Per conoscenza di tutti i parlatori fallibili di cui il consiglio di facoltà di Scienze politiche dell'Università della Calabria sembra essere farcito, riporto quanto scritto dal collega Gianfelice, che cita sentenza del TAR del LAZIO la quale dà, finalmente, ragione a quanto si va sostenendo da anni durante le lotte mensili all'interno del consiglio stesso: i ricercatori devono fare ricerca!
Che poi il mio quasi ex preside affermi che ripeto sempre le stesse cose, ebbene, che continui a dirlo!
Capiterà l'occasione per ribadire.
Intanto l'ex assessore alla Cultura della Regione Calabria, prof. ordinario, che abbiamo in Consiglio, convoca la seguente!!!
è interessante notare che, al pari della sentanza del TAR della Puglia sez. di lecce (N. 01123/2012 REG.PROV.COLL. N. 00419/2011 REG.RIC.) che fa chiarezza sulla questione retribuzione della didattica curricolare erogata dai ricc., la sentenza del TAR del Lazio di cui al messaggio qui sotto, oltre a fare chiarezza sugli obblighi di presenza in sede per i ricc., rende anche loro giustizia circa la questione inerente gli obblighi didattici che questa particolare categoria di docenti universitari ha.
infatti, testualmente, il collegio scrive:
[...]
Il Collegio ritiene che ai fini della determinazione da assumere non si possa prescindere dall'esame della normativa di settore, d'altronde richiamata da entrambe le parti in causa che hanno prodotto memorie.
Ebbene, l'art. 6 l.n. 240/2010, al comma 3 prevede che: "I ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un massimo di 200 ore in regime di tempo definito".
Al Collegio appare sufficientemente chiaro che la norma indica che sia il regolamento di ateneo a stabilire modalità e criteri in ordine allo svolgimento di attività di ricerca e aggiornamento scientifico (attività "primaria" per un "ricercatore"), non quantificate nel loro ammontare orario, mentre per quel che riguarda i compiti (secondari per un "ricercatore") di didattica (infatti definita) "integrativa", di servizio agli studenti e di verifica dell'apprendimento il legislatore stesso ha fissato solo un limite massimo di 350 ore in regime a tempo pieno, che è quel che qui interessa. Nulla viene detto in ordine ad obblighi di presenza "fisica" giornaliera nelle sedi di ateneo.
Il successivo comma 7, poi, è ancora più esplicito nel prevedere che "Le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori sono definite con regolamento di ateneo, che prevede altresì la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento, nonché in relazione all'assunzione da parte del docente di specifici incarichi di responsabilità gestionale o di ricerca. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'ANVUR stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini del comma 8."
Anche qui al Collegio appare sufficientemente chiaro che la norma fa riferimento a modalità di "autocertificazione" per lo svolgimento della "secondaria" attività di cui al comma 3 e, nuovamente, al regolamento di ateneo per la verifica dell'effettivo svolgimento delle stesse. In sostanza, dal complessivo esame della norma, si rileva che l'attività "secondaria" in questione è fissata in un massimo orario annuale da attestarsi in "autocertificazione" con modalità individuate nel regolamento di ateneo. Nessuna considerazione in merito è estesa a delibere del Consiglio di amministrazione o a iniziative dei Presidi di facoltà.
[...]
Dunque al TAR del Lazio, contro l'avviso del MIUR, appare chiaro che l'attività principale dei ricc. univ.ri sia l'attività di ricerca e l'aggiornamento scientifico mentre quella didattica sia secondaria. Appare inoltre chiaro al collegio che quest'ultima sia costituita dalla didattica integrativa il cui limite superiore annuo eogabile ammonta a 350 ore, da certificarsi mediante autocertificazione.
su questo punto appare quindi chiaro che, come sottolineano i giudici del TAR, quanto recita il comma 7 dell'art. 4 della 240/2010 implica che l'ateneo deve esclusivamente regolare la modalità di autocertificazione dell'assolvimento degli obblighi didattici di proff. e ricc. prevedendo anche "la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento".
è dunque evidentemente illegittimo prevedere una modalità distinta dall'autocertificazione dell'attività didattica di un docente.
inoltre, l'erogazione di didattica curricolare da parte dei ricc. non può essere quindi in nessun caso fatta oggetto di obbligo.
per svolgere questo compito, se lo desidera, il ric. deve esprimere il proprio consenso (per iscritto, secondo il CUN) ed essere remunerato secondo quanto previsto da un apposito regolamento d'ateneo.
appare evidente che tutto ciò mal s'accorda con quanto evidenziato dalla lettera aperta che alcuni colleghi hanno inteso qualche giorno fa inviare ai membri del SA dell'unical.
ovvero che, nel verbale della seduta del Senato Accademico del 5 Luglio u.s., durante la quale, nel passaggio relativo alla approvazione "Regolamento relativo ai compiti didattici dei ricercatori di ruolo
e alla determinazione della retribuzione aggiuntiva di cui all'art. 6, commi 3 e 4, della Legge 30.12.2010, n. 240", accedendo in data 8 Ottobre
agli atti approvati e pubblicati, nel testo del verbale compariva il passaggio seguente:
"Il Preside Perrelli e il Direttore Maggiolini concordano nel proporre che nel Regolamento di Ateneo si preveda tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attività` didattiche svolte nel Dipartimento stesso, in particolare, dai ricercatori, al fine di verificarne le ore integrative.
Il Senato Accademico approva all'unanimita` l'opportunita` di prevedere nel Regolamento di Ateneo tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attivita` didattiche svolte nel Dipartimento stesso, in particolare, dai ricercatori, al fine di verificarne le ore integrative, secondo quanto proposto dal Preside Perrelli e dal Direttore Maggiolini."
Benché, accedendo successivamente al verbale in data 9 Ottobre, il testo compare modificato come segue:
"Il Preside Perrelli propone che nel Regolamento di Ateneo si preveda tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attivita` didattiche svolte nel Dipartimento stesso, in particolare, dai ricercatori, al fine di verificarne le ore integrative.
Il Senato Accademico approva all unanimita` l opportunita` di prevedere nel Regolamento di Ateneo tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attivita` didattiche svolte nel Dipartimento stesso."
lascio a chi legge ogni commento, ma direi che la cosa si commenta da sola...
a tal proposito vorrei ricordare agli onorevoli senatori che il verbale dei lavori di un organo collegiale di un istituto della Pubblica
Amministrazione è un atto giuridico appartenente alla categoria delle
certificazioni, quale documento avente lo scopo di descrivere atti o
fatti rilevanti per il diritto, compiuti in presenza di un funzionario
pubblico cui è stata attribuita la funzione verbalizzante.
pertanto non può essere sostituito, semmai può essere rettificato dalla pubblicazione di una nota a ciò preposta.
se non erro la nostra università ospita anche la scuola superiore di scienza delle amministrazioni pubbliche.
sarebbe magari il caso che qualcuno ci facesse un giretto, casomai captasse qualche consiglio utile per lo svolgimento in modo consono della propria funzione di dirigente dello stato?
non fosse altro perché, in aggiunta alle politiche di smantellamento messe in atto già da diversi anni dalle ultime amministrazioni statali nei confronti dell'Università Pubblica Italiana, per lo più miopemente avallate o passivamente subite dalla sua classe dirigente, questa - ed in particolare il nostro ateneo - sta subendo un gravissimo danno d'immagine agli occhi della collettività, a causa di
comportamenti scellerati di chi vi opera, opportunamente amplificati da talvolta capziose testate informative spesso dedite al senzazionalismo piuttosto che all'inquadramento della notizia nella giusta dimensione.
guadagnarsi ulteriormente la ribalta fomentando il clima di conflitto tra ruoli o categorie che l'attuale riforma ha rinvigorito mi pare fuori luogo, soprattutto se, come appare evidente leggendo le summenzionate sentenze, si hanno argomenti deboli...
Non vorrei però che si commettesse l'errore logico, che peraltro taluni commettono, di pensare che portare allo scoperto, pubblicizzandoli adeguatamente, comportamenti anomali, magari addirittura illegittimi, di chi ricopre posizioni direttive in un istituzione pubblica, in fin dei conti non faccia altro che danneggiare l'immagine di quest'ultima, arrivando alla conclusione che pertanto, in ultima analisi, chi manifesta la volontà di scoprire le carte vada stigmatizzato in virtù del fatto che magari è meglio lavare i panni sporchi in famiglia... Infatti, un istituzione pubblica in quanto tale è un soggetto privo di volontà e pertanto non può essere accusata né di colpa né tantomeno di dolo.
Al contrario, è chi la anima e soprattutto chi è chiamato a dirigerla
un istituzione che, nel perseverare in comportamenti dubbi dal punto di
vista della correttezza istituzionale, le recano in ultimo un danno d'immagine.
cordialmente,
m.gianfelice
Che poi il mio quasi ex preside affermi che ripeto sempre le stesse cose, ebbene, che continui a dirlo!
Capiterà l'occasione per ribadire.
Intanto l'ex assessore alla Cultura della Regione Calabria, prof. ordinario, che abbiamo in Consiglio, convoca la seguente!!!
Cari colleghi,
unicalduemilaventi, promosso da un gruppo informale di docenti Unical, invita a partecipare al seminario di analisi e proposte
“Quattro Regolamenti sbagliati, un’occasione per discuterne”.
L’incontro, che sarà coordinato dal prof. Domenico Cersosimo, si terrà il giorno 23 ottobre 2012 nello University Club a partire dalle 15:30.
Si allega la locandina col programma dell'evento.
meglio il
TAR DEL LAZIO
è interessante notare che, al pari della sentanza del TAR della Puglia sez. di lecce (N. 01123/2012 REG.PROV.COLL. N. 00419/2011 REG.RIC.) che fa chiarezza sulla questione retribuzione della didattica curricolare erogata dai ricc., la sentenza del TAR del Lazio di cui al messaggio qui sotto, oltre a fare chiarezza sugli obblighi di presenza in sede per i ricc., rende anche loro giustizia circa la questione inerente gli obblighi didattici che questa particolare categoria di docenti universitari ha.
infatti, testualmente, il collegio scrive:
[...]
Il Collegio ritiene che ai fini della determinazione da assumere non si possa prescindere dall'esame della normativa di settore, d'altronde richiamata da entrambe le parti in causa che hanno prodotto memorie.
Ebbene, l'art. 6 l.n. 240/2010, al comma 3 prevede che: "I ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un massimo di 200 ore in regime di tempo definito".
Al Collegio appare sufficientemente chiaro che la norma indica che sia il regolamento di ateneo a stabilire modalità e criteri in ordine allo svolgimento di attività di ricerca e aggiornamento scientifico (attività "primaria" per un "ricercatore"), non quantificate nel loro ammontare orario, mentre per quel che riguarda i compiti (secondari per un "ricercatore") di didattica (infatti definita) "integrativa", di servizio agli studenti e di verifica dell'apprendimento il legislatore stesso ha fissato solo un limite massimo di 350 ore in regime a tempo pieno, che è quel che qui interessa. Nulla viene detto in ordine ad obblighi di presenza "fisica" giornaliera nelle sedi di ateneo.
Il successivo comma 7, poi, è ancora più esplicito nel prevedere che "Le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori sono definite con regolamento di ateneo, che prevede altresì la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento, nonché in relazione all'assunzione da parte del docente di specifici incarichi di responsabilità gestionale o di ricerca. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'ANVUR stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini del comma 8."
Anche qui al Collegio appare sufficientemente chiaro che la norma fa riferimento a modalità di "autocertificazione" per lo svolgimento della "secondaria" attività di cui al comma 3 e, nuovamente, al regolamento di ateneo per la verifica dell'effettivo svolgimento delle stesse. In sostanza, dal complessivo esame della norma, si rileva che l'attività "secondaria" in questione è fissata in un massimo orario annuale da attestarsi in "autocertificazione" con modalità individuate nel regolamento di ateneo. Nessuna considerazione in merito è estesa a delibere del Consiglio di amministrazione o a iniziative dei Presidi di facoltà.
[...]
Dunque al TAR del Lazio, contro l'avviso del MIUR, appare chiaro che l'attività principale dei ricc. univ.ri sia l'attività di ricerca e l'aggiornamento scientifico mentre quella didattica sia secondaria. Appare inoltre chiaro al collegio che quest'ultima sia costituita dalla didattica integrativa il cui limite superiore annuo eogabile ammonta a 350 ore, da certificarsi mediante autocertificazione.
su questo punto appare quindi chiaro che, come sottolineano i giudici del TAR, quanto recita il comma 7 dell'art. 4 della 240/2010 implica che l'ateneo deve esclusivamente regolare la modalità di autocertificazione dell'assolvimento degli obblighi didattici di proff. e ricc. prevedendo anche "la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento".
è dunque evidentemente illegittimo prevedere una modalità distinta dall'autocertificazione dell'attività didattica di un docente.
inoltre, l'erogazione di didattica curricolare da parte dei ricc. non può essere quindi in nessun caso fatta oggetto di obbligo.
per svolgere questo compito, se lo desidera, il ric. deve esprimere il proprio consenso (per iscritto, secondo il CUN) ed essere remunerato secondo quanto previsto da un apposito regolamento d'ateneo.
appare evidente che tutto ciò mal s'accorda con quanto evidenziato dalla lettera aperta che alcuni colleghi hanno inteso qualche giorno fa inviare ai membri del SA dell'unical.
ovvero che, nel verbale della seduta del Senato Accademico del 5 Luglio u.s., durante la quale, nel passaggio relativo alla approvazione "Regolamento relativo ai compiti didattici dei ricercatori di ruolo
e alla determinazione della retribuzione aggiuntiva di cui all'art. 6, commi 3 e 4, della Legge 30.12.2010, n. 240", accedendo in data 8 Ottobre
agli atti approvati e pubblicati, nel testo del verbale compariva il passaggio seguente:
"Il Preside Perrelli e il Direttore Maggiolini concordano nel proporre che nel Regolamento di Ateneo si preveda tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attività` didattiche svolte nel Dipartimento stesso, in particolare, dai ricercatori, al fine di verificarne le ore integrative.
Il Senato Accademico approva all'unanimita` l'opportunita` di prevedere nel Regolamento di Ateneo tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attivita` didattiche svolte nel Dipartimento stesso, in particolare, dai ricercatori, al fine di verificarne le ore integrative, secondo quanto proposto dal Preside Perrelli e dal Direttore Maggiolini."
Benché, accedendo successivamente al verbale in data 9 Ottobre, il testo compare modificato come segue:
"Il Preside Perrelli propone che nel Regolamento di Ateneo si preveda tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attivita` didattiche svolte nel Dipartimento stesso, in particolare, dai ricercatori, al fine di verificarne le ore integrative.
Il Senato Accademico approva all unanimita` l opportunita` di prevedere nel Regolamento di Ateneo tra i compiti del Direttore di Dipartimento quello di elaborare una relazione sulle attivita` didattiche svolte nel Dipartimento stesso."
lascio a chi legge ogni commento, ma direi che la cosa si commenta da sola...
a tal proposito vorrei ricordare agli onorevoli senatori che il verbale dei lavori di un organo collegiale di un istituto della Pubblica
Amministrazione è un atto giuridico appartenente alla categoria delle
certificazioni, quale documento avente lo scopo di descrivere atti o
fatti rilevanti per il diritto, compiuti in presenza di un funzionario
pubblico cui è stata attribuita la funzione verbalizzante.
pertanto non può essere sostituito, semmai può essere rettificato dalla pubblicazione di una nota a ciò preposta.
se non erro la nostra università ospita anche la scuola superiore di scienza delle amministrazioni pubbliche.
sarebbe magari il caso che qualcuno ci facesse un giretto, casomai captasse qualche consiglio utile per lo svolgimento in modo consono della propria funzione di dirigente dello stato?
non fosse altro perché, in aggiunta alle politiche di smantellamento messe in atto già da diversi anni dalle ultime amministrazioni statali nei confronti dell'Università Pubblica Italiana, per lo più miopemente avallate o passivamente subite dalla sua classe dirigente, questa - ed in particolare il nostro ateneo - sta subendo un gravissimo danno d'immagine agli occhi della collettività, a causa di
comportamenti scellerati di chi vi opera, opportunamente amplificati da talvolta capziose testate informative spesso dedite al senzazionalismo piuttosto che all'inquadramento della notizia nella giusta dimensione.
guadagnarsi ulteriormente la ribalta fomentando il clima di conflitto tra ruoli o categorie che l'attuale riforma ha rinvigorito mi pare fuori luogo, soprattutto se, come appare evidente leggendo le summenzionate sentenze, si hanno argomenti deboli...
Non vorrei però che si commettesse l'errore logico, che peraltro taluni commettono, di pensare che portare allo scoperto, pubblicizzandoli adeguatamente, comportamenti anomali, magari addirittura illegittimi, di chi ricopre posizioni direttive in un istituzione pubblica, in fin dei conti non faccia altro che danneggiare l'immagine di quest'ultima, arrivando alla conclusione che pertanto, in ultima analisi, chi manifesta la volontà di scoprire le carte vada stigmatizzato in virtù del fatto che magari è meglio lavare i panni sporchi in famiglia... Infatti, un istituzione pubblica in quanto tale è un soggetto privo di volontà e pertanto non può essere accusata né di colpa né tantomeno di dolo.
Al contrario, è chi la anima e soprattutto chi è chiamato a dirigerla
un istituzione che, nel perseverare in comportamenti dubbi dal punto di
vista della correttezza istituzionale, le recano in ultimo un danno d'immagine.
cordialmente,
m.gianfelice
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