lunedì 13 gennaio 2014

QUEL GIORNO

Quel giorno di un anno fa, il 14 gennaio, la morte di Prospero Gallinari ha avuto una forza dirompente. Una forza rara in grado di cambiare prospettiva e senso di sé, capace di travolgere  e stravolgere progressivamente, accumulando giorno dopo giorno, sopra il ricordo, la consapevolezza di quanta storia sia passata per Coviolo durante i funerali. Storia passata per rimanere. Storia di questo paese,. Che sia accettata o meno da chi lo dirige, da chi prenota le fiction surreali che, al contrario, tramonteranno prestissimo in un oblio neanche stentato. 
Ci siamo mischiati, quel giorno a Coviolo,  ognuno per come poteva e per chi poteva. Quel giorno abbiamo testimoniato che il terrorismo è una invenzione. Eravamo lì con nome e cognome, il volto scoperto, i figli accanto, la Digos all'ingresso. I nostalgici? I nostalgici. I reduci di una guerra persa? Forse. Ma quanto carcere c'era, quel giorno a Coviolo. E quanto carcere è rimasto a casa, quel giorno. Perché per questo Stato quella guerra, dopo 35 anni, non è ancora finita. Non voglio parlare, oggi, di libri e dietrologie. Durante l'ultimo anno (e non solo) gli abbiamo dato ripetuti colpi. 
Voglio ricordare una stretta di mano, tra un settantenne e una non ancora diciassettenne. Sotto i miei occhi. E di un regista che ci ha ripreso tutti e tutte, e messo in un film.     






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