lunedì 31 marzo 2014

IL RICONSCIMENTO POLITICO DELLE BR


L'ultimo libro di Walter Veltroni dedicato a Berlinguer, libro che cammina di pari passo con il libro, contiene un implicito riconoscimento politico delle Br. Decenni dopo, e perché contiene l'intervista a uno dei suoi fondatori, Franceschini Alberto. Che racconta, nella prima parte, i motivi che portarono molti giovani ad allontanarsi dal Pci e aderire alla lotta armata. In seguito, egli ripete la stessa dietrologia sul caso Moro dei suoi precedenti interventi, PUR AVENDO PREMESSO CHE: "in fondo anche il rapimento di Moro è coerente con la nostra strategia per certi aspetti. E' un'operazione intelligente dal punto di vista di chi la compie e di chi poi la dirige, un'operazione di rottura del compromesso storico" [ipotesi storiograficamente discutibile, ma 'politica].

Ecco la sintesi della prima parte:

Per noi Berlinguer era il capo dei venduti perché di fatto
era quello che cercava in qualche modo di portare il Partito
comunista all’interno di un progetto occidentale, non di
tipo rivoluzionario. Era venduto in questi termini: stava
svendendo un patrimonio storico non in nome di una
rivoluzione, ma di un riformismo più o meno profondo.
Era un nemico perch. lo consideravamo un riformista.
Io ricordo che secondo noi il punto di svolta fondamentale
all’epoca è stato il congresso di Bologna del 1969 in
cui per la prima volta il Partito comunista disse in maniera
chiara ed esplicita che la Costituzione italiana cos. com’era
era perfetta, cosa che prima non era mai stata detta, perché
c’era sempre stata l’ambiguità di una Costituzione nata
da un confronto tra due forze diverse che si combattevano
per arrivare a certi obiettivi. La nomina di Berlinguer
come vicepresidente, allora era presidente ancora Longo,
sanciva secondo noi proprio questo tipo di percorso che

avrebbe portato alla distruzione del Partito comunista.


Rapporti diretti con l’Est non ne avemmo mai. Anzi,
durante i primi quattro anni in cui io sono rimasto fuori,
li abbiamo sempre rifiutati nonostante Feltrinelli ce li
proponesse. Lui sosteneva che la rivoluzione in Europa
doveva trovarsi degli alleati, non poteva svolgersi in solitudine
o alla Che Guevara... Quindi quello che lui chiamava
il campo socialista, l’Unione Sovietica con i vari
satelliti, era di fatto oggettivamente l’alleato fondamentale
che bisognava perseguire. Noi non eravamo d’accordo e
definivamo l’Unione Sovietica come social-imperialismo,
prendendo la terminologia di Mao, cioè come una forma
di capitalismo che probabilmente è quello che adesso funziona

alla perfezione in Cina.

Nel volantino che gestiva il rapimento di Ettore Amerio
nel dicembre 1973, per la prima volta lanciammo la parola
d’ordine che poteva sembrare un’eresia, ma per noi era
fondamentale: secondo noi il movimento operaio doveva
rompersi. In genere a sinistra si è sempre detto che bisogna
unire, noi dicevamo che dovevamo dividere i comunisti,

i rivoluzionari dai berlingueriani.


Sul resto, meglio saltare d'un fiato, anche se leggendo (lo devo fare, pur non volendolo) si trova anche questo refuso, chissà perché non corretto da nessuno [Guido Rossa non fu rapito, ma in quanti lo ricordano?]:

Non abbiamo mai pensato di attaccare fisicamente Berlinguer.
E neanche un dirigente del Partito comunista.
Infatti il sequestro dell’operaio Guido Rossa a Genova nel
1979 è stato per me il trauma più grosso, ancora più del sequestro Moro. 

Infine, da rilevare una contraddizione forte tra i dubbi (chi ha rapito Moro non era in grado di dirigere quella situazione e infatti fece casino), e il giudizio sui brigatisti di allora, in particolare Moretti, (che Franceschini afferma di aver conosciuto bene e di non stimare perché leggeva poco. E dunque? Tutto torna, no?)




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