lunedì 2 giugno 2014

CHE IL MEDITERRANEO SIA

A volte trovo molto più utili le canzoni che le parole di studiosi. Parole che purtroppo capisco anche senza provenire da quegli studi dove si usa un lessico vecchio di almeno un ventennio, mediamente incomprensibile, surrogato del pensiero postmoderno alto, dove frasi del genere non si incontrano mai. Si dovrebbero preoccupare.





Dall’editoriale "Rovesciare la carta. Giochi di scale", "Zapruder", rivista di Storia:



In un libro recente sul Mediterraneo, David Abulafia ha decentrato lo sguardo dalla prospettiva braudeliana disegnando una diversa antropologia che si focalizza sui soggetti che hanno abitato e percorso il mare, spinti dal desiderio di conoscere, commerciare, razziare, conquistare e sottomettere, ma anche far circolare idee, saperi, religioni.

In questo numero di «Zapruder» abbiamo provato a spingere più avanti questa prospettiva individuando nei movimenti che attraversano il Mediterraneo delle linee di frattura che spingono a scomporre le lenti interpretative, restringendo lo sguardo su specifiche città, reti locali, biografie e allo stesso tempo allargandolo ad una dimensione globale (Africa Subsahariana, ma anche Nord Europa). 

[Il titolo] "Movimenti nel Mediterraneo" non gioca solo con la duplice assonanza tra i movimenti politici e sociali e la mobilità di persone, pratiche e idee, ma mira anche a tematizzare i movimenti di focale, i diversi giochi di scale tra micro e macro. A fronte dell’immagine aconflittuale del Mediterraneo come sinfonia “musicale”, terzo spazio dell’ibridazione delle culture, o irenico topos letterario, si delinea così una genealogia dei conflitti e delle loro connessioni. Non solo sul fronte delle lotte, ma anche delle pratiche di repressione e di dominio.

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