giovedì 24 gennaio 2013

Miloš Zeman - nuovo presidente della Repubblica Ceca


Miloš Zeman



L’11 ed il 12 Gennaio 2013 in Repubblica Ceca si è svolto il primo turno delle presidenziali. Si tratta della prima elezione diretta del capo dello Stato dopo la riforma voluta dal primo ministro Petr Nečas nel 2010 e votata dal parlamento in modo definitivo nel febbraio del 2012. Sebbene accusato da molti osservatori di aver spesso travalicato i limiti costituzionali e favorito con il suo operato la riforma, il presidente Vaclav Klaus (2003 – marzo 2013), pur firmandola si dichiarò contrario alla legge, ritenendola precoce per la relativamente giovane democrazia mitteleuropea.
  Dei nove aspiranti la carica di capo dello Stato (Klaus non ha potuto ricandidarsi), due indipendenti hanno suscitato particolare interesse nell’opinione pubblica internazionale: Vladimír Franz e Jan Fischer. Il primo, professore di Arte drammatica all’Accademia di Prega, a causa dell’aspetto assolutamente inedito per un politico, almeno qui in Occidente: il suo corpo è infatti interamente ricoperto di tatuaggi. Il secondo, perché in caso di vittoria sarebbe stato il primo presidente ebreo direttamente eletto dal popolo in Europa. Né Franz, né Fischer sono passati al secondo turno, pur avendo ottenuto un buon successo. Fischer è risultato terzo, con 841.437 voti, corrispondenti al 16,35% delle preferenze, mentre Franz è giunto quinto con 351.916 voti (6,84%). Tra loro, Jiří Dienstbier, del Partito socialdemocratico, con il 16,12%.
Al secondo turno, che si è svolto secondo tradizione dalle 14.00 del 25 gennaio alle 14.00 del giorno successivo, si sono scontrati, invece, due politici che in passato hanno ricoperto importanti cariche: Miloš Zeman, primo ministro dal 1998 al 2002, già socialdemocratico e ora leader del “Partito dei diritti civili – Zemaniani” (Strana Práv Občanů – Zemanovci) che l’11 gennaio ha raccolto 1.245.848 voti (24,21%) e un principe, Karel Schwarzenberg, attuale ministro degli Esteri, posizione peraltro già occupata dal 2007 al 2009, con alle spalle una rilevante attività di sostegno al dissenso anticomunista durante gli anni della guerra fredda e oggi leader del partito TOP-09 (Tradice Odpovědnost Prosperita 09 ossia Tradizione Responsabilità Prosperità 09), secondo con 1.204.195 voti (23,40%). L’elettorato ceco ha dunque puntato su due candidati “sicuri” e conosciuti: due settantenni che hanno già segnato la vita politica della Cechia post-comunista. Sia Zeman, sia Schwarzenberg, inoltre, dopo un impegno politico all’interno di partiti tradizionali, hanno fondato, o contribuito a far nascere, formazioni che si richiamano con gli slogan, la terminologia e il nome, a sentimenti non ideologici e populisti, come i diritti civili o la prosperità.
Com’era prevedibile, il secondo turno è stato vinto da Zeman con il 54,80% dei suffragi. Schwarzenberg si è però aggiudicato le due maggiori città del paese, Praga (66,01%) e Brno (53,90%), Plzeň (54,15%), České Budějovice (52,45%) e il voto dei cechi all’estero con l’84,21%. Zeman ha vinto conquistato tutti gli altri distretti del paese, costruendo così la sua vittoria fuori dai grandi centri urbani. È lecito chiedersi quale Cechia sarà sotto la presidenza di Zeman.
Il nuovo capo dello Stato, che salirà a marzo al Castello, si è sempre detto per un’attiva e fattiva partecipazione dell’elettorato alla vita politica. È stato quindi favorevole all’elezione diretta del presidente e vorrebbe proseguire su questa strada introducendo, per esempio, il referendum secondo il modello svizzero. Da un punto di vista sociale si è dichiarato ammiratore del sistema socialdemocratico svedese, ma le sue idee presentano tratti di liberalismo puro. È favorevole a una bassa tassazione all’interno di un sistema fiscale progressivo che non superi il 25%. Contrario all’adozione per le coppie omosessuali, si è dichiarato anche contro le quote rosa in politica. Pur essendo stato emarginato durante il periodo comunista, non è un anticomunista dichiarato, come Schwarzenberg, e l’unico partito che ritiene davvero antidemocratico è il Partito operaio della giustizia sociale (Dělnická strana sociální spravedlnosti), che giudica una formazione fascista. In politica estera ha sposato la causa di Israele, che vorrebbe vedere nella NATO. In passato ha paragonato Arafat a Hitler e nel 2011 ha dichiarato che “un musulmano moderato è come un nazista moderato”. Favorevole al mercato globale, non ritiene Russia e Cina partner ideali perché non rispetterebbero i diritti umani. Non mancano le contraddizioni. Zeman, pur avendo appoggiato l’intervento armato contro la Serbia nel 1999, ha definito il Kosovo, che da quel conflitto compì i primi passi verso la piena sovranità, una “dittatura terroristica finanziata dai narcotrafficanti”. Infine, è un europeista convinto: appoggia l’idea di un’Europa Federale, con politica estera e di difesa unitarie. Ci attende un paese attivo in politica estera, in prima linea nella “lotta al terrorismo internazionale”, ma sostanzialmente conservatore e difficilmente in grado di aprire una nuova fase storica nelle sue politiche economiche e sociali.








   

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