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mercoledì 25 febbraio 2015

SCUOLA DOCET


La delegazione italiana. Così ci chiamano a Mosca. Siamo qui per una settimana di aggiornamento. In verità nessuno degli altri colleghi parla russo, ma questo è in fondo assai relativo, l'importante è osservare il metodo di insegnamento. E tutti ne restano molto colpiti. Come sono colpiti dagli strumenti a disposizione in ogni aula (computer, stampante, scanner e lim, l'aula è del docente, i ragazzi si spostano) e soprattutto il livello di preparazione degli allievi. In tutte le scuole visitate (cinque, una al giorno), di ogni grado. Per me non c'è nulla di nuovo, ma comprendo lo stupore dei miei colleghi e in ogni caso vedere l'insegnante russo all'opera impressiona anche me. 45 minuti di lezione (ritmi intensissimi) e 15 di pausa (con evidente valore pedagogico; ve lo ricordate il recupero frazioni orarie? Ore da 50 per problemi di trasporto, e per farci stare tutte le materie senza sforare dalle 13:00, ma dato che sei pagato per 60, quei 10 minuti li devi recuperare, così sommati, passavi pomeriggi interi in più a scuola). Al pomeriggio ci sono lezioni facoltative soprattutto di lingue straniere, alle quali praticamente tutti gli studenti partecipano. Ore pagate dallo Stato. Che dà anche incentivi pecuniari. Ma non voglio soffermarmi su aspetti troppo tecnici, che per altro si ritrovano anche in altri Paesi, né fare paragoni col nostro sistema, sarebbe assurdo tanto sono distanti. Voglio sottolineare solo due cose che hanno colpito la mia attenzione e che mi fanno riflettere. La prima domanda comune ai colleghi: in tutte le classi gli allievi sono perfettamente disciplinati, sempre attenti e nessuno si è mai permesso di avere un atteggiamento non consono. Ma che i ragazzi russi sono speciali? Sono tutti santi? Sono sotto ipnosi? Sono così perché ci siamo noi? Non hanno anche loro casi di allievi indisciplinati? Li hanno, li hanno, così come hanno i genitori che difendono a spada tratta i propri figli. Ma il corpo docente è compatto nell'azione educativa, sostenuti in primis dal direttore della scuola (ancora me le ricordo le romanzine del dirigente che neanche tanto velatamente intendevano che non si può bocciare, altrimenti abbiamo i genitori contro e oltretutto non si forma la classe perché non c'è il numero), scuola al cui interno c'è permanentemente la figura dello psicologo che lavora tanto coi docenti quanto con gli allievi... di quali classi? Fin dalla primaria. Sottolineo: primaria. C'è una grandissima attenzione per questa età. I problemi di disciplina, di comprensione dell'importanza dello studio, dell'orgoglio che può derivare dal sapere, del rispetto per la figura dell'adulto, per il materiale della scuola, … vengono affrontati fin da piccoli. Dai bambini si pretende. Con dolcezza, con fermezza, ma si pretende: i bambini vanno educati. Dal corpo docenti compatto.
Il secondo punto: la chiamata nelle scuole è diretta, il direttore sceglie l'insegnante, non esistono graduatorie. Il mio dirigente e il rappresentante del console italiano a Mosca designato al settore scuola sono in visibilio. Come immagino molti altri presidi. Vige la legge del più bravo. Abbasso i sindacati che intralciano (“e questo è un problema che andrà affrontato”, sic), finalmente avere le mani più libere per poter agire. Così la pensano. Se da un lato posso capirlo a pensare a quanti fanno i furbi, presentando certificati falsi firmati da medici compiacenti e molto altro, dall'altro penso che i dirigenti trascurino che i docenti russi sono seguiti costantemente nella formazione, non sono sbattuti in aula e mo' t'arrangi, trascurino che i direttori hanno competenze (termine tanto di moda) pedagogiche e didattiche e che ogni cinque anni devono sostenere un esame (i docenti ogni tre), trascurino che per i colleghi russi la scuola è un orgoglio non solo nell'esibire la strumentazione in dotazione, ma nelle effettive capacità che gli allievi dimostrano, trascurino o facciano finta di non capire molto altro. A me alcune domande sono sorte, ma la tavola rotonda con tutti i rappresentanti non è certo il luogo per porle. Aspetto. Mentre il pulmino ci porta al prossimo impegno, chiacchiero con una docente russa. Le chiedo: ma da voi non ci sono casi di mobbing? Risponde: nella scuola c'è molta competizione e anche molta corruzione, spesso entra chi deve entrare, l'amica, la parente, certo ci sono molti casi di mobbing, ma il sindacato è abbastanza forte. Ecco, direi che, una volta risolto il problema del sindacato, il sistema della chiamata diretta, ché solo questo aspetto prenderebbero, si addice perfettamente al nostro paese.
Detto tutto ciò, dirò anche che è molto “comodo” farci visitare le scuole migliori della città (sono 400 su più di 2000), quelle a cui il governo dà molti incentivi in virtù degli standard raggiunti. Mi piacerebbe molto visitare anche scuole fuori dal range, se non altro per avere un quadro più completo di quella che è effettivamente la realtà. Realtà moscovita, s'intende. Il Paese è immenso e complesso.

venerdì 28 novembre 2014

La "buona" scuola


Chiamarla riforma è un'autentica bestialità. Perché non dà una forma nuova, non cambia pedagogicamente proprio nulla, rispetto ai danni già apportati, s'intende. Perché non è altro che l'attuazione di un dovere da parte dello stato di garantire ai suoi cittadini il lavoro, come previsto dalla Costituzione. Peccato che questo dovere se lo siano dimenticato e che oggi venga imposto sottoforma di sanzione dall'Unione Europea.
Dunque ora, nero su bianco, sono obbligati ad assumere definitivamente poco meno di 150 mila persone. La legge prevede che le assunzioni siano per il 50% dalle graduatorie permanenti, nelle quali, è bene ricordarlo, gli insegnanti stazionano da almeno 15 anni, e per il 50% dalle nuove graduatorie formatesi dopo il concorso del 2012. Siccome però la sentenza dell'Unione Europea impone di assumere chi già abilitato da molti anni si è visto rinnovare il contratto senza essere mai assunto definitivamente, la legge va cambiata per poter immettere in ruolo il 90% di chi è iscritto nelle graduatorie permanenti. Olé.
150 mila docenti non sono pochi. Ci saranno cattedre sufficienti per tutti? Il governo, che si è fatto due conti, ipotizza che circa 43 mila rinunceranno volontariamente all'assunzione dato che negli ultimi 3 anni non hanno accettato supplenze (pag 27). Come è possibile che 43 mila persone coi tempi che corrono rinuncino a un lavoro fisso?! Devono essere pazzi. No. Per capire perché probabilmente in molti rinunceranno, cerchiamo di spiegare come si intende immettere in ruolo e cosa succederà nella scuola e ai docenti. Analizziamo parte delle 136 pagine che il governo si è affrettato a pubblicare ai primi di settembre, molto in anticipo sulla scontata sanzione europea, tanto per dimostrare che gli italiani sono di buona volontà. Quanto è stato scritto lascia spazio a diversi dubbi ed incertezze, ma si può evincere che la chiamata sarà su scala nazionale e che non necessariamente sarà nella classe di concorso per la quale si è abilitati e nella quale già si lavora: bisogna essere flessibili e venire incontro alle esigenze geografiche e didattiche della penisola (pag 27). Vuol dire che, una volta esauriti i candidati iscritti in una provincia (non è scritto a chiare lettere, ma si spera che dimostrino buon senso e partano da lì), si passa ad offrire la cattedra con tutta probabilità, ma neanche su questo non ci sono indicazioni certe, al primo col punteggio più alto sul territorio nazionale. Ricordo ancora che la stragrande maggioranza dei docenti in questo paese è costituita da donne (andate a vedere i grafici che lo stesso governo pubblica a pag 18), che nei 15 anni di precariato hanno, come penso molti colleghi maschi, probabilmente formato una famiglia, avuto dei figli, magari hanno la fortuna di avere un marito che lavora, magari hanno avuto l'ardire di comprare casa. Poniamo che l'insegnante viva a Terni, insegni matematica in un liceo (ha l'abilitazione solo per insegnare matematica alle superiori), nella sua provincia non ci sono più posti disponibili, le offrono una cattedra a Torino. Può capitare che la nomina non sia in un istituto superiore, ma alle medie (perché lì c'è bisogno), dove mai avrebbe voluto insegnare, perché coi ragazzini non ci sa stare, non li capisce, perché i contenuti della materia sono molto meno stimolanti per lei. Ora che fa? Accetta e lascia i figli “soli” 6 giorni su 7 (perché avere il sabato libero è una chimera per l'ultimo arrivato)? Li sradica da scuola e amici? Chiede al marito di cercarsi un lavoro in Piemonte? Rinuncia e butta via laurea e abilitazione, anni di aspettative, anni in cui ha investito le sue energie creative, le sue passioni per far crescere i figli degli altri? Ma è un problema suo, lo stato le offre il lavoro, se poi rinuncia...
Certamente altri rinunceranno perché magari lavorano in una paritaria o in una privata o hanno effettivamente cambiato lavoro. E beati loro a questo punto.
Ma anche così non ci saranno posti per tutti, neppure accorpando spezzoni, neppure reintroducendo, in minimissima parte,ore di insegnamenti eliminate dalla ristrutturazione degli indirizzi, eliminazione che ha portato a sopprimere cattedre non più necessarie. Dunque come risolvere? Creando una figura nuova: il docente organico funzionale. Questi insegnanti assunti a tempo indeterminato non avranno una loro cattedra, ma: “saranno a disposizione delle scuole, o delle reti di scuole, sia per svolgere gli altri compiti legati all'autonomia e all'ampliamento dell'offerta formativia (insegnamenti extra-curricolari, predisposizione di contenuti innovativi per la didattica [contenuti qui significa uso lo strumento tablet piuttosto che fotocopie, non pensiate ai contenuti in termini di conoscenze, ricordatevi che da anni i programmi nazionali come li abbiamo conosciuti sono stati aboliti, ora ci sono le indicazioni nazionali che fissano gli obiettivi da raggiungere, che cosa tu ci metta dentro, ma meglio se non ci metti molto, sono fatti tuoi], progettualità di vario tipo, affiancamento ai tirocinanti, ecc.); sia, anche in questo caso, per coprire le supplenze brevi.”, le quali “non apportano infatti molto dal punto di vista della didattica e dell'apprendimento”.(pag 24) Già perchè si tratta al massimo di poche settimane e naturalmente è impossibile programmare qualunque cosa. È evidente che l'organico funzionale è manodopera: oggi in quella scuola a tot chilometri manca il prof. vacci tu, domani in quell'altra manca il tale vai sempre tu, quell'istituto (nel quale mai hai lavorato) avrebbe bisogno di un progettino: tu che sei bravetta pensane uno, e via di seguito. Ma il governo si rende conto di quanto potrebbe essere frustrante per un insegnante essere assunto e fare tutto fuorché insegnare e pensa bene di creare mobilità interna: chi ha la catterdra può passare ad organico funzionale e viceversa. Geniale vero?
Come geniale è rivedere lo status giuridico degli insegnanti (e i sindacati firmeranno, ve lo assicuro!) per introdurre i crediti didattici, formativi, professionali al fine di valutarli e farli progredire nella carriera. Progredire nella carriera qui significa un aumento di stipendio che si ottiene ancora una volta facendo molto altro oltre che insegnare. Ma pare che entusiasmo e motivazione derivino unicamente da incentivi di natura economica, così almeno è ripetuto più volte ne “La buona scuola”.
E “La buona scuola” prevede che i dirigenti tornino ad occuparsi di scelte educative (però!), possano “scegliere i docenti che coordinano attività di innovazione didattica, valutazione, orientamento e premiarne, anche economicamente, l'impegno”.( pag 64) Si sta introducendo una sorta di chiamata diretta, anche se non ancora per l'attività di didattica in aula, che potrebbe avere un suo senso, se non fossimo in Italia, dove gli insegnanti saranno una volta di più alla mercè del più forte. (pag 68)
Inoltre: siccome gli organi colleggiali non devono esistere per porre veti ed intralciare il lavoro del dirigente come oggi spesso ahimè accade, vanno riformati (pag 71). Qui però il governo va cauto e si limita ad una proposta.
Meno male che puntano sulla scuola come risorsa per il futuro, per la democrazia, che hanno a cuore gli insegnanti, che li vogliono formati, entusiasti, felici e pagati, altrimenti chissà dove andremmo a finire.
Ci sarebbe ancora molto molto da dire, ma mi fermo: sono certa che il governo in carica o chi per esso mi darà modo di scrivere ancora.

A.Z.

martedì 5 novembre 2013

LETTERA DALLA SCUOLA

Ricevo e pubblico.

Cosi' come l'universita' anche,


Grande novità a scuola. A livello nazionale è stato introdotto il registro elettronico. Di classe e personale. Tutte le istituzioni scolastiche si stanno progressivamente dotando di tablet. Si può riassumere in una parola: controllo. Da parte dei genitori sui propri figli: assenze, note, ritardi, tutto controllabile seduta stante. E pazienza per i rapporti genitori-figli basati sulla fiducia e il dialogo, che è affar loro in fondo. Virtualmente non c'è neanche più bisogno della frase di rito: “Com'è andata oggi?” Aspetto la notizia scandalo del primo allievo che forza il sistema e si cambia i voti o si diminuisce le assenze. Allo stesso modo siamo controllabili noi: se firmiamo o ci dimentichiamo, quando lo facciamo, se scriviamo gli argomenti del giorno, a che ora segniamo il ritardo di un allievo, tutto controllabile dall'amministrazione dalle 8.05 in avanti. Non ha importanza che il controllo venga di fatto esercitato oppure no. È il principio che mi disturba.
La Ragioneria Generale dello Stato e l'amministrazione scolastica ci ricordano un'altra grande notizia e ribadiscono quanto segue: a seguito di quanto stabilito dalla Legge di Stabilità per l'anno 2013, “sarà consentita la “monetarizzazione” delle ferie in favore del personale docente a tempo determinato nella misura data dai giorni di ferie spettanti, detratti quelli di sospensione delle lezioni compresi nel periodo contrattuale”. (Ossia ogni volta che non siamo fisicamente a scuola per vacanze natalizie, pasquali, estive etc (pur avendo il contratto, e mica l'abbiamo chiesta noi la sospensione) non ci pagano le ferie maturate su quei giorni. E certo: già abbiamo lo stipendio pur stando a casa... che vuoi di più?) L'amministrazione “invita a produrre domanda di ferie nei periodi di sospensione dell'attività didattica. Cordiali saluti”.
Nessuna piega dai colleghi di ruolo. Come mi aspettavo. Ma se leggessero attentamente le carte verrebbero a sapere che “il personale a tempo indeterminato – che precedentemente poteva fruire delle ferie soltanto durante la sospensione delle attività didattiche [leggi d'estate] – può essere posto in ferie, sino a comprendere tutti i periodi di sospensione delle lezioni”. Un avvertimento neanche tanto velato.
ANNA ZANIER