lunedì 26 dicembre 2011

La svolta di Salerno secondo Silvio Pons, direttore del Gramsci

Silvio Pons al microfono
Non dirò quasi nulla di mio in questo post. Lascerò che parli Silvio Pons, il direttore del Gramsci, che su uno dei nodi della vita politica italiana della seconda guerra mondiale, la svolta di Salerno, ha scritto:

"La politica sovietica presentò infatti sin dalla Conferenza di Mosca dell'ottobre 1943 due diverse opzioni circa l'atteggiamento da tenere verso il governo Badoglio, l'una intransigente che prevedeva la richiesta di una sua liquidazione, sostenuta da Molotov alla vigilia dei lavori, l'altra conciliante che suggeriva una "riorganizzazione" del governo e che si affermò nel corso della conferenza come formula di compromesso con le posizione sostenute dagli occidentali. Quest'ultima posizione si integrava di fatto con le istanze di moderazione nel frattempo avanzate da Togliatti nella sua corrispondenza con Dimitrov. La missione di Vyshnskij in Italia del gennaio 1944, tuttavia, spostò l'ago della bilancia verso l'opzione intransigente: presumibilmente, ciò fu la conseguenza sia della constatazione dell'ormai consumata emarginazione sovietica dal regime di occupazione, sia dell'influenza esercitata dalle posizioni antimonarchiche dei comunisti italiani e della maggioranza delle altre forze antifasciste. E' in questa luce che diviene comprensibile la conversione di Dimitrov e di Togliati all'opzione intransigente nel gennaio-febbraio 1944, che venne realizzata sulla scorta dei rapporti compiuti da Vyshinskij. Ma l'opzione conciliante non venne davvero abbandonata a Mosca. Assai probabilmente, questa fu una conseguenza delle aperture compiute dallo stesso governo Badoglio all'indirizzo dei sovietici. Quando Stalin decise la mossa del riconoscimento unilaterale, il logico corollario fu il recupero dell'opzione moderata per i comunisti italiani. In altre parole, la svolta di Salerno venne originata a Mosca da un difficile processo decisionale, nel quale si manifestò un'evidente interdipendenza tra la politica estera sovietica e la formulazione della politica comunista. Stalin scelse alla fine tra opzioni contrastanti che furono avanzate, in momenti diversi e secondo priorità diverse, dai suoi diplomatici e da Togliatti. Queste opzioni non vennero però chiaramente presentate come alternative politiche e l'intero processo decisionale rilevò un elevato grado di incertezza e improvvisazione."

Così come l'analisi, mi viene da commentare, a meno che non si creda all'azione dello spirito santo.

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