martedì 29 gennaio 2013

LA CONFESSIONE DI MONTI



E' ora di ricordare un posto gia' presente in questo blog e in particolare quanto detto da Monti nel corso di un'intervista a Sette, del Corriere della Sera, in luglio

La domanda era:

E qual è il suo maggiore rimpianto? 

La risposta: 

«Uno lo ho ben presente: dopo la laurea sono stato un anno all’università di Yale, per studi di perfezionamento. Il professore che mi guidava nella vita accademica alla Bocconi, Innocenzo Gasparini, al quale devo il caldo suggerimento di andare negli Stati Uniti, altrettanto caldamente mi suggerì di tornare dopo un anno, perché aveva bisogno di un assistente. Essere stato solo un anno a Yale, e non parecchio più a lungo, è stata una cosa che probabilmente mi ha danneggiato dal punto di vista intellettuale e professionale, anche se ha accelerato la mia carriera universitaria, ma resta il rimpianto di non essere andato parecchio più avanti nella preparazione scientifica, da economista. Io ho vissuto a Yale nel ’67-68, con mia moglie Elsa (ci eravamo appena sposati). Erano anni vivacissimi negli Stati Uniti, anche drammatici: nella primavera del 1968, a distanza di due mesi, ci furono gli assassini di Martin Luther King e di Robert Kennedy. Era un Paese che si trasformava, che soffriva i traumi della guerra del Vietnam. Il mio rimpianto è quello di non essere stato più a lungo in quell’ambiente culturale e scientifico; e di non aver intrapreso là una carriera accademica»

Quando lessi la riposta non volevo crederci. In sostanza, Monti affermava che per una carriera universitaria non era importante lo studio all'estero, in una universita' prestigiosa come quella di Yale, ma tornare in fretta nel paese per rispondere alle esisgenze del barone di turno. "Mi ha danneggiato dal punto di vista intellettuale e professionale" l'essere ritornato, ma "ha accellerato la mia carriera universitaria"!

UN OSSIMORO CONCETTUALE! Tradotto: non ho potuto continuare la mia formazione, come sarebbe stato adeguato per chi volesse intraprendere la carriera che poi lo avrebbe portato in cattedra, ma ho tagliato i ponti rientrando in Italia e mettendomi sotto l'ala protettrice di un barone.

Quanti Monti insegnano oggi nelle nostre univerista' e' difficile da dire. Molti, per certo, ne conosco.
Perche' l'intervistatore non ha avuto nulla da aggiungere a questa confessione? E perche' nessun altro giornalista o commentatore o collega si e' risentito della spiegazione?


In un paese normale, il professore Monti sarebbe stato rispedito a studiare a Yale, almeno un altro paio di anni, con il posto ovviamente conservato (vincitore di concorso).

Da noi, tutto bene. Puo', pero', un tale elemento, parlare di scuola, di universita' e di regole, e afferamre che serve solo un mese di vacanza per gli studenti? Quale pelo sullo stomaco deve avere e che ignavia regna in Italia per accettare una simile conffessione?













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