venerdì 8 giugno 2012

Intervento del Presidente Napolitano alla celebrazione del "Giorno della Memoria" dedicato alle vittime del terrorismo


Intervento del Presidente Napolitano alla celebrazione del "Giorno della Memoria" dedicato alle vittime del terrorismo


Palazzo del Quirinale, 09/05/2012
Una parola di apprezzamento, innanzitutto, per la sua disponibilità e bravura va alla conduttrice Silvia Giralucci, che è d'altronde con noi oggi a pieno titolo rievocando il giovane padre ucciso dalle Brigate Rosse, nella cupa Padova degli anni Settanta, "perché era di destra".
Prosegue anche con questo incontro - così partecipato, e di ciò vi ringrazio, vedendo in sala molti volti ormai familiari - l'opera avviata grazie all'impulso della legge approvata dal Parlamento nel 2007. Opera di raccoglimento solidale nel ricordo e nell'omaggio per tutte le vittime del terrorismo ; di ricomposizione unitaria di molteplici esperienze, dolorose e laceranti, vissute in rapporto alle singole vicende di quella stagione di violenza sanguinaria. Opera, nello stesso tempo, di trasmissione della memoria, di ricostruzione e approfondimento sul piano storico, di riflessione collettiva e di mobilitazione civile.

Ecco, quest'opera è andata avanti, negli ultimi cinque anni, attraverso un crescere, in modo imprevedibile, di contributi e di iniziative, che ci ha grandemente confortato, confermando la fecondità dell'impulso e dell'indirizzo che si espressero proprio qui nella Giornata del 9 maggio 2008. Si sono da allora levate molte voci nuove, hanno preso la parola, innanzitutto, famigliari delle vittime, prima soverchiati dal rumoroso e spudorato esibizionismo dei colpevoli, e scoraggiati da disattenzioni e ambiguità dello stesso mondo dell'informazione. Si sono imposti all'attenzione nuovi analisti e studiosi, con apporti originali e importanti. C'è stato insomma un forte risveglio di sensibilità e di coscienze. Ed è così che dobbiamo proseguire. Per questo siamo oggi qui riuniti.

E ringrazio per i loro contributi quanti sono intervenuti a richiamare, per esperienza vissuta e per testimonianza, vicende e figure altamente rappresentative degli anni funesti dell'attacco terroristico, che furono insieme anni di resistenza e risposta coraggiosa da parte delle forze migliori dello Stato democratico e della società italiana. L'intervento del dottor Simone ci ha ricordato, e ci ha permesso di apprezzare nuovamente, non solo la sua reazione all'agguato di trent'anni fa, ma la serena tenacia con cui egli ha saputo prima affrontare le conseguenze dei colpi subìti in quanto combattente della lotta contro il terrorismo, e poi dedicarsi a nuove missioni al servizio dello Stato. Il 1982 vide un drammatico susseguirsi di attentati omicidi contro uomini delle forze dell'ordine, e vide perfino cadere crudelmente un bambino, Stefano Gaj Tachè, nell'agguato terroristico alla Sinagoga di Roma.

Un grazie particolare a lei, colonnello Galvaligi, per averci offerto una così bella testimonianza di affetto e di omaggio filiale confidandoci l'estremo messaggio indirizzato ai suoi cari da un'alta, nobilissima figura di italiano impegnato da generale dell'Arma in prima linea a contrastare e sconfiggere le Brigate Rosse.
Prezioso è stato poi il ricordo, nelle partecipi parole dell'avvocato Zancan, del discreto eroismo del Presidente Fulvio Croce : forse per pochi come per lui, tra le vittime del terrorismo, si può parlare dell'apporto decisivo della società civile, nel senso più limpido e forte di quest'espressione, in difesa delle istituzioni democratiche, in difesa della Repubblica.
Negli interventi che ho richiamato, abbiamo ritrovato diverse tappe dello scontro col terrorismo : 1982, 1980, 1977. Ma come dimenticare il 2002 che dieci anni fa segnò con l'omicidio di Marco Biagi l'estremo sussulto di un feroce brigatismo già sconfitto? Abbiamo onorato la memoria e l'eredità del Professor Biagi a Modena e alla Camera dei Deputati, e vi rendiamo ancora omaggio esprimendo sentimenti di rinnovata vicinanza alla signora Marina che è con noi.

In questa Giornata della Memoria è nello stesso tempo risuonata, nelle parole dell'avvocato Vittorini, l'eco sofferta di una città ferita - Brescia - che è nuovamente rimasta senza il conforto di un accertamento e di una sanzione di colpevolezza per i responsabili della strage di Piazza della Loggia. Comprendiamo la profonda amarezza di tutti i bresciani e in primo luogo dei famigliari delle vittime, a cominciare dal caro Manlio Milani, che ha guidato l'Associazione sempre con animo fermo e con sconfinata passione e dedizione. Grazie ancora a Manlio, ora a Vittorini anche per la nuova iniziativa e proposta di cui si è fatto portatore.

Gli interrogativi riproposti dalla sentenza di Brescia, e insieme la rinnovata discussione su Piazza Fontana rimbalzata, per così dire, da un evento cinematografico, ci spingono a ritornare oggi sulla tematica delle stragi di matrice terroristica, e sui nodi principali che essa ha presentato e presenta. A quei temi dedicai il mio intervento nella Giornata del 9 maggio 2009, e non ripeterò argomentazioni che credo abbiano conservato pienamente la loro validità.
Certo, sentiamo ancor più fortemente il tormento di una giustizia incompiuta, dopo tante sollecitazioni, speranze, attese e delusioni. Non è vano ripetere che il corso della giustizia deve - pur nei limiti in cui (ad esempio, anche dopo la recente sentenza per Piazza della Loggia) è rimasto possibile - continuare con ogni scrupolo. Ma è altrettanto necessario mettere sempre in luce tutto quel che di netto, preciso, inconfutabile è emerso dalle stesse carte processuali e dalle stesse sentenze - per quanto insoddisfacenti rispetto all'esigenza di colpire le persone responsabili di orrende stragi con pene adeguate e da scontare effettivamente. Resta quel che è emerso - come ha ribadito l'avvocato Vittorini circa la matrice di estrema destra neofascista di quelle azioni criminali, e anche circa il peso della "attività depistatoria svolta da una parte degli apparati dello Stato". Dunque, una verità storica si è conseguita, con il contributo anche delle inchieste parlamentari e delle ricerche portate avanti dalle famiglie e dalle associazioni delle vittime, da tanta parte della società civile. Ebbene, tutto questo - come ha scritto la nostra sempre attenta e combattiva Benedetta Tobagi - "le assoluzioni non bastano a cancellarlo".

Insomma - e lo hanno detto in diversi, e lo ha significativamente scritto Mario Calabresi, un protagonista della riflessione sul terrorismo e sulle sue vittime, sul dovere di coltivarne la memoria e l'insegnamento - non brancoliamo nel buio di un'Italia dei misteri : ci troviamo dinanzi a limiti da rimuovere e a problemi di giustizia e di verità ancora da risolvere, ma in un'Italia che ha svelato gravissime insidie via via liberandosene, che ha sconfitto il terrorismo, individuandone e sanzionandone a centinaia gli sciagurati attori, e che ha salvaguardato i presidi della nostra vita democratica.

Certo, anche sul piano della ricostruzione della verità storica, molto rimane da fare. Con rigore di metodo, con giusto distacco da una condizionante vicinanza emotiva o da troppo facili schemi interpretativi, e con possibilità maggiori di accesso a tutte le fonti essenziali.

A questo proposito, è in corso - secondo una dettagliata valutazione fornitami dal COPASIR - un'evoluzione positiva in materia di accesso agli atti, compresi quelli degli organismi di intelligence e sul terreno della riorganizzazione dei loro archivi per accelerare il versamento di documenti all'Archivio storico del DIS e quindi all'Archivio Centrale dello Stato, presso il quale siano consultabili. Attraverso la vigilanza e la sollecitazione esercitate dal COPASIR, il Parlamento segue più in generale il rinnovato impegno del governo all'applicazione di regole stringenti in materia di ricorso al segreto di Stato che scongiurino il pericolo delle distorsioni, durante gli anni del terrorismo e delle stragi, che sono state spesso e in più sedi denunciate.

A questo problema si è anche riferito Miguel Gotor, che tuttavia ha col suo lavoro già mostrato come il tempo della storia sia giunto e possa essere fecondamente coltivato. Non c'è bisogno che aggiunga quale emozione, quale senso di profonda partecipazione, abbia rinnovato in me e in tutti noi la visione degli originali di due lettere di Aldo Moro, scritte in quei 55 giorni che furono, quelli sì, davvero "notte della Repubblica", una "notte" che Aldo Moro aveva visto incombere e invano tentato di allontanare.

Quel che ci preme in definitiva - insieme col tener viva, anche nelle sue forme più sofferte, la memoria delle vittime del terrorismo, è consolidare nella società e soprattutto nelle nuove generazioni, il senso della libertà e della democrazia conquistate sconfiggendo il fascismo, sancite nella Costituzione repubblicana, fatte oggetto di trame e di azioni distruttive, difese e riaffermate dalla grande maggioranza dei cittadini - normali "cittadini" che vi credevano e che hanno reagito a pericoli estremi come il terrorismo anche pagando prezzi durissimi.

Quel che ci preme è diffondere, anzi condividere, consapevolezza storica, sensibilità civica, volontà di partecipazione a tutela dei principi e dei diritti costituzionali, da qualunque parte vengano insidiati o feriti. E' così che possiamo porre un argine insuperabile a ogni rigurgito di violenza e finanche di violenza armata. Non ci sono ragioni di dissenso politico e tensione sociale, che possano giustificare ribellismi, illegalismi, forme di ricorso alla forza destinate a sfociare in atti di terrorismo. Quella tragedia non si ripeterà, nemmeno in forme di bieca e sempre micidiale farsa. Fossero pure solo le modalità dell'agguato al dirigente d'azienda genovese a richiamare il terrorismo - vedremo i seguiti dell'indagine - la risposta e la vigilanza devono essere categoriche. Quanti fossero tentati di mettersi su quella strada sono dei perdenti, non si illudano di intimidire lo Stato e i cittadini.

Cara Anna Brugnolli, cari ragazzi di "Note a margine", il senso del nostro impegno voi avete mostrato di averlo pienamente inteso e di saperlo portare magnificamente avanti, dialogando con Francesca e Paolo Dendena, con Carlo Arnoldi, e con le due signore, Licia Pinelli e Gemma Calabresi, che incontrandosi tra loro proprio qui tre anni orsono sono divenute l'emblema di un'alta missione comune.

Voglio associarmi - a questo tengo davvero - al ricordo di Francesca Dendena e dedicare a lei l'intera Giornata della memoria che abbiamo celebrato oggi. Perché in tutto quel che Francesca vi ha detto e che voi avete raccolto nel libro, cara Anna Brugnolli, io ho trovato una straordinaria lezione di umanità, combattività ed equilibrio, di sapienza e saggezza politica, di senso della democrazia e della nazione. Come suonano drammaticamente vere quelle sue parole, riferite allo shock per la strage di Piazza della Loggia : "temetti che a quel punto lo Stato democratico avrebbe potuto non reggere". Un timore che in più momenti, durante quegli anni, assalì anche me, voglio dirlo. Ma l'Italia, lo Stato democratico, lo Stato di diritto, ce la fecero. Ed è per questo che celebrando i 150 anni dell'Italia unita, riflettendo sul suo passato e sul suo avvenire, abbiamo potuto indicare nell'esperienza del terrorismo, in quella prova superata grazie a uno sforzo corale, un grande esempio di vitalità del tessuto unitario della nostra nazione e della nostra democrazia, un punto di riferimento e una sorgente di fiducia per il nostro comune futuro.

Ma permettetemi una conclusione più personale. Queste Giornate in memoria delle vittime del terrorismo, il ricordo di quegli uomini e di quelle donne come persone, la vicinanza al dolore delle loro famiglie, la riflessione intensa su quelle vicende, su quel periodo di storia sofferta, di storia vissuta sono stati in questi anni tra gli impegni che più mi hanno messo alla prova e coinvolto non solo istituzionalmente, ma moralmente ed emotivamente. Hanno messo alla prova la mia capacità di ascoltare e di immedesimarmi, la mia responsabilità di lettura imparziale, equanime di fatti che chiamavano in causa diverse ed opposte ideologie e pratiche politiche.

Trasmetterò il senso di questo impegno a chi mi succederà, così che possa essere portato avanti con immutata convinzione e tenacia.

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