mercoledì 25 aprile 2012

PUSSY RIOT. UN GIUDICE

Prima di procedere con le notizie avute direttamente da un giudice russo, qualche aggiornamento sul caso "Pussy Riot". 
Il 20 aprile la polizia ha fermato nei pressi della Procura di Mosca un gruppo di manifestanti che chiedevano la liberazione delle tre donne accusate di essere le Pussy Riot. Tra loro, anche qualche sostenitore della loro persecuzione giudiziaria, appartenente all'ala più oltranzista dell'ortodossia russa. Proprio quel giorno la Procura ha deciso di prolungare lo stato di arresto di Ekaterina Samutsevich, Marija Alechina e Nadezhda Tolokonnikova fino al 24 giugno.
Oggi, 25 aprile, la speaker del Consiglio Federale, Valentina Matvienko, già sindaco di San Pietroburgo, pur condannando l'atto di protesta compiuto il 21 febbraio nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca da parte del gruppo punk, ha affermato che le tre donne dovrebbero essere rilasciate in attesa del processo. Si tratta di una presa di posizione importante, che però, credo, non avrà conseguenze pratiche nell'immediato. Amnesty International le indica come prigioniere di coscienza. Stessa cosa fa l'associazione Memorial, che ha diffuso una nota nella quale considera "inadeguate" le reazioni della Chiesa ortodossa e della Procura a quanto accaduto. La condanna della loro protesta come "immorale", a giudizio di Memorial, non ha nulla a che vedere con il codice penale. L'arresto di Ekaterina Samutsevich, Marija Alechina e Nadezhda Tolokonnikova violerebbe i principi espressi dalla Costituzione russa e dagli accordi internazionali sui diritti civili firmati da Mosca. Sempre a giudizio di Memorial, si potrebbe, al limite, agire contro le donne per via amministrativa, mentre mancherebbero le basi giuridiche per un'accusa penale. Ne chiede, quindi, l'immediato rilascio [la dichiarazione di Memorial in inglese in http://www.memo.ru/eng/news/index.htm]


Ho incontrato in proposito un giudice. Per ovvi motivi di sicurezza non posso rilevare né il suo nome, né la città in cui svolge la propria attività. Durante il nostro dialogo mi ha raccontate anche altre cose particolarmente interessanti ma poco edificanti, che potrei pubblicare sul blog, se trovo la forma adeguata.
Per quanto concerne il caso Pussy Riot, la prima cosa sulla quale ha voluto fare chiarezza è il capo di accusa: teppismo (in russo chuliganstvo), articolo 213 del codice penale della Federazione Russa. L'articolo uno della legge afferma che il teppismo può essere perseguito quando l'atto costituisce una minaccia concreta per la società o è accompagnato dall'uso della forza. In questo caso la pena prevista varia da 120 a ottanta ore di lavoro obbligatorio (si intende con ciò una multa corrispondente al salario minimo garantito), l'arresto da quattro a sei mesi o il carcere penale fino a due anni.
La pena di cui si è parlato molto su twitter e sui giornali, ossia una condanna a sette anni di carcere, è prevista solo nel caso in cui l'atto di teppismo, inquadrato dall'articolo 1, sia stato perpetrato con l'uso di armi. Non è il caso delle Pussy Riot e dunque tale condanna è da escludere a priori. L'articolo 2 comma A indica come aggravante il fatto che l'azione di teppismo sia stata attuata in concorso. In questo caso la pena prevista va dalle ore di lavoro obbligatorio fino a cinque anni di carcere. 
Per quanto riguarda il loro arresto e la detenzione, secondo il mio interlocutore la base giuridica è nella possibilità di fuga: nessuna delle tre donne è di Mosca. Il vero motivo, però, sempre a suo giudizio, sarebbe la loro incolumità. Infatti, hanno ricevuto e continuano a ricevere minacce da parte degli ortodossi oltranzisti e qualcuno potrebbe attentare alle loro vite. Conoscendo la mentalità e il funzionamento della macchina burocratica russa, quest'ultima spiegazione mi appare credibile.
Tornando al processo, verterà intorno agli articoli 1 e 2 comma A. Prima di tutto si dovrà dimostrare l'appartenenza delle donne al gruppo Pussy Riot e la loro diretta partecipazione all'azione di protesta nella Cattedrale. Se così sarà, le tre attiviste saranno sicuramente condannate, ma è probabile una pena mite. La quale dovrà tenere conto delle attese degli ortodossi di cui sopra. Escludendo il lavoro obbligatorio, si può pensare a una detenzione di qualche mese (che stanno già scontando) o fino a un anno con la condizionale. In ogni caso, dovrebbero essere rilasciate al più tardi dopo la conclusione del processo. 
Queste sono le previsioni. Come opinione pubblica internazionale, continuiamo a premere per un loro immediato rilascio e per la fine della persecuzione giudiziaria. 



































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