martedì 17 luglio 2012

CASO MORO. DOPO 35 ANNI ANCORA POLEMICHE

In questo articolo Sandro Padula cerca di fare ancora una volta chiarezza sulle dinamiche interne alle BR durante i giorni del rapimento di Aldo Moro. Non c'è possibilità di dialogo, però, con chi usa gli occhi per guardare da un'altra parte. Volontariamente, da troppo tempo.



Caso Moro: bastava un po’ di umanità per salvare la vita del presidente della Dc



di Sandro Padula



Sul settimanale Gli Altri che porta la data di venerdì 13 luglio 2012 c’è un interessante articolo di Lanfranco Caminiti dal titolo “Br e mafia, lo Stato deve saper mediare”.

La tesi di fondo, sintetizzata nel titolo stesso del pezzo, è condivisibile ma la sua argomentazione presenta alcuni errori rispetto alla verità storica.

Caminiti ritiene che nell’Italia dei governi Andreotti III, IV e V il “compromesso storico” auspicato dal Pci di Berlinguer fin dal settembre 1973 avrebbe costituito una vera e propria forma-Stato mentre allora quest’ultima, se vogliamo essere precisi, era solo ed esclusivamente la “solidarietà nazionale” avallata dal presidente Usa Jimmy Carter e di cui era egemone la Dc.

L’errore più grave è però un altro.

Caminiti ritiene che nella primavera del 1978 le Br non avrebbero perseguito “con determinazione” una trattativa per salvare la vita di Aldo Moro, il presidente della Dc da loro sequestrato.

Ciò è falso sul piano storico e politico.

Le Br sapevano fin dall’inizio che c’erano pochi spazi oggettivi per una soluzione politica del sequestro Moro ma, con determinazione, la cercarono fino all’ultimo.

Ciò è dimostrato dai contenuti dei comunicati delle Br, dalle lettere di Moro e dalla telefonata fatta il 30 aprile dal brigatista Mario Moretti ai familiari di Moro stesso.

Ci fu infatti un canale autorizzato dalle Br che operava in quella direzione. Era quello, attivato nella seconda metà di aprile e protrattosi fino al 7 maggio, fra i brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda e il loro amico Lanfranco Pace. Quest’ultimo allora si incontrava di nascosto con alcuni dirigenti del Psi nel tentativo di trovare una soluzione positiva al sequestro del presidente della Dc. In questo senso si può dire che ci fu un canale di comunicazione indiretto e mai diretto fra Br e Psi. A tale proposito è utile leggere la ricostruzione presente nel libro intitolato “Storia delle Br” dello storico Marco Clementi (Roma, 2007, casa editrice Odradek).

D’altra parte, in Italia non comandava il Psi ma la Dc e quindi era il principale partito italiano a dover dare delle risposte chiare e precise alle richieste delle Br e non qualcun altro.

Nella primavera del ’78 le Br avevano posto il problema della liberazione di un gruppo di prigionieri politici.

In quel contesto il Psi propose di compiere un gesto unilaterale e ipotizzò la liberazione dal carcere di un compagno, come l’ex militante dei Nap Alberto Buonoconto che nell’ottobre 1975 fu torturato dalla squadretta di poliziotti guidata dal “professor de tormentis”, o di una compagna come la brigatista Paola Besuschio, anche lei con pochi anni di detenzione da scontare e non buone condizioni di salute.

Nella Dc prevalse invece il “partito della fermezza”, sostenuto anche dal Pci di Berlinguer, e al dramma delle carceri speciali e della prigionia politica se ne aggiunse un altro favorito dall’incoscienza e dalla totale insensibilità della maggioranza delle forze politiche istituzionali, alcune delle quali erano le stesse che trattavano con la mafia e da cui successivamente furono partorite quelle disposte a trovare accordi diplomatici perfino con i talebani!

Nella primavera del 1978 il governo italiano dimostrò di non avere la forza per fare politica e negli anni successivi, soprattutto con la fine formale della Prima Repubblica, il sangue di Moro ricadde soprattutto su quei politici della Democrazia Cristiana che avevano definito inattendibili i testi scritti dal Presidente della Dc nella base brigatista di Roma sita in via Montalcini.

In realtà, per la liberazione di Moro bastavano delle parole della DC o del governo a proposito del riconoscimento ufficiale della necessità di risolvere il problema dei prigionieri politici.

Bastava un pizzico di umanità da parte della Dc e del governo per salvare la vita di Aldo Moro. Bastava qualcosa di simile al comportamento che nel dicembre 1980 fu adottato dal governo e portò alla chiusura del carcere speciale dell’Asinara!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Vaffanculo! Umanità? Lo uccidiamo se non date ascolto a quelllo che chiediamo? Siamo onesti, a voi non interessava l'umanità, ma uno scambio di prigionieri. Non vi hanno dato i vostri(che nessuno ha ucciso)? Avete ucciso Moro. Potevate rapire Andreotti o Cossiga, non fare a questi due criminali il favore di toglierli dalle palle Moro...