martedì 22 ottobre 2013

L'ODISSEA DEL PENTCHO



Il 23 ottobre 1940 (cinque giorni prima dell'aggressione italiana alla Grecia), la nave militare italiana "Camogli" partiva al comando del capitano Orlando da Rodi, all'epoca sotto il governatorato del quadrumviro De Vecchi, e si dirigeva verso l'isolotto disabitato chiamato Kamilonisi, a circa 50 miglia da Rodi.
Alcuni giorni prima era naufragato un battello fluviale, il "Pentcho", che trasportava 514 ebrei cechi, slovacchi, polacchi e tedeschi, diretti in Palestina. Dopo un avventuroso viaggio lungo il Danubio, nel Mar Nero e nell'Egeo, l'esplosione di una caldaia aveva spento le speranze dei fuggitivi, già di per sé molto basse a causa del blocco navale inglese. Londra, infatti, mandataria dal 1921 sulla Palestina, dal 1939 aveva posto un argine all'ingresso degli ebrei nella regione nonostante le evidenti persecuzioni che stavano allora subendo in tutta Europa e la legislazione antiebraica assunta da diversi paesi, tra cui l'Italia. Rodi allora faceva parte con tutto il Dodecaneso proprio dell'Italia, ma appariva come un'isola felice rispetto al resto dell'Europa fascista. I naufraghi furono infatti accolti in una tendopoli e poi in una caserma, dove rimasero per più di un anno. Nel febbraio e marzo del 1942 vennero inviati in Italia, nel campo di Ferramonti, in provincia di Cosenza. Da qui furono liberati dagli americani dopo l'8 settembre 1943. Di loro, moltissimi raggiunsero la Palestina a guerra finita. Il Pentcho è una delle tante navi partite in quel periodo dalle coste europee. Quello che vedete sopra è il monumento al battello che si trova in Israele nella città di Netanya. Le altre foto si riferiscono al viaggio dell'imbarcazione.  

















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