnato Gallinari non erano a Coviolo per pietas, ma per riaffermare un'idea. Certo, erano vecchie, come sempre ricorda la figlia del giornalista ucciso nel 1980 da un gruppo armato di estrema sinistra, ma anche ergastolani. Vecchi ergastolani, sarebbe l'espressione corretta. Gli ex-Br sono tutti passati per la galera e alcuni ci stanno ancora oggi, a distanza di trent'anni dai fatti. Ciò vuol dire due cose, almeno: la prima - che giustizia è stata fatta. La seconda, che i brigatisti erano giovani. Esattamente, tra i 17 e i 32 anni. E chi aveva 32 anni era considerato già un vecchio. Lo scrive anche Valerio Morucci, che nelle Br ha transitato e che le conosce bene: la peggio "gioventù", dice.
Dunque, giovani. Una generazione. Quella generazione. Terroristi? Come ha ricordato Tonino Loris Paroli durante la commemorazione per Gallinari, le Br avevano la possibilità di far saltare treni, ferrovie, autostrade. Dividere in due l'Italia. Lo confermo. Avevano a disposizione esplosivo e armi di una certa pesantezza. Non l'hanno mai fatto, però. Terrorizzare, significa spaventare la popolazione civile attraverso azioniche colpiscono in modo indiscriminato. La generazione che impugnò le armi all'inizio degli anni Settanta, e in particolare l'organizzazione Brigate Rosse, non fecero morti casuali. Giovani, presero le armi perché qualcuno aveva dichiarato loro guerra. Presero le armi per difendersi. Il 12 dicembre 1969 decise le sorti dell'Italia per il decennio successivo. Se non si capisce questo, non si coglie la valenza della lotta armata. La strage di Piazza Fontana costrinse il sindacato dei metalmeccanici a chiudere una vertenza che si protraeva da mesi. E nelle fabbriche nacquero le Brigate Rosse. Ma guarda un po'. Per combattere quella generazione il nostro Stato mutò se stesso. Emanò leggi speciali, inventò reati associativi, torturò quei giovani. Non trattò per la vita di Moro, aprì carceri speciali, condannò senza prove, ma sulla base dell'assunzione collettiva di responsabilità politica. E non sono, i brigatisti, prigionieri politici? Se il reato che si contesta loro non è più "comune", come si possono definire i condannati "criminali comuni"?
Perché, dovrebbe chiedersi la Tobagi, paesi come la Francia, ma anche come il Brasile, rifiutano da decenni di concedere l'estradizione per giovani ormai divenuti vecchi, condannati allora in contumacia? La Francia ha ceduto una sola volta, e forse se ne sta ancora pentendo.
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