E' eurorivoluzione. EUROMAJDAN, lo slogan principale dei rivoluzionari ucraini, scesi in piazza mesi fa contro le decisioni del capo dello Stato, Yanukovich, di interrompere momentaneamente le consultazioni con l'Unione Europea, si sta realizzando in pratica. Nelle ultime ore la rivolta è diventata sollevazione generale in gran parte del paese. A Kiev gli scontri si sono estesi ad altre parti della città intorno a Majdan; la metropolitana è stata chiusa e le principali arterie stradali bloccate dai manifestanti. Impossibile uscire o entrare. Nelle altre città da ieri sera si spara. Bande di giovani, tra loro molti appartenenti a gruppi apertamente di destra, hanno assaltato i municipi nei principali centri del paese. La piazza è tornata in mano ai civili, mentre la Rada, il parlamento ucraino, è riunito nel tentativo di fermare la violenza facendo proprie le richieste dei manifestanti: dimissioni di Janukovich, nuova costituzione, nuove elezioni. La squadra olimpica ucraina intanto ha lasciato Sochi, dimostrando una volta di più - se ce ne fosse ancora necessità - che le Olimpiadi sono politica prima che sport. Il gesto potrebbe aiutare il tentativo della politica di riportarsi al centro della dialettica con la piazza, in questo a Kiev momento calma e ben protetta dai manifestanti. Ruslan Kusholinski, vice presidente del parlamento, dirige la seduta della Rada, alla quale sono presenti 227 deputati su circa 350. Stanno decidendo la nomina di un nuovo primo ministro e mutamenti costituzionali che vanno incontro alle richieste delle fazioni in lotta nelle strade. Le decisioni sono prese per alzata di mano. Dopo anni di tentativi di fare del paese la base avanzata delle pressioni occidentali su Mosca, nel modo peggiore, si è molto vicini all'obiettivo.
La testimonianza (raccolta da Davide Denti)
L’eurodeputata lettone Sandra Kalniete, e il parlamentare Ojārs Ēriks Kalniņš sono arrivati stamani a Kiev, per rendersi conto personalmente della situazione e cercare di verificare le possibilità di mediazione e di risoluzione della drammatica crisi in Ucraina, che anche oggi dopo la ripresa degli scontri ha fatto registrare molte vittime e feriti.
La Kiev che hanno trovato è immersa in una situazione tragica e nello stesso tempo surreale, secondo le prime informazioni che Sandra Kalniete ha dato ai media lettoni.
La situazione qui cambia di ora in ora, dopo la tregua di ieri notte, stamani sono ripresi gli scontri e i disordini. Le vie della città sono piuttosto vuote e la situazione è triste e carica di tensione. Anche noi siamo stati avvertiti di fare attenzione e non possiamo andare troppo in giro per la città, in particolare non possiamo avvicinarci troppo all’epicentro degli scontri in Piazza della Repubblica”.
L’ambasciata lettone a Kieve è situata a circa 1 km. di distanza da piazza della Repubblica dove sono in corso gli scontri, e già nei giorni scorsi e soprattutto nelle ultime ore diversi dimostranti sono arrivati in ambasciata per trovare riparo e anche cure.
L’ambasciata lettone ha infatti ricevuto istruzioni, come altre ambasciate, di aprire le porte alle persone che hanno bisogno di soccorso o di riparo. Dal ministero degli esteri lettone è appena giunto anche l’ordine di chiudere i servizi consolari e lasciare due numeri di telefono per le urgenze, ma per il momento non è stata sospesa l’attività dell’ambasciata né viene progammata una sua evacuazione.
“Qui le persone vogliono incontrarci – prosegue Kalniete – e sono molto grati quando rappresentanti di altri paesi giungono a Kiev. Fanno molto affidamento sulle ambasciate straniere”.
La Kalniete ritiene che l’ambasciata lettone dovrebbe essere tenuta aperta anche in questa situazione di massima crisi: “Siamo stati già coraggiosi in altre situazioni passate, non abbiamo chiuso l’ambasciata in Georgia durante la guerra recente, e neanche quella di Tokio dopo il terremoto, quando gran parte delle altre ambasciate avevano evacuato le loro sedi. Quel gesto fu molto apprezzato dai giapponesi.”
La Kalniete, che è stata anche ministro degli esteri lettone, ha spiegato ai media il motivo del suo arrivo a Kiev: “Vogliamo testimoniare la nostra solidarietà e il nostro sostegno. Queste non sono solo parole vuote, poiché io ricordo bene nel 1991 i politici stranieri che giunsero in Lettonia, a darci il segno che non eravamo soli. Noi vogliamo invitare le parti al dialogo politico, poiché la violenza in questa situazione può condurre solo ad un vicolo cieco”.
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