Gli Altri, 27 maggio 2012
Roberto Saviano ha querelato il Corriere del Mezzogiorno nella persona del suo direttore Marco De Marco chiedendo un risarcimento di quasi cinque milioni di euro. De Marco aveva contestato la veridicità di una tesi avanzata da Saviano, che l’aveva tratta da una citazione di Ugo Pirro, secondo cui Benedetto Croce aveva offerto centomila lire di risarcimento ai soccorritori del terremoto di Casamicciola nel 1883.
Roberto Saviano ha querelato il Corriere del Mezzogiorno nella persona del suo direttore Marco De Marco chiedendo un risarcimento di quasi cinque milioni di euro. De Marco aveva contestato la veridicità di una tesi avanzata da Saviano, che l’aveva tratta da una citazione di Ugo Pirro, secondo cui Benedetto Croce aveva offerto centomila lire di risarcimento ai soccorritori del terremoto di Casamicciola nel 1883.
Qualche settimana prima Corrado Formigli, per aver criticato in un servizio andato in onda su Annozero alcuni modelli Fiat, era stato citato e condannato al pagamento di una cifra superiore al milione di euro.
Il tribunale ha poi deciso di sospendere l’esecutività del pagamento di questa provvisionale. A fine gennaio è toccato a me essere condannato per aver criticato in un pezzo satirico il vignettista Vauro Senesi che aveva raffigurato la parlamentare del Pdl Fiamma Nirenstein con il naso adunco e con una croce di David cucita sul vestito assieme ad un fascio littorio.
Se la Corte d’appello confermerà l’esecutività della sentenza di primo grado dovrò pagare, assieme a Antonio Polito, venticinquemila euro al vignettista del manifesto. Tutto sommato mi è andata bene rispetto a Formigli e De Marco. Le tre citazioni in giudizio sono diverse sia per la natura del cosiddetto reato sia per la personalità degli offesi.
Una grande azienda, un guru dell’antimafia, un uomo di satira e di sberleffi. Ciò che rende simili le tre vicende è il dato di fondo. In tutti e tre i casi siamo di fronte alla sanzione dell’esercizio della libertà di critica. Formigli ha criticato una merce, De Marco una tesi storica che molti, compresa la nipote di Croce ritengono infondata, io per aver reagito a una raffigurazione di Fiamma secondo schemi tratti dalla classica iconografia ostile agli ebrei che ha scandalizzato le comunità ebraiche di tutto il mondo fino a spingere quelle italiane a raccogliere la somma per il pagamento della provvisionale comminata dal giudice.
La domanda a questo punto è questa: è possibile criticare una azienda leader, ancorché in declino, un famoso scrittore, un vignettista che usa la penna pesante contro le sue vittime? Ovvero l’azienda, lo scrittore, il vignettista hanno diritto di fare e dire mentre i loro critici devono essere zittiti? In un paese normale la questione aprirebbe una grande discussione sul tema dell’informazione e della libertà di critica. Se vi sono soggetti che vanno tenuti al riparo da una contestazione, blanda, satirica o severa, è del tutto evidente che il paese è meno libero secondo i dettami che le organizzazione dei giornalisti hanno sempre, ma in questi casi o in alcuni di questi casi, sostenuto.
L’altro problema che appare davanti a noi riguarda le citazioni che riguardano De Marco e il sottoscritto. Lascio da parte la questione personale e mi dedico a quella di De Marco. Saviano si è sentito offeso dalle critiche del Corriere del Mezzogiorno. Saviano è un personaggio e un autore che io, a differenza di altri, stimo e la cui attività, letteraria e no, considero assai positiva. Ha a disposizione molti mezzi per rispondere a critiche che non gradisce. La partita fra lui e i suoi critici si può svolgere da pari a pari. Perché chiamare in campo lo Stato?
Ormai là querela sta diventando non lo strumento di difesa della parte debole contro l’invadenza della parte forte e aggressiva ma il gesto intimidatorio per frenare le critiche. Non c’è dubbio che questa pratica indebolisce il diritto di critica del più forte là dove il più forte non è solo il potente di turno, politico o ras dell’economia, ma anche il guru dell’informazione o il vignettista di moda. Vien fuori un’idea di insindacabilità che fa tremare le coscienze e soprattutto trasforma il dibattito pubblico, che deve essere anche urticante, in una eterna querelle giudiziaria. Lasciatemelo dire poi in fondo: non c’è niente di più penoso di un giornalista che querela giornalisti.
Affrontiamoci armi alla pari e l’opinione pubblica decida. Anche perché visibilmente Saviano è più forte del Corriere del Mezzogiorno in quanto ha più lettori e più telespettatori, così come Vauro è più forte del sottoscritto perché le sue comparsate da Santoro hanno più spettatori dei lettori del vecchio Riformista. Hanno viceversa scelto di rivalersi per ottenere il silenzio. Cioè quell’atteggiamento che considerano negativo nella vita civile.
Il tribunale ha poi deciso di sospendere l’esecutività del pagamento di questa provvisionale. A fine gennaio è toccato a me essere condannato per aver criticato in un pezzo satirico il vignettista Vauro Senesi che aveva raffigurato la parlamentare del Pdl Fiamma Nirenstein con il naso adunco e con una croce di David cucita sul vestito assieme ad un fascio littorio.
Se la Corte d’appello confermerà l’esecutività della sentenza di primo grado dovrò pagare, assieme a Antonio Polito, venticinquemila euro al vignettista del manifesto. Tutto sommato mi è andata bene rispetto a Formigli e De Marco. Le tre citazioni in giudizio sono diverse sia per la natura del cosiddetto reato sia per la personalità degli offesi.
Una grande azienda, un guru dell’antimafia, un uomo di satira e di sberleffi. Ciò che rende simili le tre vicende è il dato di fondo. In tutti e tre i casi siamo di fronte alla sanzione dell’esercizio della libertà di critica. Formigli ha criticato una merce, De Marco una tesi storica che molti, compresa la nipote di Croce ritengono infondata, io per aver reagito a una raffigurazione di Fiamma secondo schemi tratti dalla classica iconografia ostile agli ebrei che ha scandalizzato le comunità ebraiche di tutto il mondo fino a spingere quelle italiane a raccogliere la somma per il pagamento della provvisionale comminata dal giudice.
La domanda a questo punto è questa: è possibile criticare una azienda leader, ancorché in declino, un famoso scrittore, un vignettista che usa la penna pesante contro le sue vittime? Ovvero l’azienda, lo scrittore, il vignettista hanno diritto di fare e dire mentre i loro critici devono essere zittiti? In un paese normale la questione aprirebbe una grande discussione sul tema dell’informazione e della libertà di critica. Se vi sono soggetti che vanno tenuti al riparo da una contestazione, blanda, satirica o severa, è del tutto evidente che il paese è meno libero secondo i dettami che le organizzazione dei giornalisti hanno sempre, ma in questi casi o in alcuni di questi casi, sostenuto.
L’altro problema che appare davanti a noi riguarda le citazioni che riguardano De Marco e il sottoscritto. Lascio da parte la questione personale e mi dedico a quella di De Marco. Saviano si è sentito offeso dalle critiche del Corriere del Mezzogiorno. Saviano è un personaggio e un autore che io, a differenza di altri, stimo e la cui attività, letteraria e no, considero assai positiva. Ha a disposizione molti mezzi per rispondere a critiche che non gradisce. La partita fra lui e i suoi critici si può svolgere da pari a pari. Perché chiamare in campo lo Stato?
Ormai là querela sta diventando non lo strumento di difesa della parte debole contro l’invadenza della parte forte e aggressiva ma il gesto intimidatorio per frenare le critiche. Non c’è dubbio che questa pratica indebolisce il diritto di critica del più forte là dove il più forte non è solo il potente di turno, politico o ras dell’economia, ma anche il guru dell’informazione o il vignettista di moda. Vien fuori un’idea di insindacabilità che fa tremare le coscienze e soprattutto trasforma il dibattito pubblico, che deve essere anche urticante, in una eterna querelle giudiziaria. Lasciatemelo dire poi in fondo: non c’è niente di più penoso di un giornalista che querela giornalisti.
Affrontiamoci armi alla pari e l’opinione pubblica decida. Anche perché visibilmente Saviano è più forte del Corriere del Mezzogiorno in quanto ha più lettori e più telespettatori, così come Vauro è più forte del sottoscritto perché le sue comparsate da Santoro hanno più spettatori dei lettori del vecchio Riformista. Hanno viceversa scelto di rivalersi per ottenere il silenzio. Cioè quell’atteggiamento che considerano negativo nella vita civile.
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