sabato 2 marzo 2013

GRILLINI



L'amico Franco Grillini.
Chi se lo sarebbe mai creduto, caro Franco, che il tuo cognome sarebbe stato usato da questa genia.


E DATO CHE CI SIAMO

Anche supercafone non è male


DEDICATO A BERSANI


QUALCHE RIFLESSO SULLE ELEZIONI VICINE

A qualche giorno dalle elezioni riesco a chiudere qualche ragionamento che abbia un senso. Partiamo dai numeri: Il 25% circa del 75% degli aventi diritto ha votato per il MoVimento 5S. Dunque, il 18% del corpo elettorale. Non mi pare una grande maggioranza. Si tratta, però, di un risultato clamoroso, almeno quanto quello di Berlusconi nel 1994.

Il bipolarismo, che non si è mai imposto in modo definitivo nel nostro paese, è per ora finito, nonostante una legge elettorale che lo sostenga.

Il PD ha fatto una figuraccia. L'apparato, quello vecchio, in sella dagli anni Ottanta, ha chiuso definitivamente. Lo capiranno o no nelle alte sfere, è un problema loro.

Il PDL ha tenuto e deve ringraziare l'incapacità di Bersani e la bravura di Berlusconi in campagna elettorale. Come lui non ce ne sono, neanche Grillo.

La sinistra è finita.

Certamente Grillo parla una lingua nuova. Già il simbolo è una sintesi del Web: le cinque stelle e la V sono prese da qui. Ma tutto il movimento usa un linguaggio politico diverso, al punto da far sembrare dinosauri tutti gli altri. Sono aggressivi, stanno con i giovani, risultano essenziali (twitter) e descrittivi (fb). E non si interessano delle repliche. Hanno una strada segnata e vanno per quella. Se ne avete letto il programma, vi sarete accorti che non si tratta di un movimento di governo ma di lotta. Non c'è un progetto di Stato o di politica generale (esteri o cosa fare per rilanciare l'economia, per esempio, neanche presenti). Ci sono dei punti, tra cui il più forte è quello energetico. Alcuni condivisibili da qualunque persona di buon senso, altri discutibili (abolizione del valore legale del titolo di studio), altri ancora da stato etico (incandidabilità delle persone con una condanna o un carico pendente, indipendentemente dalla sua natura, due legislature).

I deputati grillini - grande innovazione - provengono veramente dalla società civile. E' un bene e non mi preoccupa che non sappiano come funziona un parlamento: impareranno presto. Allo stesso tempo i loro veri capi non si sono candidati (Grillo in forza dello statuto, avendo una condanna penale definitiva). Non daranno la fiducia a nessuno. Costringeranno il paese a un governo di minoranza e voteranno provvedimento per provvedimento (ma dovranno lavorare sodo nelle commissioni). Il parlamento in questo modo tornerà centrale, e neanche questo è un male.

I partiti tradizionali dovranno mutare pelle: aprirsi ai giovani, rinnovarsi, copiare qualcosa dal grillismo, insomma, saltare trent'anni più in qua e atterrare nel presente. Un paio di anni e si andrà al voto. Grillo perderà un po', il nostro paese forse, imparata la lezione, sarà più maturo.


ps

Il capo della SPD tedesca ha detto una cosa che pensa mezza Europa: Grillo e Berlusconi sono due pagliacci. E mezza Europa si stupisce di come sia possibile che milioni di italiani li abbiano votati. Napolitano, come al solito, ha sbagliato. Ne avesse preso atto, sarebbe stato coraggioso.

intanto in Grecia, accade questo: bambini con Alba Dorata:



































venerdì 1 marzo 2013

GIORGIO FRAU

Morto un ex Br, dell'UCC per essere precisi.
Si chiamava Giorgio Frau. Era stato un militante giovanissimo dell'ultima parte di storia dell'organizzazione, o di ciò che ne restava.
E' morto stamane a Roma durante un tentativo di rapina, in pieno centro. Le guardie portavalori hanno reagito. Non è la prima volta che un compagno cade durante una rapina. La prima regola che dovrebbe seguire un uomo di scorta è di non reagire se hai un fucile puntato. Perché rischi la tua di vita, e quella dei passanti. E invece questi sono diventati tutti dei pistoleri. Che se la faranno sotto, come deve essere normale quando ti spari con qualcuno, ma reagiscono.
Anni, decenni fa, durante una rapina riuscita della colonna genovese, un Br e un poliziotto si scaricarono le pistole a pochi metri di distanza. Neanche un graffio, nessuno dei due.
Oggi spari in pieno centro, potresti uccidere chiunque, e prendi in pieno uno dei rapinatori. Forse perché se ti rapinano perdi il lavoro? O vai sotto inchiesta? O, più semplicemente, sei stato "addestrato" così. Ti hanno cambiato la testa: alla rapina si reagisce.

Ciao Giorgio. Non valeva la pena morire così.


Marconista.

giovedì 28 febbraio 2013

GUERRA ALL'ISLAM. CECENIA-SIRIA




























La Società operaia di Istanbul




La Società operaia di Istanbul 

Giuseppe Mancini, 22 febbraio 2013

“Chi ama la patria la onori con le opere”. È il motto della Società operaia di mutuo soccorso di Istanbul, fondata il 17 maggio 1863 da 41 operai, con Garibaldi primo presidente effettivo e Mazzini presidente onorario, presto aperta alla partecipazione della comunità italo-levantina nella sua prospera totalità, ancora oggi attiva con circa 40 membri e in attesa di festeggiare il 150° anniversario. Un anniversario speciale. Speciale perché la sede, dopo decenni di abbandono, sta finalmente vivendo una fase di restauro e di rinascita. Me ne ha parlato Sedat Bornovalı, lo storico dell’arte – ex studente del liceo italiano e membro della Società operaia – che coordina il progetto. Si trova proprio nel cuore di Istanbul, in un vicoletto sull’Istiklal Caddesi, già Grande rue de Péra: fuori sventola il tricolore, al piano terra fino all’anno scorso c'era il ristorante Garibaldi. L'edificio, di circa 200 metri quadrati su quattro piani, è stato costruito attorno al 1880 e ha subito un intervento architettonico correttivo già negli anni 1908-1910 per migliorarne la stabilità; il suo teatro ha ospitato per molto tempo spettacoli e balli dell'alta società, e fino al 2011 proiezioni di documentari.
All’interno busti risorgimentali e reali, lapidi che segnano le tappe decisive nella storia della Società e quella che identificava l'abitazione di Garibaldi (a Istanbul tra il 1828 e il 1831), una piccola biblioteca e un archivio che custodisce le minute delle assemblee e i registri dei soci, ampi saloni. Grazie a un mecenate, il presidente dell'Associazione delle agenzie di viaggi turche (Türsab) Başaran Ulusoy, verranno realizzati in tempi brevi degli indispensabili interventi di consolidamento statico e di recupero delle decorazioni dal costo complessivo superiore a mezzo milione di euro. Ma i restauri sono solo la parte preliminare di un più vasto progetto: trasformare la sede della Società operaia di mutuo soccorso in un centro culturale italo-turco. Verrà creato un piccolo museo di documenti e cimeli, uno spazio espositivo verrà aperto ad artisti italiani e turchi, il teatro verrà attrezzato anche per ospitare conferenze. Un teatro realizzato durante l'intervento del 1908-1910 (l'edificio originario è invece opera del celebre architetto levantino Alessandro Vallauri/Alexandre Vallaury), su progetto di Enrico De Nari, a cui l'Istituto di ricerche di Istanbul – a pochi passi dalla sede della Società operaia di muto soccorso – proprio in queste settimane dedica una preziosa mostra.
Una mostra colta e raffinatissima, in programma fino al 20 aprile 2013: la terza della serie sugli architetti e urbanisti che hanno vissuto nella Istanbul cosmopolita a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dopo quelle dedicate a Raimondo D’Aronco ed Henri Prost. In effetti, Edoardo De Nari non era ufficialmente né un architetto né un ingegnere e non frequentò mai scuole o apprendistati, pur esercitando apertamente entrambe le professioni ai massimi livelli di visibilità. Era invece un disegnatore e pittore, un tecnico di sala motori nella marina italiana; e non si chiamava neanche De Nari, ma Denari (di origini liguri, trapiantato a Venezia). Arrivò a Istanbul nel 1895, a 21 anni, da imbarcato; aveva un gran talento per la pittura, trovò l’amore – Cristel Mordtmann, figlia di ricco padre tedesco (medico e orientalista) e di madre italiana – e il lavoro, guadagnando poi fama e autorevolezza. Morì nel 1954, nella sua residenza estiva sull’isola di Büyükada, e venne presto dimenticato.
Fino alla casuale scoperta dell’architetto Büke Uras risalente paio di anni fa e avvenuta presso un rigattiere nel quartiere di Çukurcuma (a cui ha dato fama mondiale il Museo dell’innocenza di Pamuk): due bauli con buona parte dei suoi archivi personali, disegni, lettere, il suo diario. Documenti che hanno dato vita alla mostra e che hanno permesso di attribuire proprio a De Nari – cominciò a farsi chiamare così dopo il suo fidanzamento aristocratico – alcuni edifici prima senza autore.
La mostra ripercorre – grazie ai materiali d’archivio e a didascalie molto esaustive, in turco e in inglese – la carriera professionale e politica di De Nari. Si occupò, quasi sempre in équipe, di edifici pubblici e di chiese (anche di quella di Sant’Antonio su Istiklal Caddesi), ma anche di ville private. Nel corso del tempo spaziò tra i vari stili architettonici di volta in volta di moda, mostrando regolarmente uno spiccato interesse per i dettagli e per le soluzioni funzionali e ardite negli interni. Seppe conquistarsi anche un ruolo di grande influenza politica: come leader e rappresentante della comunità italiana, come mediatore tra le autorità ottomane e poi repubblicane e quelle italiane, nelle fasi belliche e poi in materia commerciale. Era apprezzato da tutti, anche da Atatürk, che fu ospite nella residenza privata dell’architetto-non architetto, villa Lydia – dal nome di sua figlia – a Bebek, sul Bosforo.
Chissà quanti altri archivi privati aspettano di essere riscoperti, o sono andati dispersi e distrutti. Proprio per questo motivo, la Società operaia di muto soccorso di Istanbul ha in animo anche di raccogliere e preservare la memoria documentale della comunità italo-levantina, oggi priva di punti di riferimento; così da evitare che il ricordo di una comunità fiorente nella Costantinopoli cosmopolita svanisca del tutto.
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